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Tunisia: l’emblematica vicenda dei rifugiati di Chou­cha deportati al confine algerino

Approfondimenti di Martina Tazzioli ne Il Manifesto e di Sana Sbouai, pubblicato in Inkyfada e tradotto in Tunisiainred

Associazione Ya Basta Padova

In questo articolo si parla di:

  • 195/700 Diritti umani
  • 40/700 Euromediterraneo
  • 17/700 Migrazioni
  • 109/700 Tunisia

Per raccontare la Tunisia di oggi, stretta tra autoritarismo ed integralismi, non si può far a meno di inserire un altro pezzo nel puzzle. La Tunisia è terra di emigrazione ma oggi è anche luogo in cui arrivano, sospinti da conflitti, diseguaglianze economiche e devastazioni ambientali, migliaia di uomini e donne.
La vicenda che ci narrano gli articoli di Martina Tazzioli e Sana Sbouai ci fanno capire quel che succede nel Paese dei gelsomini e ci portano ad ampliare lo sguardo per comprendere i drammi e le ipocrisie ufficiali che stritolano le vite di migliaia di uomini e donne.

In Tunisia rifugiati tra carcere e deportazione
di Martina Tazzioli

Ore cin­que del mat­tino, 1 set­tem­bre, Tunisi. A dare la noti­zia al tele­fono è uno dei rifu­giati del campo di Chou­cha, al con­fine con la Libia: «Ci stanno por­tando al con­fine con l’Algeria, ci mol­le­rano nel deserto, siamo…». Poi la chia­mata si inter­rompe, uno dei poli­ziotti, pro­ba­bil­mente strappa di mano il tele­fono a O.; da quel momento per tutta la mat­tina si per­dono le tracce dei dieci ragazzi, nige­riani e suda­nesi, da una set­ti­mana dete­nuti nella pri­gione di War­dia a Tunisi per aver pro­te­stato di fronte alla dele­ga­zione dell’Unione euro­pea chie­dendo di essere tra­sfe­riti in Europa, e che i fun­zio­nari UE hanno lasciato arre­stare dalla poli­zia tuni­sina. Poi un sms dopo qual­che ora: «La poli­zia ci ha lasciato alla fron­tiera alge­rina, vicino Kasserine».

Men­tre l’Unione euro­pea si appre­sta a pas­sare alla fase due della mis­sione mili­tare Euna­v­for e firma accordi bila­te­rali con i paesi afri­cani per bloc­care le par­tenze dalla Libia, la Tuni­sia, una pre-frontiera d’Europa par­ti­co­lar­mente cru­ciale in que­sto momento vista la pros­si­mità geo­gra­fica con la Libia, arre­sta e deporta verso l’Algeria rifu­giati e richie­denti asilo. La costru­zione delle pre-frontiere euro­pee comin­cia anche lasciando che i cosid­detti «paesi terzi» «gesti­scano» a loro modo migranti e rifu­giati, non importa se bloc­can­doli nel deserto di Chou­cha per quat­tro anni o depor­tan­doli nel deserto algerino.

Que­sto è quanto accade in Tuni­sia, Paese che pur avendo fir­mato la Con­ven­zione di Gine­vra a oggi non ha ancora una legge sull’asilo; e que­sto fa sì che anche coloro che hanno otte­nuto la pro­te­zione inter­na­zio­nale dall’Alto Com­mis­sa­riato per i Rifu­giati pos­sano essere arre­stati e dete­nuti, rischiando di essere poi depor­tati nel deserto alge­rino. Rifu­giati ille­ga­liz­zati dalle auto­rità tuni­sine per i quali sono sem­pli­ce­mente migranti irre­go­lari sul ter­ri­to­rio. O richie­denti asilo che, come le dieci per­sone depor­tate ieri mat­tina nel deserto alge­rino, erano stati ille­ga­liz­zati (la non con­ces­sione del diritto d’asilo li ha tra­sfor­mati in migranti irre­go­lari sul ter­ri­to­rio tuni­sino) nel 2012 dall’Unhcr, che come a molti altri in fuga dalla Libia e arri­vati al campo di Chou­cha, sono stati dinie­gati della pro­te­zione internazionale.

