Febbraio 1998 – Prima Commissione Civile di Osservazione Diritti Umani in Chiapas

Le proteste per la strage di Acteal creano una generale attenzione su quello che sta avvenendo in Chiapas. A livello internazionale numerosi gruppi della società civile decidono di creare una formula innovativa per raccogliere informazioni dirette sulla violazione dei diritti umani in Messico.

Finora questi temi erano stati appannaggio solo delle istituzioni internazionali riconosciute, la proposta della Commissione Civile di Osservazione Diritti Umani CCIODH rompe le consuetudini.

Durante la permanenza della Commissione il governo messicano formalmente accetta la visita, in realtà lascia ampio spazio ad una campagna di denigrazione degli stranieri, che si immischiano nelle vicende interne messicane. Anche la rete delle bande paramilitari in Chiapas tenta di intimidire chi volontariamente rende la propria testimonianza alla Commissione: Josè Tila Lopez Garcia, indigeno della Zona Nord, rifugiato della Comunità di Yosija viene ucciso dalla banda paramilitare Paz y Justicia dopo aver denunciato alla Commissione la violenza nella zona.

La Commissione viaggia in tutto il Chiapas, entra nel carcere di Cerro Hueco a Tuxla, svolge conferenze stampa e nel suo Rapporto finale denuncia:

  • l’intensa militarizzazione della zona attuata dall’Esercito
  • la presenza di gruppi paramilitari in collegamento con l’Esercito
  • la situazione di impunità in cui i paramilitari possono godere
  • la repressione generalizzata
  • la totale mancanza di volontà da parte del governo messicano sia di rispondere alle richieste indigene sia di applicare la giustizia

Al suo ritorno in ogni paese i membri della Commissione attivano iniziative ad ogni livello: assemblee pubbliche, incontri con rappresentanti di istituzioni locali, Commissioni Esteri dei vari Parlamenti, visite ufficiali al Parlamento europeo.

Ancora più forte diventa, dopo il lavoro della Commissione, la richiesta generalizzata di porre fine alla sporca politica guidata dal Presidente Zedillo e di non firmare a livello europeo l’Accordo Economico con il Messico.

RASSEGNA STAMPA SULLA COMMISSIONE

Diario della Prima Commissione

Siamo arrivati a Città del Messico in piena notte e in una struttura messa a disposizione in un Convento ci siamo incontrati con gli altri. In poche ore si forma la delegazione. E’ una babele di lingue (inglese, francese, tedesco, greco), di età (ci sono giovani attivisti dei Comitati, rappresentanti di partiti, esponenti di sindacati), di provenienza politica, tutti accomunati dal desiderio di essere protagonisti di questa nuova sperimentazione.

Abbiamo tutti l’FM3, un visto speciale di osservatori dei diritti umani, sappiamo che è in corso una campagna stampa volta a denigrare l’interferenza straniera negli affari interni del Messico, per questo nella prima riunione ci diamo regole ferree: a parlare saranno soli i nostri portavoce, emetteremo comunicati stampa ufficiali. Il calendario delle interviste che dobbiamo fare spazia a 360 gradi: incontreremo esponenti del governo, tutti i rappresentanti dei partiti politici, delle istituzioni, della Commissione di Concordia e Pacificazione Nazionale ma soprattutto andremo in Chiapas per verificare la realtà.

Il giorno dopo ci spostiamo verso il Chiapas, arrivati a San Cristobal ci dividiamo in piccoli autobus che ci permetteranno di andare in luoghi diversi e di raccogliere le molte denunce delle comunità.

La nostra prima tappa è al Municipio Autonomo di San Pedro Chenalho, a Polho incontriamo le autorità zapatiste e vediamo con i nostri occhi la terribile situazione dei rifugiati. Centinaia di famiglie che hanno dovuto lasciare le loro case, le loro terre per la pressione dei paramilitari e che ora si trovano a vivere in baracche di plastica e cartone sostenute da rami, nel freddo dell’inverno. 1, 2, 3, 4, 5, 6, i numeri degli accampamenti disposti sul fianco della montagna.

Le testimonianze sono una denuncia continua di violenze perpetrate con l’avallo dell’Esercito, da gruppi paramilitari: uomini e donne desplazados, allontanati con la forza dalle loro case con l’unica colpa di essere zapatisti o di non volere passare nelle file dei paramilitari.

La connivenza con l’esercito è lampante: gli operativi paramilitari agiscono protetti dai posti di blocco militari.

Un autobus della Commissione raggiunge Acteal, teatro della strage di Natale: ci sono ancora i buchi delle pallottole nella cappella e nel resto del villaggio. Ci offrono il loro pasto di riso e fagioli e ci raccontano che da Natale non possono fare il raccolto. Sono bloccati dall’Esercito. I militari formalmente si trovano attorno alla comunità per fare il labor social, cioè distribuire cibo, togliere denti, fare i barbieri. In realtà assediano questa come molte altre zone.

La popolazione di Acteal vuole che l’esercito se ne vada, non vuole avere contatti con chi ha ucciso i loro parenti.

Alla violenza della strage di Natale si è aggiunta la provocazione della presenza militare con l’unico scopo di cercare di spingere alla più totale disperazione queste persone. Ma questo non riesce, la dignità vince sull’arroganza armata e le richieste che portiamo a casa sono quelle della punizione dei responsabili materiali del massacro e dei loro mandanti, primo tra tutti l’ex governatore del Chiapas Cesar Ruiz Ferro, dell’allontanamento dell’Esercito, del rispetto degli accordi di San Andres.

