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La ricerca, pubblicata su Environmental Research Letter, una delle più importanti riviste scientifiche open access indicizzata ISI, è stata sviluppata da un gruppo di otto ricercatori, appartenenti a sei organizzazioni che raggruppano ONG e università.
Futuro dello sfruttamento di petrolio e gas in Amazzonia occidentale
La Riserva della Biosfera Yasuní nel futuro dello sviluppo di petrolio e gas nell’Amazzonia occidentale.
Link all’articolo sul sito Environmental Research Letters
Autori
Matt Finer (1), Bruce Babbitt (2), Sidney Novoa (3), Francesco Ferrarese (4), Salvatore Eugenio Pappalardo (4), Massimo De Marchi (4), María Saucedo (5) y Anjali Kumar (6)
1 Amazon Conservation Association, Washington DC, 20009, EE.UU.
2 Fondo Blue Moon, Washington, DC, 20009, EE.UU.
3 Asociación para la Conservación de la Cuenca Amazónica, Lima, Perú
4 Universidad de Padova, Padova, I-35122, Italia
5 Universidad de Maryland, College Park, MD, 20742, EE.UU.
6 Institute of Technology, Cambridge, MA, 02139, EE.UU. Massachusetts
La ricerca è stata sviluppata nella regione occidentale dell’Amazzonia, una delle ultime zone intatte e ad alta biodiversità del mondo, uno spazio condiviso da cinque paesi (Colombia, Ecuador, Perú, Bolivia, Brasile) e che si caratterizza per una straordinaria ricchezza di specie.
La ricerca rivela come la frontiera estrattiva nell’Amazzonia occidentale continui ad espandersi, con progetti pervasivi di sviluppo di petrolio e gas, promossi dai cinque paesi, minacciando grandi estensioni di boschi umidi tropicali che finora non hanno infrastrutture stradali.
In tale contesto il dibattito intorno alla nuova strada nel Bloque 31 in Ecuador, dentro il Parque Nacional Yasuní, è un caso emblematico di costruzione di strade nell’Amazzonia occidentale.
Nonostante la larghezza della carreggiata sia di circa 4,5 metri, l’apertura della copertura forestale (the first cut) presenta una larghezza di circa 26 metri ed, in alcune parti del tracciato, le immagini satellitari rivelano un’ampiezza di deforestazione fino a 60 metri.
La compagnia statale ecuadoriana Petroamazonas e il Gobierno Nacional dichiarano che non esistono strade dentro il Parco Nazionale, tuttavia ammettendo la costruzione di un "sendero ecologico" di circa quattro metri di larghezza.
Nella ricerca le vie di accesso sono identificate come strade progettate per il traffico di veicoli, strutture permanenti sui corpi d’acqua e presenza di traffico reale di veicoli.
Oltre allo Yasuní la ricerca ha documentato dieci esempi di vie d’accesso con strade, sei esempi di accesso senza strade e 35 scoperte (confermate o probabili) di reservoir idrocarburiferi in tutta la regione.
La ricerca presenta inoltre una mappa aggiornata al 2014 sul quadro delle attività idrocarburifere nell’Amazzonia occidentale, quantificando le concessioni per la produzione di petrolio e gas per un’area totale di 733 414 km2. Un’area che corrisponde circa due volte la superficie dell’Ecuador, più grande della Francia o circa la superficie del Cile.
Per evitare gli impatti socio-ambientali distruttivi sugli ecosistemi tropicali, l’espansione petrolifera deve almeno adottare corridoi non progettati per il traffico dei veicoli, con le seguenti caratteristiche: ampiezza molto ridotta (<10 m), nessun ponte o struttura permanente al di sopra dei corsi d’acqua e ri-vegetazione immediata di tutti i passaggi utilizzati per gli oleodotti e polidotti.
Non esiste tuttora una normativa vincolante che proibisce nuove strade d’accesso: questa decisione critica è lasciata a discrezione delle imprese che operano e delle agenzie governative che controllano gli studi di impatto ambientale.
Il risultato è che le strade petrolifere sono responsabili del primo taglio – the first cut, (Laurance et al., 2014) - nelle aree silvestri relativamente intatte ed innescare processi di degradazione delle condizioni ambientali e sociali, di mettere a rischio le politiche ed i meccanismi di tutela dei gruppi indigeni isolati.
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