L’Unione europea ormai verso l’esternalizzazione della crisi a «paesi terzi»

Se da un lato la Tuni­sia ha finora sem­pre resi­stito alla pres­sione dell’Ue rivolta a costruire campi e strut­ture deten­tive finan­ziati dall’Europa, dall’altro la «gestione» dei migranti pro­ve­nienti dalla Libia rea­lizza in parte quello che i paesi euro­pei si aspet­tano, ovvero fare in modo che que­sti, in un modo o nell’altro, non arri­vino sull’altra sponda del Medi­ter­ra­neo. La pri­gione di War­dia, situata in quar­tiere peri­fe­rico di Tunisi con lo stesso nome, è uno dei luo­ghi, inac­ces­si­bile alla mag­gior parte degli avvo­cati, che il governo tuni­sino uti­lizza per far spa­rire i richie­denti asilo dal ter­ri­to­rio. A War­dia però sia l’Alto Com­mis­sa­riato per i rifu­giati che l’Organizzazione Inter­na­zio­nale per le Migra­zioni (Oim) pos­sono acce­dere, ma non risulta che le due orga­niz­za­zioni abbiano ripor­tato cosa accade all’interno, e soprat­tutto non ven­gono seguite le tracce di chi da War­dia improv­vi­sa­mente scom­pare. Una volta arre­stati e por­tati a War­dia, i rifu­giati ven­gono minac­ciati dalla Garde Natio­nale tuni­sina di essere depor­tati in Alge­ria nel caso in cui ad acqui­stare con i pro­pri mezzi eco­no­mici un biglietto aereo per fare ritorno nel pro­prio Paese di origine.

Tra loro vi sono anche fami­glie di siriani, a cui la Tuni­sia non ha con­cesso un per­messo di sog­giorno né una pro­te­zione uma­ni­ta­ria. A War­dia fini­scono anche coloro che arri­vano dal mare: di fatti, in que­sto momento con l’inasprimento dei con­trolli alla fron­tiera libica e la costru­zione in corso del muro pia­ni­fi­cata dal governo tuni­sino, in Tuni­sia arriva solo chi viene soc­corso dalla Guar­dia Costiera tuni­sina nel ten­ta­tivo di arri­vare in Europa dalla Libia. «Sulla nostra imbar­ca­zione, par­tita dalla città di Zwhara, era­vamo 97 eri­trei, e molti come me ave­vano già otte­nuto l’asilo poli­tico. Al largo della Tuni­sia siamo stati sal­vati dalle auto­rità tuni­sine», rac­conta R., rifu­giato eri­treo «ma poi giunti nel porto di Zar­zis 60 di noi sono stati por­tati a War­dia, dove siamo rima­sti un mese». Senza alcuna giu­ri­sdi­zione che ne rego­la­menti il fun­zio­na­mento, War­dia resta un luogo rispetto a cui non è pos­si­bile avere numeri su chi entra e chi esce. E alla totale opa­cità di que­sta pri­gione va ad aggiun­gersi anche l’invisibilità di altri cen­tri deten­tivi per migranti, il cui numero sem­bra oscil­lare tra dieci e tre­dici, sparsi nel Paese. Cen­tri di cui ha dato nota il dos­sier redatto nel 2013 dall’Alto com­mis­sa­rio per i Diritti Umani dell’Onu Fra­nçois Cre­peau e di cui par­lano molti migranti in Tunisia.

Dal 2011 lo spazio-frontiera tuni­sino è diven­tato paese di tran­sito ma anche, sem­pre piú, paese di «immi­gra­zione invo­lon­ta­ria»: in effetti, molte delle per­sone in fuga dalla Libia restano intrap­po­late in Tuni­sia in un limbo giu­ri­dico che impe­di­sce loro di pro­ce­dere in qua­lun­que dire­zione. Con le molte domande di asilo dinie­gate dall’Unhcr, che tra­sforma dun­que richie­denti asilo in migranti irre­go­lari sul ter­ri­to­rio tuni­sino, e a fronte dell’impossibilità per chi ottiene la pro­te­zione di essere rego­la­riz­zato dalle auto­rità tuni­sine, per molte e molti migranti arri­vati in Tuni­sia, i muri della pri­gione di War­dia non sono gli unici: il rifiuto dei paesi euro­pei di garan­tire il reset­tle­ment ai pochi rima­sti al campo di Chou­cha, l’assenza di una legge sull’asilo e la tassa di 80 euro men­sili per ogni mese tra­scorso da irre­go­lare da pagare per rien­trare nel pro­prio Paese di ori­gine sono solo alcuni degli osta­coli che bloc­cano i rifu­giati in Tunisia.

