Festival delle Ribellioni e Resistenze in Messico – Videoracconto

Siamo in Messico per partecipare al Festival delle ribellioni e resistenze promosso dall’EZLN e dal CNI, convocato nell’estate 2014 dall’EZLN e dal Congresso Nazionale Indigeno.

A pochi giorni dall’inizio del Festival l’EZLN ha comunicato di aver scelto di lasciare il proprio posto ai famigliari degli studenti massacrati a Ayotzinapa lo scorso settembre.

DIARO DEL FESTIVAL

PRIMA CONDIVISIONE a San Francisco Xochicuatla

E’ la comunita’ di San Francisco Xochicuatla nello Stato de Mexico ad ospitare l’inaugurazione del Festival delle ribellioni e resistenze contro il capitalismopromosso dall’EZLN e dal Congresso Nazionale Indigeno.
L’evento voluto per condividere lotte ed esperienze a livello non solo messicano ma anche internazionale, promosso alcuni mesi fa a La Realidad durante le iniziative contro l’aggressione armata alla comunita’, costata la vita al compagno zapatista Galeano, si inserisce oggi in un momento molto intenso della vita politico sociale messicana.

L’uccisione degli studenti ad Iguala e la sparizione di 43 “normalistas” ad opera del narco-stato, la forma del potere legale/illegale contemporanea in Messico, ha scatenato nel paese forti proteste capaci di rompere il silenzio e la paura.
Di fronte a quel che sta succedendo gli zapatisti hanno voluto mettere al centro del Festival la mobilitazione partita dai familiari e dagli studenti di Ayotzinapa, lasciando alla delegazione proveniente dal Guerrero il massimo di visibilita’.
Oggi sul palco ad inaugurare il festival c’erano infatti oltre alla Comunita’ di San Francisco, ai rappresentanti del Congresso Nazionale Indigeno, familiari e studenti di Ayotzinapa.
Davanti al palco 43 sedie vuote. Un atto di denuncia di quel che sta succedendo e delle responsabilita’ dello Stato messicano in questa sparizione cosi’ come nei tanti episodi di violenza e repressione contro chi lotta.
Ad aprire i lavori la rappresentante della Comunita’ Otomi e del Consejo Supremo Indigeno di San Francisco Xochicuautla , in lotta da anni contro la costruzione di una nuova autostrada da Citta’ del Messico a Toluca. Una grande opera che, come in tutto il mondo, porta con se’ distruzione non solo ambientale ma anche sociale.
Chiare le parole dette a nome delle tante comunita’ indigene che resistono: “non siamo stupidi, ignoranti contro il progresso, ma difendiamo l’ambiente e le relazioni sociali da un futuro di sfruttamento e di saccheggio”.
La forza delle tante resistenze che punteggiano il Messico da Cheran al Chiapas, dal Guerrero a Morelia, da nord a sud e’ proprio questo sguardo sul futuro,
La possibilita’ che difendere oggi i beni comuni e l’ambiente, cosi’ come i legami sociali, non sia un ritorno al passato, impossibile da praticare peraltro nel mondo globalizzato del presente, ma invece un’affermazione della necessita’ ora, adesso, in maniera improcrastinabile di scegliere quale “sviluppo”, quale societa’ creare. “Diciamo no alle grandi opere, alle miniere, al fracking, alle dighe, allo sfruttamento del territorio” per dire si’ ad un’idea di relazioni sociali ed ambientali che si oppongono al saccheggio, al “despojo”.
A fianco dell’enunciazione della necessita’ di confrontare le lotte e condividerle, la denuncia di come tra le violente nebbie artificiali create dalla “guerra al narcos” si siano intensificati gli episodi di repressione ed aggressione a chi lotta. Non c’e’ comunita’, popolo indigeno, realta’ urbana che non abbia subito aggressioni da forze in divisa ufficiale e/o gruppi formalmente illegali, che non abbia compagni e compagne in carcere.
L’agguato agli studenti ad Iguala e la scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa e’ per tutti un simbolo di qualcosa che riguarda l’intero paese, che riguarda tutti. La necessita’ e forse la possibilita’ di dire basta ad una cappa di violazioni, aggressioni, sparizioni e detenzioni che vorrebbe fare tabula rasa di chi, tra mille difficolta’, cerca di resistere. E lo fa continuando caparbiamente ad affermare i propri diritti come ha voluto dire il rappresentante di San Sebastian Bachajon annunciando che proprio oggi la comunita’ ha recuperato, rioccupandoli, i terreni che le sono stati tolti con la violenza in Chiapas.
Gli applausi e gli slogans che accompagnano l’intervento della delegazione di Ayotzinapa dicono questo: possiamo provarci, a trovare strade comuni perche’, come dovunque, da soli si resiste ma insieme, forse, si puo’ cercare di costruire un’alternativa.
Domani si aprira’ la discussione vera e propria, la comparticion, che si svolgera’ non solo in questa comunita’, stretta dai piani di speculazione dell’urbanizzazione selvaggia della megalopoli di Citta’ del Messico ma anche in un altro luogo simbolo di resistenze: Amalcingo in Morelos. Li’ si combatte contro un mega gasdotto che tra l’altro vede tra le ditte impegnate nei lavori anche una impresa italiana ..
La giornata come sempre in queste occasioni si chiude per intanto con balli e danze, che accompagnano l’ospitalita’ come sempre generosa delle comunita’ indigene.