Dopo la permanenza nella zona di Los Altos ci dividiamo per raggiungere le altre Aguascalientes: Francisco Gomez – La Garrucha, Oventic, La Realidad, Roberto Barrios, Morelia.

Decine di storie, volti che si sovrappongono di cui ti rimane impresso lo sguardo nero e profondo, mani che ti consegnano denunce dettagliate con nomi, luoghi, fatti precisi: è l’immagine del Chiapas che non si vuol far conoscere all’estero. E’ sentiamo tutti che c’è fiducia, speranza che raccontando a noi quelle storie si rompa il silenzio su questa guerra sporca combattuta nelle montagne del Sud Est messicano.

Arrivano da posti diversi, a piedi, facendo ore di cammino per aggiungere il loro tassello a questa verità scomoda. Iniziamo a conoscere la storia dei gruppi paramilitari, i loro legami istituzionali, i loro canali di finanziamento, il loro scopo; indebolire la resistenza zapatista, fare il lavoro sporco che si affianca alla presenza incessante, ovunque delle guarnigioni militari, piccole, grandi disseminate a macchia di leopardo in un assedio soffocante delle comunità. Le donne raccontano della paura a camminare, gli uomini dell’impossibilità di andare a lavorare nei campi, i bambini con i loro disegni dipingono il terrore delle divide. Ma al tempo stesso senti la forza della rete sotterranea di organizzazione dei Municipi Autonomi, la loro determinazione a resistere per esistere, per affermare la loro dignità.

La Commissione raggiunge poi la Zona Nord universalmente conosciuta per la maggio presenza di paramilitari.

Veniamo bloccati, mentre tentiamo di raggiungere Sabanilla. Esponenti del gruppo paramilitare Paz y Justicia si piazzano davanti ai nostri autobus armati di pietre e machete impedendoci di procedere sostenendo che l’attività della Commissione è filo zapatista e gridando slogan contro gli stranieri. “Colpa del Vescovo Ruiz, colpa degli stranieri” queste le giustificazioni dei conflitti che ci verranno direttamente dagli esponenti di Paz y Justicia, compreso Samuel Sanchez deputato del PRI e dirigente di questa organizzazione.

Riusciamo comunque anche in questa zona a raccogliere denunce e documenti. Ma uno degli indigeni che ci racconta la sua storia, Josè Tila, viene ucciso da sette paramilitari in un agguato mentre torna al suo villaggio. La notizia ci raggiunge sulla strada del ritorno: non ci sono parole per come ci sentiamo. La sua morte ci dà la misura drammatica di quanto sia pesante e vergognosa la politica del Governo messicano.

Tornati a San Cristobal ci raggiunge nella forma di un video la risposta delle domande che abbiamo rivolto all’EZLN. Nelle riposte il Subcomandante Marcos sottolinea quale sia la trama che sottende al paramilitarismo. L’essenza è il rifiuto del governo di applicare gli Accordi di San Andres ed il tentativo di attaccare non direttamente l’EZLN. A questo gli zapatisti hanno scelto di rispondere con la resistenza e la denuncia.

Nell’ultima parte della permanenza in Messico ci dividiamo e ci dedichiamo agli incontri ufficiali. Ben altri scenari: uffici e sale accoglienti, segretarie e rumori ovattati. Sentiamo la versione governativa relativa alle indagini “tanto complesse” su Acteal, alla difficoltà “non certo volute dal governo messicano” dello stallo nei dialoghi con l’EZLN, sentiamo parlare di “volontà di pace”. Negli occhi e nel cuore abbiamo le immagini dei desplazados, delle donne di Guadalupe Tepeyac, che vedono il loro villaggio occupato dall’Esercito, degli amici e famigliari di Josè Tila.

Al ritorno in Italia così come nel resto d’Europa ci organizziamo per dare una forma completa al materiale che abbiano raccolto. Ne esce una relazione di più di 120 pagine con visioni diametralmente opposte che abbiamo raccolto nella realtà, ma anche nella forma più obiettiva possibile il rapporto non può che concludersi con una preoccupazione generalizzata per la situazione che abbiamo incontrato.

In Messico non c’è pace, non c’è giustizia.

Armati del nostro rapporto varchiamo le porte della Commissione esteri del Parlamento Italiano. Almeno l’allora governo di centro-sinistra non potrà dire di non aver saputo, alla viglia della firma dell’Accordo Europa-Messico, la verità. Ma si sa la politica dall’alto ha le sue regole ed i manovratori non vanno disturbati. Dal basso invece il lavoro della Commissione produce incontri, mozioni nei consigli comunali, attenzione a quello che sta succedendo dall’altro lato dell’Oceano.

Ai primi di aprile un piccolo gruppo della Commissione si reca in Chiapas per riconsegnare il rapporto alle comunità. E’ il minimo per confermare che le parole che ci hanno affidato non sono state vane.

COMUNICATI DELLA COMMISSIONE

Materiali originali disponibili presso:

Caminantes – Centro Studi e Documentazione sul Messico e l’America Latina

Napoli – Largo Banchi Nuovi NAPOLI Mail: csdm-caminantes@yabasta.it


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