Marzo 2013 – FSM a Tunisi

Per la prima volta il Forum Sociale Mondiale, incontro delle associazioni, reti sociali, movimenti a livello internazionale, si riunisce in un paese arabo.

Noi partecipamo insieme ad una vasta delegazione italiana.

Lo svolgimento in Tunisia dell’evento lo trasforma in una occasione per favorire la riflessione e l’incontro con le realtà protagoniste del grande cambiamento innescato dalla “Primavera araba”.

C’è attesa per l’incontro. Anche se non sono mancate alcune critiche da parte di realtà di base verso l’organizzazione in generale, a loro avviso poco attenta alle associazioni post14 (nate dopo la rivoluzione) e monopolizzata dalle grande organizzazioni. In ogni caso c’è una consapevolezza molto forte che nel momento attuale il Forum può rappresentare un contributo a sostenere la strada lunga e complessa del cambiamento e della costruzione dell’alternativa in Tunisia e non solo.

La Tunisia sta vivendo una situazione di forte tensione, resa drammaticamente evidente dall’omicidio di Chokri Belaid, influente leader laico del Fronte popolare a cui seguirà pochi mesi dopo quello di Mohamed Brahmi, altro esponente dell’opposizione. Due omicidi, che al di là delle inchieste ufficiali sono da ascrivere all’Islam politico radicale e alle sue connivenze con l’Islam politico moderato, ovvero il partito Ennadah al governo.

Da un lato un potere, quello di Ennadha e dei partiti al governo con i loro legami più o meno espliciti con l’integralismo radicale, come quello dei salafiti, dall’altro la complessa realtà dei movimenti, delle realtà associative, delle donne e uomini che non intendono fermarsi nel cammino per costruire un futuro diverso. Sullo sfondo la pesante crisi economica e la realtà di miseria e mancanza di diritti soprattutto nel sud del paese.

DIARIO

25 marzo Prima del FSM

Il giorno prima dell’inizio del FSM partecipamo ad un sit-in davanti al Ministero per la condizione della donna, un gruppo di attiviste manifesta con cartelli e striscioni. Sihem Badi, la donna che Ennadah ha voluto per darsi un’immagine presentabile a capo del Ministero, ha infatti dichiarato di fronte alla notizia dello stupro di una ragazzina che “queste cose sono fatti privati che vanno risolti in famiglia”. I continui tentativi di Ennadah, a, volte subdoli ed a volte palesi, di restringere le libertà delle donne non passano certo inosservati. Proprio recentemente la mobilitazione immediata è stata in grado di fermare l’introduzione nella prossima Costituzione del principio secondo cui “la donna è complementare all’uomo”.

In serata al Cinema Colisee, centinaia di giovani si accalcano per il concerto di 4 gruppi della scena araba, i Gultrah Sound System, un gruppo tunisino che già durante il regime di Ben Ali aveva avuto non pochi problemi, accompagnati da Darg Team dalla Palestina, Smockey dal Burkina Faso e Didier Awadi dal Senegal. Tra i ragazzi e le ragazze in attesa si colgono le molte tensioni che attraversano le giovani generazioni.

C’è la convinzione di aver conquistato più libertà ma anche la consapevolezza che al tempo stesso molto c’è ancora da cambiare: ascoltare un concerto, almeno nella capitale, non è più qualcosa di proibito, ma restano la precarietà, la disoccupazione, l’incertezza del futuro. “Quello che stiamo facendo sarà lungo, forse il cambiamento lo vedranno i nostri figli. Noi però resistiamoci dice un giovane impegnato in una associazione di couchsurfing che propone attività culturali di strada collegate al FSM. “Per me la Tunisia dovrebbe essere un posto in cui ognuna è libera, veramente, dove portare o non portare il velo non dovrebbe diventare motivo di scontro”, ci dice una giovane ragazza laureata che si definisce fortunata perchè a differenza di tante e tanti altri ha un lavoro e non è disoccupata come la maggioranza dei suoi coetanei, soprattutto al sud.

Quando il concerto inizia, i giovani riempiono il cinema, prima restano seduti in silenzio poi quando iniziano a suonare i Gultrah, gli slogan riempiono la sala e tutti iniziano a alzarsi e ballare, salendo sul palco e diventando i protagonisti della scena. Tra gli spettatori anche un gruppo di una trentina di giovani che aprono uno striscione e lanciano volantini in cui parlano della necessità della caduta del sistema e criticano il FSM.

26 – 30 marzo 2013 – FSM al Campus Al Manara  

Quando il Forum apre i battenti l’atmosfera è del grande appuntamento. Già la manifestazione d’apertura è stata molto partecipata: migliaia di persone in corteo.

L’Università El Manara diventa una sorte di happening in cui si mischiano musiche, esposizioni, banchetti e stand, spazi di socialià. Una dimensione di informalità e di incontro al di là anche di quello che succede dentro le centinaia di stanze adibite ai dibattiti, che come spesso accade sono fin troppo ridondanti in quantità.

Il Forum è organizzato per spazi tematici: climat change e grandi opere, migrazioni, lavoro, questioni di genere. Ogni tema ha il suo calendario di eventi. Una babele, che dura per tutte le giornate e si chiude con assemblee di convergenza, appelli comuni.

