Iraq – Walking Arts in carcere

Per una settimana 10 musicisti di Walking Arts NGO accompagnati dal Maestro Luca Chiavinato e dall’esperta Chiara Patronella hanno realizzato nel Carcere giovanile di Erbil insieme a 24 prigionieri un Laboratorio di Musicoterapia. L’attività è stata coordinata da Green Desert, organizzazione locale irachena, finanziata da Terres des Hommes Germania

Un’esperienza forte e dura, intensa dal punto vista emotivo e relazionale.

Nel 2019 Walking Arts NGO ha cominciato un percorso di formazione dedicato alla musicoterapia, volto a dare ai partecipanti le conoscenze per utilizzare il linguaggio musicale con effetti terapeutici in contesti difficili.
Il percorso formativo, curato dall’esperta italiana Chiara Patronella, si svolge attraverso un mix di parti teoriche e parti laboratoriali.
Nelle sessioni finora realizzate i partecipanti avevano messo in pratica le competenze acquisite realizzando attività di musicoterapia con bambini, portatori di handicap e non, nei campi profughi della Zona di Erbil, che continuano ad essere pieni di sfollati sia siriani che iracheni.

Questa volta la sfida è stata più complessa.
Grazie alla relazione con Green Desert il Laboratorio di musicoterapia è stato realizzato in un carcere, quello giovanile di Erbil in cui sono detenuti ragazzi, alcune centinaia, implicati nelle attività di Isis, lo Stato Islamico, Daesh come viene chiamato in Iraq.
Inutile nascondere la complessità di un’attività come questa in una regione in cui le ferite, non solo materiali, causate dall’integralismo islamico armato sono ancora aperte e dove le pulsioni identitarie su base religiosa e di appartenenza sono coltivate ad hoc per permettere a potentati vecchi e nuovi, a clan, milizie e apparati di comandare attraverso la violenza.

Il gruppo di Walking Arts NGO che è entrato in carcere, assieme ai padovani Luca Chiavinato e Chiara Patronella, rappresenta uno spaccato reale della società irachena: 10 giovani, uomini e donne appartenenti alle varie comunità, irachene, siriane, curde ed arabe, tra cui gli Ezidi, che hanno pagato un prezzo pesantissimo per le aggressioni perpetrate da Daesh, in particolare contro le donne e i bambini.

In Iraq bisogna sempre ricordare che non c’è nessuno, la cui vita non sia stata segnata da trent’anni di guerre, passate e recenti.

I prigionieri che hanno scelto di partecipare all’attività di musicoterapia sono stati 24, tutti uomini ovviamente, dai 15 ai 24 anni. Anche qui storie di vita con appartenenze varie ma segnate dalla partecipazione alle forme estreme ed organizzate di integralismo religioso islamico. Già il fatto di aver voluto partecipare ad una attività con la musica è un segnale, visto il divieto alla musica come intrattenimento imposto dagli integralisti.

Per certi versi vittime e carnefici, per altri versi vite risucchiate nel vortice che ha trasformato l’Iraq in un campo di battaglia, in cui religioni ed appartenenze sono utilizzati per interessi di potere locale, regionale ed internazionale.

Tra i 10 musicisti di Walking Arts NGO, accompagnati dai 2 esperti italiani e i 24 prigionieri una relazione impossibile?

Forse, se non che la musica ha creato la possibilità dell’interazione.
Il linguaggio artistico è stata l’occasione di un incontro che altrimenti non sarebbe stato possibile.
Le tecniche e pratiche, imparate dai 10 musicisti iracheni e siriani hanno permesso di sciogliere il gelo attraverso giochi, body percussion, contatto visivo, creazione di storie. Pratiche che i musicisti di Walking Arts NGO hanno imparato a conoscere nella formazione di musicoterapia. Come nei campi profughi con i minori anche qui in carcere i ragazzi e ragazze irachene e siriane, sono stati i protagonisti delle attività coordinate da Chiara Patronella e con la collaborazione di Luca Chiavinato.

I partecipanti sono stati divisi in 4 gruppi misti. Ogni gruppo ha elaborato un brano musicale, da presentare poi a tutti. Di nuovo divisi nei 4 gruppi i partecipanti hanno arrangiato le canzoni con i testi, in gran parte d’amore, e poi le hanno cantate davanti a tutti.
Dopo un altro laboratorio di una settimana, prima dell’estate, i pezzi diventeranno un CD che uscirà dalle mura del carcere.
Song writing, scrivere canzoni insieme, trasformare le note accompagnate alle parole in un luogo di incontro, in un modo diverso per parlare di sé.

Alla conclusione di ogni giornata, fuori dal carcere, i 10 musicisti di Walking Arts NGO si sono riuniti con gli esperti italiani in un momento di cerchio condiviso, a volte durato ore, di discussione, di elaborazione di quello che non solo avevano fatto ma di quello che avevamo provato nell’”incontrare il nemico”.

La sfida di operare dentro il carcere non è stata solo un’occasione di fare qualcosa per e con i detenuti, ma di crescere nel fare terapia operando attraverso la musica per migliorare determinati stati psicofisici ed emotivi. Una professione di cui c’è tanto bisogno in Iraq dove i traumi tra adulti e bambini sono purtroppo una drammatica realtà.

Il bilancio della settimana passata con i detenuti è molto positivo: la speranza di qualcosa che potrebbe accadere spezzando le consuetudini e divisioni.

Tra le mani dei musicisti iracheni e siriani restano i regalini che hanno fatto per loro i detenuti, piccoli oggettini fatti con quel che si trova in carcere, nella mente dei detenuti restano i volti di altri giovani con cui forse per la prima volta si sono incontrati fuori dagli schemi.

La musicoterapia nel carcere di Erbil è un altro tassello del cammino intrapreso con la nascita di Walking Arts NGO nel promuovere i linguaggi artistici per far crescere la coesione sociale, le libertà, il rispetto delle differenze dando anche la possibilità ai giovani di creare nuove opportunità lavorative attraverso le arti.

Una settimana intensa che si ripeterà nei prossimi mesi, assieme alle altre attività Walking Arts NGO, tra cui spicca l’organizzazione della prima edizione di Walking Camp, Festival delle Arti indipendenti in Iraq nel mese di giugno 2022 in cui per cinque giorni si alterneranno momenti di formazione con la realizzazione di momenti artistici e culturali pubblici.

Nella complessa situazione dell’Iraq le esperienze collegate all’utilizzo dei linguaggi artistici si stanno affermando come uno spazio plurale e efficace per contribuire alla sviluppo di una società basata sui diritti e le libertà e per questo vale la pena di appoggiarle.


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