#13d Million March a Washington

C’è attesa per la Million March del 13 dicembre, che si concentrerà a Washington Square Park, mentre altre iniziative si svolgeranno in tutto il paese. Convocata da un gruppo di giovani neri, la marcia si inserisce nelle proteste che da alcune settimane scuotono gli Stati Uniti.

“Mostreremo c’è ancora speranza per l’umanità”, dice l’appello alla manifestazione che chiede giustizia per chi è stato ucciso dai poliziotti razzisti.

#BLACKLIVESMATTER e #I CAN’T BREATH diventato #WE CAN’T BREATH in rete e nella realtà, in mille forme, si interfacciano ed intrecciano con un caleidoscopio di riferimenti di ogni tipo: dalle grandi battaglie per i diritti civili del secolo scorso, alle pratiche di Anonymous, agli slogan di OccupyWallStreet, alle richieste di giustizia sociale dell’oggi, dalla salute al reddito.
La verità sul “racial profiling” praticato dalla polizia è diventato oggetto di prese di posizione di ogni tipo. Una verità che diventa specchio delle contraddizioni generali, della richiesta di vera democrazia, di giustizia sociale
Le mobilitazioni che non si sono fermate in questi ultimi giorni, da un lato all’altro degli States, con forme inedite, sono andate ben oltre il “riot”, destinato a rinchiudersi in sè stesso.
Le proteste dopo la morte di Eric Garner hanno ampliato quelle partite a Ferguson dopo l’omicidio di Micheal Brown, denunciando con forza il sistema basato sull’impunità riferita alla polizia, creando un corto circuito virtuoso in cui si sta esprimendo nella forma ampia e complessa un “essere movimento” di migliaia e migliaia di persone negli Usa.
Forme di mobilitazioni collettiva come blocchi stradali, die-in, azioni radicali, incursioni nei centri commerciali si intrecciano con prese di posizione sempre più ampie di ogni tipo.
Cerchi concentrici si allargano, muovendo l’intera società.
Se ci pensiamo bene questa è la caratteristica vera dei movimenti, capacità di avere contenuti forti, maggioritari nelle espressione e che costringono l’intera società a misurarsi con la necessità del cambiamento, dell’alternativa.
Il tema della violenza della polizia parla dell’assetto sociale, del razzismo nella sua forma moderna di gerachizzazione sociale nel tempo della crisi.
Opporsi, manifestare diventa la foma comune, fuori da ogni rappresentanza data di ogni tipo, che unisce non nella sommatoria delle sigle, ma in una pratica comune, giovani e meno giovani di ogni razza ed estrazione che in forme molteplici muovono la dinamica sociale e la trasformano.
Quello che sta succedendo in America e con le dovute diversità quel che sta succedendo in Messico rendono movimento reale e attuale uno slogans che viene dal passato ma guarda al futuro “no justice, no peace”!


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