E il governo tuni­sino cerca d’altro canto di risol­vere il pro­blema delle pre­senze non volute disper­dendo i migranti sul ter­ri­to­rio ed effet­tuando depor­ta­zioni nel deserto alge­rino, sem­pre piú fre­quenti nell’ultimo anno, senza che peral­tro vi sia un accordo tra i due Paesi.

Con l’invisibilizzazione poli­tica dello spazio-frontiera tuni­sino, cer­ta­mente defi­lato rispetto ai riflet­tori pun­tati in que­sto momento sulla sponda nord e sui numeri di som­mersi e sal­vati nel mare Medi­ter­ra­neo che scan­di­scono i pic­chi di atten­zione media­tica, diventa dif­fi­cile par­lare dei «pic­coli numeri» che attual­mente carat­te­riz­zano il con­te­sto migra­to­rio della Tuni­sia. Non solo, guar­dando alle pri­gioni segrete tuni­sine esclu­si­va­mente attra­verso il metro del rispetto dei diritti umani si rischie­rebbe di cor­ro­bo­rare la nar­ra­zione dell’Unione euro­pea, pronta a fir­mare accordi con dit­ta­ture afri­cane come quella eri­trea e insieme a con­dan­nare l’inottemperanza dei paesi terzi nei con­fronti degli stan­dard inter­na­zio­nali uma­ni­tari. Tanto piú che in que­sto momento gli stati euro­pei stanno dando prova di met­tere in atto ovun­que vere e pro­prie cacce ai migranti.

Il dos­sier pub­bli­cato dal sito Sto­rie­mi­granti, Rifu­giati in Tuni­sia: tra deten­zione depor­ta­zione, frutto di un lavoro di ricerca pos­si­bile attra­verso le testi­mo­nianze rac­colte in diretta tele­fo­nica con rifu­giati dete­nuti a War­dia. E que­sto dos­sier guarda alla Tuni­sia per mostrare e con­te­stare gli effetti delle poli­ti­che di ester­na­liz­za­zione dell’Unione euro­pea che, diret­ta­mente strin­gendo accordi con i paesi terzi, o indi­ret­ta­mente lasciando che siano que­sti a gestire a loro modo il «pro­blema», cerca di mol­ti­pli­care le pro­prie pre-frontiere.

Tratto da Il Manifesto 2 settembre 2015

Sullo stesso tema vedi il contributo del 1 agosto di Martina Tazzioli in Tutmonda


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Camp de réfugiés de Choucha, à la frontière entre la Tunisie et la Libye. Avril 2011. Crédit image : Guerric Per gentile concessione del sito Inkyfada.com

Tunisia: espulsione di migranti alla frontiera algerina
Sana Sbouai

Detenuti al Cento di accoglienza e orientamento di Ouardhya per 9 giorni, un gruppo di migranti si ritrova espulso e abbandonato alla frontiera algerina dalle autorità tunisine

“Ci hanno portato alla frontiera algerina. Ci hanno portato di forza verso l’Algeria."

Bright Samson, che è scappato dalla guerra in Libia nel 2011 e che da quel momento vive nel campo di Choucha, chiama alle 11h di mattina e conferma che con altri 12 migranti, tutti detenuti al centro di accoglienza e orientamento di Ouardhya, si trovano in strada verso la frontiera algerina per l’espulsione. Al momento della chiamata, Bright sostiene che si trovino in una foresta, nel governatorato di Kasserine, vicino Feriana.

Per ascoltare la telefonata di Bright: https://inkyfada.com/2015/09/expulse-frontiere-migrant-algerie-ouardiya-tunisie/

Pronto?
Sì, qualcuno ha provato a chiamato a chiamarmi da questo numero.
Bright?
Si.
Sono Sanaa.
Ci hanno portato alla frontiera algerina. Ci hanno portato di forza verso l’Algeria.
Dove sei?
Alla frontiera algerina.
Sei alla frontiera algerina? In quale città?
Non lo so.
Ti richiamo.

