Rassegna Oblò #1 – “Dentro Kobane. Gioia e cooperazione”: anticipazioni con Ivan Grozny

Inizia con il tema “Conflitti contemporanei”, presso la Multisala Astra a Padova, la “Rassegna Oblò – Sguardi sulla realtà tra cinema e fumetti”, proposta da GVC – Edizioni BeccoGiallo – Associazione Ya Basta – Padova

Ad aprire la serata, la proiezione di “Dentro Kobane. Gioia e rivoluzione” immagini girate da Ivan Grozny nel dicembre 2014 dentro la cittadina curda che resiste all’avanzata dell’Isis.

Quel che succede tra Siria e Turchia sarà trattato anche da Zerocalcare, di ritorno dal confine e che ha raccontato la sua esperienza nelle tavole dedicate alla lotta curda dentro e fuori il confine, pubblicate per lnternazionale.

Ad Ivan Grosny abbiamo chiesto di anticipare con dei frame le immagini che ci verranno proposte il 9 febbraio alla Multisala Astra in Via T. Aspetti 21 a Padova.

Ci puoi presentare alcuni dei temi trattati nelle immagini che vedremo nel tuo lavoro “DentroKobane. Gioia e cooperazione”.

Nella serata di apertura ad Oblò mostrerò una sintesi del lavoro che ho fatto a Kobane. Ci sono diversi aspetti importanti, secondo me, da cui partire. Inanzittutto il fatto che non è vero che a Kobane non vivono civili. Ci sono 6000 adulti e 1000 bambini. Isis da mesi continua a raccontare che questo non è vero, invece ho potuto vedere che ci sono civili, ci sono bambini, Addirittura si cerca di garantire loro lo studio, la scuola, anche se la struttura è stata bombardata e si fano le attività scolastiche in case private, che cambiano ogni giorno e vengono scelte per tenere i ragazzi al sicuro. Tra gli adulti molti di quelli rimasti sono anziani, cjhe hanno scelto di non abbandonare le loro case altriinvece sono rimasti perchè hanno la famiglia. andare in Turchia nei campi profughi sarebbe stato molto complicato, perchè non possono parlare la loro lingua e non avrebbero avuto la possibilità di vivere una vita decente. Per paradosso si vive meglio a Kobane che nei campi profughi.

Come è possibile vivere in una città che, come si vede nelle tue immagini è un cumulo di macerie, come è organizzata la vita quotidiana?

Io la sintetizzo così: con la municipalizzata di Kobane. Ovviamente è una forzatura, ma ci sono delle persone che si dedicano tutti i giorni a far sì che la gente abbia tutto ciò di cui hanno bisogno: elettricità per qualche ora, riscaldamento per un pò, visto che il gasolio scarseggia, si puliscono le strade. La parte ovest della città è quella più sicura, in cui l’Isis e i bombardamenti hanno avuto meno impatto. Questa zona è quella in cui sono concentrati tutti i civili che vivono a Kobane. La vita è dura ma si cerca di superare in qualche modo le difficoltà, facendo anche attività che non sono solo quelle per la sopravvivenza ma anche di vita normale. Si cerca di garantire la continuità anche di attività che adesso sembrerebbero in più: chi scriveva continua a farlo, a chi era artista si cerca di garantire la possibilità di continuare ad esserlo e via dicendo. A Kobane è sparita la moneta. Tutto quello che c’era in città prima dell’assedio è stato messo a disposizione di tutti, ma non viene diviso in maniera standard ma a seconda delle necessità.

Come arrivano gli appovigionamenti, come è possibile tra l’assedio dell’Isis e la porta chiusa della Turchia?