Il Forum è anche un occasione per le miriadi di realtà tunisine di mostrarsi attraverso mostre, materiali, installazzazioni artistiche e soprattutto racconti. Attraverso i banchetti e le discussioni con gli attivisti tunisini si possono capire molte cose ad esempio l’ipocrisia del sostegno economico europeo ed in particolare italiano volto alla continuazione del business più che al sostegno reale della società tunisina. Una situazione che crea povertà e che spinge ancora a migrare nonostante la crisi renda ben difficile l’idea dell’Europa come terra dove realizzare facilmente i propri sogni. Più giusto sarebbe che ognuno possa ritornare a casa propria e viverci con dignità

Per tutte la giornate ci sono musiche e performance di ogni tipo: basi hip hop con attivisti mascherati da Anonimous e poco più in là musiche e costumi tradizionali arabi, cortei interni dedicati a più svariati ed a volte contradditori argomenti.

Il FSM è anche occasione per incontrare delegazioni di altri paesi della regione.

SIRIA

Girando si colgono le animate discussioni intorno alla Siria. Già al corteo inaugurale si vedevano persone con immagini che inneggiavano a Assad, come bastione “antimperialista”  e oppositori che denunciavano la violenza del regime di Assad. In Siria c’è una vera e propria guerra civile, combattuta in forma armata tra le zone controllate manu militari dal regime e le zone liberate dalle varie e composite organizzazioni dell’opposizione. Una guerra civile su cui pesano e si giocano interessi geopolitici  di ogni sorta  e che spinge moltissimi a lasciare il paese, affollando i campi profughi. Parlando con alcuni oppositori siriani viene dipinto un quadro durissimo della oppressione del regime, la determinazione ad abbatterlo, l’opposizione agli interventi esterni e e la richiesta che il sostegno giunga anche dalla solidarietà dei movimenti a livello internazionale. Quando si arriva alla domanda sulla presenza di gruppi integralisti, anche formati da militanti stranieri e foraggiati abbondantemente da appoggi esterni, la risposta che ci viene data è che la cosa importante ora è abbattere il regime. E ci viene da  riflettere ancora una volta sullo schema ” il nemico del mio nemico è mio amico” e ai danni che può provocare.

La Siria non è il solo tema che crea discussioni nel Forum, ad esempio girando tra i vari stand si trova lo stand del Fronte Polisario che rivendica l’autodeterminazione del popolo Saharawi nel deserto del Sahara e uno spazio dei sostenitori dell’idea che il Sahara sia del Marocco.

IRAQ

Al Forum partecipa anche un’ampia delegazione irachena per denunciare che a 10 anni dalla guerra il governo di Al Maliki, appoggiato a livello internazionale, reprime chi si oppone e che le condizioni di vita sono sempre più dure. Una dura realtà che dimostra come la guerra non risolva i problemi nè tanto meno importi la “democrazia”. In Iraq si terrà prossimamente il primo Forum Sociale con l’idea di appoggiare e far conoscere i percorsi della società civile irachena.

MAROCCO

Al FSM ci sono gli attivisti del movimento 20 febbraio, data in cui migliaia di marocchini scendevano in piazza reclamando il cambiamento, la dignità, la redistribuzione delle risorse e la fine dell’assolutismo. A due anni di distanza continuano a mobilitarsi nel paese che all’esterno viene presentato come pacificato e dove invece in tanti continuano a lottare e mobilitarsi.

BARHEIN

Il paese è governato da una monarchia di religione sunnita da oltre due secoli, ma il 70 per cento della popolazione è sciita e denuncia da tempo continue discriminazioni e ingiustizie. Anche adesso, in questi giorni, ignorati dal mondo intero, la gente continua a scendere in piazza per protestare. In carcere oppositori al regime come Abdulhadi al-Khawaja, forse il caso più noto, e la figlia Zainab al-Khawaja stanno facendo lo sciopero della fame. Torture, sparizioni e carcerazioni sono all’ordine del giorno ormai da troppo tempo. Solo attraverso i social network riescono a filtrare notizie, immagini e filmati che quasi sempre mostrano manifestazioni represse con violenza da polizia e esercito. Dal 2011 sono presenti migliaia di soldati sauditi. Nonostante le dimensioni e il numero esiguo di abitanti, poco meno di un milione, riveste una notevole importanza strategica negli equilibri geo-politici di quell’area: poco distante dalle coste di Arabia Saudita e Qatar, è uno dei più ricchi produttori di petrolio e alleato degli Stati Uniti, di cui è presente anche una base militare.

Conclusione FSM

Il FSM si conclude con l’Assemblea dei movimenti sociali che più che un’assemblea è un continuum di slogan e canzoni come quelle cantate dai manifestanti durante la Primavera araba. Alla lettura del documento finale, preceduta dall’intervento degli attivisti tunisini, della Marcia Mondiale delle donne, Via Campesina e pochi altri, dedicato alla critica del capitalismo si scatena un parapiglia tra marocchini e Sarawi intorno all’indipendenza del Sahara. Un tema che già nei giorni scorsi aveva causato non poche tensioni.

Il giorno dopo si svolge la manifestazione conclusiva dedicata alla Palestina.

AL SUD

La nostra delegazione continuerà il suo viaggio per andare a conoscere direttamente i 3 Media Center che stiamo appoggiando nel sud del paese e per approfondire ancora di più quel che avviene nelle zone svantaggiate del paese.

Andiamo in tutti e tre i luoghi in cui i CMC rappresentano punti di riferimento reali: a Sibi Buozid, Mentzel Bouzaienne e Regueb. Facciamo incontri con chi ci descrive i primi giorni di proteste, con le donne che hanno animato la rivolta, con i giovani disoccupati dell’UDC (Union des Diplomes Chomeurs). Racconti, discussioni, dialoghi che ci immergono nella Tunisia profonda.


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