Della campagna “Anch’io ho bruciato un posto di polizia” si è parlato durante l’intensa e ricco l’atelier che ha visto protagonisti i “Centre Mediatique Comunitaire” – CMC del sud della Tunisia alla Conferenza Freedom Of Expression a Tunisi.
“Un sogno che si è fatto realtà”, ha affermato Khaled Amani di Accun raccontando l’inizio della storia: le prime carovane di Ya Basta in Tunisia e l’idea di dar vita ad esperienze concrete di informazione libera.
Da allora in due anni grazie ai progetti Periferie Attive del GVC e Shaping The Mena Coalition of freedom of espression di Un Ponte per … e la partnership in ambedue dell’Associazione Ya Basta, materialmente i tre centri a Sidi Bouzid, Mentzel Bouzaienne e Regueb oggi sono una realtà.
Come hanno spiegato gli attivisti delle associazioni che li gestiscono ogni CMC ha la sua specificità ma ognuno concretizzato non solo l’accesso alla rete in maniera aperta e partecipata ma soprattutto sta rappresentando una esperienza di produzione di comunicazione, di comunità e di condivisione sociale.
All’atelier hanno partecipato anche Aziz Amami, il blogger da poco rilasciato grazie ad una ampia mobilitazione dopo essere stato arrestato provocatoriamente con l’accusa di consumo di droga e Lina Ben Mhenni.
Ambedue impegnati nella campagna “Anch’io ho bruciato un posto di polizia” per denunciare come i giovani e non solo che hanno dato vita alla rivoluzione oggi siano processati con l’accusa provocatorie volte a criminalizzare l’opposizione (sono già più di 130 i processi in corso) e di contro le morti e dei violenze fatte dalla polizia restino impunite.
Aziz ha ringraziato tutti quelli che si sono mobilitati per la sua libertà ed ha aperto l’intervento dicendo che i protagonisti di questa prima vittoria sono stati i media alternativi. “Internet è un campo di battaglia come la realtà, in cui si tratta di combattere per la libertà di ognuno” ha affermato. “Rivendicare diritti fondamentali, la dignità contro chi vorrebbe mettere a tacere chi si oppone. Ci sono delle linee rosse da costruire con forza per dire che non si può torturare, non si può arrestare arbitrariamente, arrivare a privare addirittura i fermati dell’avvocato. Noi abbiamo dei diritti e non possiamo farceli togliere. C’è chi ha ucciso e oggi è impunito questo è inaccettabile. Dobbiamo continuare la nostra battaglia” ha concluso il giovane blogger.
INTERVISTA CON LINA BEN MHENNI
“Oggi che abbiamo un nuovo governo detto “di tecnocrati”, che si suppone dovrebbero preparare le elezioni, la situazione in Tunisia non è così buona come cercano di far credere ai tunisini e al mondo intero. La situazione è in regressione a tutti i livelli. Per me la cosa più importante per passare alla costruzione di un nuovo paese è la giustizia transizionale.
Quando uno osserva la situazione attuale vede che i criminali che hanno ucciso i nostri martiri, colpito i nostri feriti vengono liberati e non hanno avuto pene equivalenti ai crimini che hanno commesso. Dall’altra parte ci sono i giovani della rivoluzione che sono arrestati e giudicati per crimini che non esistono nemmeno, come il possesso di alcool o il consumo di droga, o comunque con pretesti che direi assolutamente deboli. Bisogna sottolineare che in questo periodo ogni giorno assistiamo a processi contro giovani, e meno giovani, tunisini: l’altro ieri c’è stato il processo contro cinquanta persone, tra cui una donna di settant’anni accusata di aver incendiato un posto di polizia.
La maggioranza delle persone che sono arrestate oggi lo sono per aver incendiato un posto di polizia.
La mia domanda è: come si poteva fare una rivoluzione senza resistere alle forze di sicurezza, alle forze dell’ordine che ci stavano attaccando?
Se questi giovani e queste persone non fossero scese in strada, se non avessero manifestato, non ci sarebbe stata nessuna rivoluzione. Dunque non ci sarebbero queste persone che oggi sono al potere e che ci stanno opprimendo di nuovo.
Ed ecco che arriviamo alla campagna “Anch’io ho incendiato un posto di polizia”, in seguito alla quale Aziz Amani è stato arrestato.
Aziz infatti non è stato arrestato per il consumo di droghe, come vorrebbero far credere alla gente, ma perché ha parlato della situazione in Tunisia. Ha parlato di tutti i problemi connessi alla questione dei martiri e dei feriti dalle forze dell’ordine durante la rivoluzione, e anche di altre questioni, come i problemi economici o il debito. Non vogliono risolvere questi problemi ma vogliono vendere il paese. Questa per noi non è la soluzione.
Le stesse politiche utilizzate da Ben Ali sono oggi utilizzate dal Governo dei tecnocrati e sono state utilizzate dai governi appoggiati dalla Troika e ancor prima da Ben Ali.
La situazione è ancora più orribile, come ho spiegato nel mio intervento alla Conferenza.
All’inizio si è pensato che la libertà di espressione e della stampa fossero le conquiste della rivoluzione, visto che siamo tutti d’accordo che non ci sono stati altri cambiamenti a parte questo. Ma queste libertà vengono calpestate giorno dopo giorno. Certo, oggi puoi dire tutto quello che vuoi ma rischi di essere arrestato, messo in prigione, torturato e addirittura ucciso.
Oggi non ci sono strumenti di informazione pubblici che danno voce ai problemi dei cittadini tunisini. Ho l’impressione che i tutti i media siano manipolati e controllati sia dagli uomini d’affari che dai politici e dalla Polizia e dal Ministero dell’Interno, che manipola l’informazione con il sindacato di polizia che riesce a convincere giornalisti, avvocati e cittadini che stanno facendo le cose giuste e che hanno ragione, che sono delle brave persone che stanno cercando di ricostruire questo paese.
E anche quando parliamo di media gestiti da cittadini bisogna dire che c’è un grande problema: ho spiegato nel mio intervento che ci sono quelli che hanno già lavorato sotto il regime di Ben Ali e vogliono un vero cambiamento e che sono stati raggiunti da dei giovani convinti di questa idea e poi c’è una seconda parte che è invece strumentalizzata, con operatori dell’informazione assunti da partiti politici o dal governo o da uomini d’affari per diffondere campagne di denigrazione contro chi si oppone, contro i dissidenti e contro le voci oneste che cercano di cambiare veramente la situazione.