I turchi tengono chiuso in confine. L’unico giorno in cui è stato aperto è quando hanno fatto passare a novembre il famoso camion bomba.
Ci sono delle staffette, i ragazzi giovani. Si cerca di preservarli e non possomo combattere fino a 21 anni, ma sono loro che rapidamente cercano di passare il confine per cercare di portare cibo e medicine, di cui c’è molto bisogno.
Quello che c’è come dicevo prima è quello che già c’era, si fa molto affidamento su ciò che si è riuscito a reperire, C’è una cooperazione vera. Da noi la parola è quasi una parolaccia, ma a Kobane invece è praticata in maniera alta. Questo colpisce perchè in una situazione di difficoltà escono qualità e risposte concrete che mirano alla vita e non alla morte.

E’ una situazione di guerra, in cui la gente muore. Nelle immagini che tu hai raccolto ci sono anche quelle di un combattente curdo che mostra i corpi di militanti dell’Isis.

Chi resiste a Kobane è della città. Qualcuno arriva da fuori ma sono sempre curdi che erano originari di quella zona e comunque sono un numero limitatissimo. La maggior parte delle persone che combattono contro l’Isis sono di Kobane. Invece coloro che asssediano la città vengono tutti da fuori. Moltissimi arrvano dall’Europa. Mostremo documenti che sono belgi, francesi etc .. Molti arrivano dalla Cecinia. Ho avuto la possibilità di filmare i cadaveri di queste persone che arrivavano da lontano. Perchè ho avuto questa possibilità? Perchè i curdi naturalmente per questioni inanzittutto sanitarie recuperano i corpi dei morti, lo fanno anche per una questione umanitaria perchè pensano che se anche sei un nemico, la vita e la morte vanno rispettate e quindi se tra qualche anno ci sarà la pace un familiare che vuole recuperare una salma deve poterlo fare.Vengono tumulati in fosse comuni non uno sopra l’altro ma disposti in una maniera tale che si possa sapere chi è sepolto e dove.
C’è inoltre un aspetto di intelligence. Gli uomini di Isis sono molto ben armati per cui si recuperano le armi, i documenti e questo serve per sapere un pò come sono organizzati. C’è poi un altro aspetto che è molto importante che è quello mediatico. Isis è fortissimo da questo punto di vista, lo vediamo tutti i giorni. Loro quando hanno conquistato, assaltato i vllaggi attorno a Kobane, hanno ucciso un sacco di gente e lo hanno fatto nei peggiore dei modi. Filmano quello che fanno e cercano di diffondere queste immagini per terrorizzare chi vive in altri villaggi e farli così scappare e trovare dunque meno resistenza. I curdi cercano di dimostrare che non è vero che sono un’armata invincibile oltre a dimostrare che vengono da posti lontani.

ra le cose che tu hai filmato ci sono anche le immagini di pastiglie varie che erano addosso a questa gente.

Questa è una cosa importante, che mi ha colpito. Certo gli esseri umani compiono nefandezze estreme. Ma quello che emerge è che in queste brutalità sono “aiutati” da sostanze, da droghe. Tra le pastiglie, che avevano questi dell’Isis ho visto anche il Viagra, oltre ad altre sostanze chimiche. Mi sono chiesto a cosa servisse. Ragionandoci, anche a partire dalla mia pima esperienza in un teatro di guerra, che è stata l’ex-Jugoslavia, dove avvenivano gli stupri etnici, ho capito che anche quelli dell’Isis che stuprano e violentano, usano il Viagra per questo, si “aiutano” chmicamente. Questo è un aspetto doppiamente terribile: questi “super uomini”, super non sono e si devono aiutare chimicamente per fare le peggio cose e poi c’è l’aspetto inuadito, orribile della violenza sulle donne che è un aspetto che va raccontato perchè non è certo secondario. La violenza sessuale è un faccia terrificante della guerra, che non è certo inferiore all’uccidere, al rapire, al saccheggiare. Credo non ci sia una classifica di atti tremendi ma questa è una delle cose tremende che va evidenziata,

CON IVAN GROZNY ANTICIPAZIONI DA “DENTRO KOBANE: GIOIA E COOPERAZIONE”

Prima parte

Seconda parte


Pubblicato

in

da