Qualche ora prima, alle 6.30, ha avvertito Martina Tazzioli, ricercatrice italiana presente a Tunisi, informando che dalle 5.30 h del mattino, lui e altri 12 migranti sarebbero stati caricati a bordo di due furgoni della polizia, in cammino verso una destinazione sconosciuta e che non riconoscono la solita strada che conduce a Choucha.

Detenuti da fine agosto

Bright Samson era detenuto al centro di accoglienza e orientamento di Ouardhya dal 24 agosto. Era arrivato in Tunisia nel 2011, dopo essere scappato dalla guerra in Libia. “Diniegato” dallo statuto di rifugiato, si è ritrovato in Tunisia senza riconoscimento legale, come numerosi altri migranti in fuga dallo stesso conflitto e abbandonati alle loro sorti in una terra di nessuno: l’UNHCR ha dichiarato chiuso il campo nel giugno del 2013 e le autorità tunisine non hanno mai rilasciato i permessi di soggiorno che avevano promesso.

Lunedì 24 agosto 10 migranti si sono riuniti davanti la sede dell’Unione Europea a Tunisi. Rivendicano di essere reinstallati in Europa. “La polizia ci ha detto di venire al commissariato di polizia perché qualcuno dell’UE avrebbe voluto parlarci. Non appena arrivati, ci hanno arrestati” testimonia Bright.

I 10 manifestanti sono stati condotti al Centro di accoglienza e orientamento di Ouardhya. Li abbiamo contattati durante la detenzione e confermano di non aver potuto beneficiare dell’assistenza giuridica.
Nessun contatto con il loro avvocato

“Tunisie Terre d’Asile”, organizzazione di assistenza agli stranieri in Tunisia e specializzata nell’offrire un accompagnamento giuridico ai migranti detenuti, spesso in applicazione di una decisione di espulsione, tenta di inviare un avvocato per rappresentare il gruppo.

Citiamo:
“Le persone ci hanno contattato da Wardhya e con il loro accordo abbiamo mobilitato una avvocatessa per avere maggiori informazioni sulla procedura, sulle ragioni della detenzione e per verificare l’esistenza di una decisione di stato di arresto e una procedura di espulsione in corso”, spiega Anais El Bassil, responsabile della sezione tunisina.

L’avvocatessa Samia Djellassi, non riuscirà ad avere accesso ai documenti e si vedrà rifiutare il diritto di accesso al centro. Avrà conferma dal commissariato dell’arresto dei migranti per la situazione irregolare sul territorio, ma non potrà garantire loro l’assistenza. “Esiste una convenzione con il Ministero della Giustizia, gli avvocati possono visitare carceri e commissariati. Ma nessun accordo per i centri di detenzione, che dipendono dal Ministero degli Interni. Ho cercato di visitare i migranti come membro del team nazionale dei monitori dei luoghi di detenzione, ma non ho avuto risposte”, testimonia Semia Djelassi.

Dopo la detenzione, l’espulsione

A Ouardhya i migranti temono di essere riportati a Choucha, nonostante il campo si trovi in zona militare, considerata pericolosa perché frontaliera con la Libia o di essere espulsi alla frontiera algerina.

E’ quello che è successo alla fine martedì 01 settembre, 9 dei 10 manifestanti e 4 altri migranti detenuti a Ouardhya sono stati espulsi alla frontiera.

Poco tempo dopo lo scambio telefonico di stamattina, il gruppo di migranti è stato obbligato ad attraversare la frontiera algerina:

“Le forze dell’ordine tunisine ci hanno picchiato con dei bastoni e ci hanno minacciato: ‘se tornate indietro vi spariamo”. E’ incredibile! Perché questo trattamento? Perché tanta violenza?” Chiede Bright.

Spiega che quindi sono passati dal lato algerino e che si sono ritrovati vicino ad un posto di frontiera dove hanno richiesto alle forze dell’ordine algerine in loco la loro localizzazione: posto di frontiera di Bouchebka, al limite del governatorato di Kasserine.
Il gruppo di nove di Chouha decide di rimanere vicino al posto di frontiera, dopo aver spiegato la loro situazione alle forze dell’ordine algerine:

“Noi vogliamo che le autorità tunisine prendano le loro responsabilità.”