INTERVENTO DELLA DELEGAZIONE DI AYOTZINAPA

SECONDA CONDIVISIONE ad Amalcingo

Ad Amalcingo alle pendici del vulcano Popocatepetl, che pur essendo inverno grazie al cambio climatico non è innevato, si è svolta la prima compartizione del Festival Mondiale delle Resistenze e Ribellioni contro il Capitalismo, in contemporanea con l’altra sede di san Francisco Xochicuatla.
Ad aprire i lavori l’intervento dell’Assemblea Popolare di Amalcingo e del Frente de Pueblos en defensa dela tierra y el agua Morelos-Puebla-Tlaxcala, che fanno parte del Congresso Nazionale Indigeno.
“Non siamo contro lo sviluppo, basta capire cosa vuol dire. Quello che ci presentano come sviluppo oggi è puro saccheggio” . “La crisi che stiamo vivendo è una crisi economica, ambientale, sociale. Siamo entrati in una nuova epoca, in cui è in corso un attacco distruttivo all’ambiente, alla terra che viene trattata solo come una merce. C’è bisogno di una nuova idea di civilizzazione” continua così l’intervento introduttivo che tocca un punto centrale che attraversa i discorsi di questi giorni. Il tema della sovranità, di chi decide sui territori e sullo “sviluppo”.
“Il patto sociale sancito con la costituzione messicana del secolo scorso si è rotto, non c’è rispetto dei diritti, la forbice sociale è sempre più larga, le condizioni di vita peggiorano e le garanzie sociali spariscono. Di fronte alle politiche complessive di attacco sociale e saccheggio dell’ambiente e delle risorse gestite come necessità dovute alla crisi, noi dobbiamo separarci da questo stato, che non garantisce più i diritti formali, dare vita a nuove forme di sovranità, una sovranità diretta che mentre resiste costruisce il cambiamento. Ma lottare da solo nei nostri territori non è sufficiente per questo dobbiamo trovare la forma per stare insieme “
E’ questo il tema centrale che traspare dagli interventi di queste giornate.
La lunga lista di lotte contro grandi opere, dighe e acquedotti per sfruttare e privatizzare l’acqua, miniere, centrali termoelettriche, gasdotti, agrobusiness, ogm, impianti turistici, espropri di terreni che viene denunciata nell’intervento del Congresso Nazionale Indigeno attraverso 30 specchi, ovvero 30 luoghi in cui popoli indigeni resistono dal Sonora al Chiapas.
Ma il tema moderno e contemporaneo è proprio la comprensione che queste lotte locali, importanti e che non a caso partono da chi guarda alla terra per storia e tradizione come parte della vita e non come una merce, oggi hanno la necessità di collegarsi e connettersi per costruire un’alternativa.
Come, in che forma, su quali terreni comuni è la domanda che sta alla base della convocazione del Festival. Una domanda che peraltro interroga tutti noi.
In questo contesto “todos somos ayotzinapa” è la consapevolezza che il massacro e la sparizione degli studenti della Normal Rural è l’episodio oggi simbolo di una repressione continua che colpisce le realtà di base in Messico. Una repressione fatta di violenza, di morti, di desaparecidos, di arrestati che non a caso nella sua espressione statale si intreccia con i poteri “illegali” per disegnare nuove forme di controllo del territorio. Il narco-stato come sfruttamento e saccheggio per mani delle corporations quotate in borsa o dei circuiti del narco, funzionale ai flussi del mercato unico globale del capitalismo finanziario.
Questo lo scenario che si disegna attraverso i molti interventi delle realtà locali di questa parte del Messico, ognuno con la propria piccola o grande resistenza.