Il gruppo composto dagli altri quattro migranti decide invece di restare sul territorio algerino.
Le autorità tunisine silenziose
Interrogato qualche giorno fa sulle possibili espulsioni alle frontiere algerine o libiche, il portavoce del Ministero dell’Interno, Walid Lougini, si accontenta di abbozzare una smorfia incredula.

Alla caserma della guardia nazionale di Al Aouina, il portaparola, colonnello Tarek Amraoui prende più seriamente la questione, ma si stupisce allo stesso modo della possibilità di espulsioni di migranti alle frontiere. Risponde che l’unico a potersi esprimere sulla questione è il direttore del centro diOuardhya, al momento in “missione di lavoro”. Rimanda quindi verso la Direzione della sicurezza pubblica che tenta di contattare a più riprese ma senza successo.

Se la possibilità delle espulsioni alle frontiere, in zone desertiche (del sud), pericolose o zone militari (Kasserine) desta scetticismo, le testimonianze di Bright e Othman e degli altri migranti, le varie chiamate e conversazioni lungo il tragitto oggi non lasciano più spazio a dubbi.

La Tunisie expulse des migrants à ses frontières

Queste testimonianze non sono le prime. In aprile scorso, tre ricercatrici italiane hanno pubblicato “Rifugiati in Tunisia: tra detenzione e deportazione”, un dossier preparato da Glenda Garelli, Federica Sossi, Martina Tazzioli.

Martina Tazzioli spiega: “In autunno 2014 un migrante ci ha chiamato un migrante per chiederci aiuto per un amico detenuto a Ouardhya. Abbiamo contattato questo migrante per telefono e abbiamo regolarmente discusso con lui durante la sua detenzione, oltre che con altri migranti.”

Il rapporto mette in luce le condizioni di detenzione, l’assenza di accompagnamento giuridico, la diversità della popolazione detenuta, ma soprattutto delle procedure per poter uscire dal centro: pagando il proprio biglietto aereo o rischiando un’espulsione.

Inkyfada ha tentato dal mese di aprile di avere delle risposte da parte del Ministero degli Interni su questa tematica. L’evento di oggi ci ha obbligato a pubblicare anche in mancanza di risposte chiare da parte delle autorità.

In quale quadro avvengono le espulsioni?

Se la legge tunisina parla di espulsione relativamente alla sanzione per un soggiorno o per una entrata irregolare sul territorio, perché dei migranti di nazionalità altre da algerina e libica e provenienti da paesi terzi vengono poi espulsi verso l’Algeria o la Libia?

Al Ministero degli Interni ci rimandano verso il Ministero degli Affari Esteri per verificare l’esistenza di una eventuale convenzione. Il responsabile della comunicazione è assente e nessun altro sa rispondere a questa domanda.

Sembra che i migranti autorizzati a entrare sul territorio algerino senza visto, secondo gli accordi bilaterali, vengono inviati alle frontiere. Una maniera di fargli abbandonare il territorio tunisino, nel quale si troverebbero in situazione illegale, e di farli entrare in territorio algerino, nel quale non hanno bisogno di visto.

“Nessuno vi ha detto chiaramente che i migranti sono inviati alle frontiere. E’ imbarazzante dirlo. Non sono stata informata direttamente del fatto che erano stati deportati e peraltro nessuno ve lo dice, gli crea dei problemi, da un punto di vista legato ai diritti umani ammettere che fanno questo significherebbe dire: “Vogliamo sbarazzarcene”. Che possono fare i migranti se li abbandoni alle frontiere?”, s’interroga Djellassi.

Bright, Otham e gli altri si pongono la questione. Oltre ad essere stati deportati si ritrovano attualmente senza risorse, vicino ad una zona militare, dove l’esercito è presente e limita i movimenti per ragioni di sicurezza.

Tratto da www.tunisiainred.org

Articolo originale è apparso il 1 settembre 2015 :https://inkyfada.com/2015/09/expulse-frontiere-migrant-algerie-ouardiya-tunisie/ -
Traduzione dal francese a cura di Debora del Pistoia

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