Questa zona è un territorio di lotte di lunga data. Ad Amalcingo dagli anni settanta si lotta, prima per conquistare l’educazione per tutti, oggi per opporsi ai progetti di saccheggio del territorio.
Ad Amalcingo e in tutta questa zona da anni si resiste al progetto integrale Morelos che prevede un gasdotto, un acquedotto, una centrale termoelettrica. Per il gasdotto i lavori protetti dalla polizia sono portati avanti da un impresa italiana la Bonatti oltre alla spagnola Endesa. Proprio poche settimane fa al blocco dei lavori portato avanti dagli abitanti lo stato ha risposto con cariche ed arresti.
Da questa comunità veniva uno degli studenti desaparecidos di Ayotzinapa, José Luís Luna Torres, lo ricorda la sorella in un intervento pieno di dolore in cui rivolge a tutti l’appello a non smettere la mobilitazione, così come avevano fatto i familiari degli studenti desaprecidos intervenuti in apertura dell’incontro.
A pochi chilometri da qui si trova Tepoztlan, un’altra comunità da sempre in lotta e che proprio in questi mesi ha conquistato il blocco della costruzione di una nuova autostrada, che come in molti altri casi, sarebbe stata una nuova ferita inferta all’equilibrio bio-ambientale di questa zona del Morelos, la terra di Emiliano Zapata.
Tanti gli interventi che si susseguono dal palco: dalla zona del Guerrero, da Sonora, da Ostula, dove si difendono i terreni recuperati, da chi lotta per il diritto all’elettricità contro gli stacchi, da chi si organizza in forme di Policia comunitaria, di autodifesa delle proprie comunità e poi via via con tante altre realtà messicane.
Seguono poi alcuni interventi internazionali, tra cui molti di gruppi anarchici, dagli Stati Uniti raccontando le mobilitazioni contro la violenza della polizia , dal Brasile delle mobilitazioni contro i grandi eventi sportivi, dalla Francia, dalla Norvegia, dalle Filippine …
A chiudere gli interventi della Sexta nacional dal resto del Messico.
Intorno all’evento un organizzazione ineccepibile, cooperante di chi in queste comunità lotta tutti i giorni e che ha scelto di aprire le proprie case ed i propri spazi comuni per ospitare i partecipanti al Festival. La radio comunitaria funziona a tutto spiano, trasmettendo la diretta e facendo interviste gestite da giovani compagni che quando dialogano dimostrano una grande capacità d’analisi e di curiosità nel conoscere quel che succede nel resto del mondo.
La sera le attività culturali spaziano dal rap alle musiche tradizionali in una jam fusion per certi versi incredibile .. e poi le porte delle case si aprono per ospitarci a dormire.
Da domani il Festival si sposta nella città monstro, Città del Messico per tre giorni di eventi culturali, prima di ripartire verso il sud, verso il Campeche alle porte della zona turistica della Riviera Maya e poi raggiungere il Chiapas.

CITTA ‘ DEL MESSICO

Nella capitale incontriamo i familiari degli studenti di Ayotzinapa.

Partecipamo alla Marcia #Ayotzinapa somos todo

Visitiamo l’esperienza di autogestione e autonomia di Acapatzingo

TERZA CONDIVISIONE Monclova- Candelaria

Dal centro del paese il Primo Festival Mondiale delle Resistenze e Ribellioni contro il Capitalismo si è spostato nello stato del Campeche, la porta della Riviera Maya.
La piccola comunità di Monclova ha aperto le sue porte, fatte di fiumi e selva all’arrivo dei partecipanti al Festival. Partiti da Città del Messico in sette pulman e numerose macchine abbiamo raggiunto questo altro “specchio” dei molti Messico dal basso.
Lo spazio attrezzato per il dibattito questa volta era sotto gli alberi, all’aperto, vicino al fiume, dove peraltro campeggiava un cartello con scritto “attenti ai coccodrilli” che pare che da queste parti non disdegnino di mangiarsi qualche piccolo animale.
Il caldo tropicale non ha impedito l’arrivo delle piogge che hanno costretto l’assemblea a spostarsi nella seconda giornata sotto il tendone di un improbabile circo che si trovava da quelle parti.
Ma tant’è questo Festival itinerante non ci ha certo risparmiato le sorprese ..
L’inaugurazione di questa terza condivisione si è aperta con l’intervento dei familiari di Ayotzinapa e la relazione del Congresso Nazionale Indigeno, a cui sono seguiti gli interventi dei delegati giunti da tutta la penisola dello Yucatan.
Le storie di resistenza e ribellione pur con contesti diversi si mischiano agli interventi che vengono da altre parti del Messico. La lotta contro le tariffe elettriche, contro i progetti di turismo invasivo, l’imposizione delle sementi transgeniche, lo sfruttamento delle risorse qui hanno nomi diversi che corrono lungo le rotte non conosciute che si sovrappongono ai circuiti turistici patinati.
Sono lotte che parlano lo stesso linguaggio che abbiamo ascoltato a San Francisco Xochimilco e Amalzingo ed anche qui la repressione ha assunto il volto “legale” degli arresti come delle intimidazioni, provocazioni e sparizioni “illegali”.

Dopo gli interventi locali si passa ai contributi nazionali e da più di 4000 chilometri di distanza arrivano gli interventi da Sonora, dal Popolo Yaqui che denuncia l’arresto dei propri portavoce, dalla metropoli di Monterrey. A parlare dalla città simbolo del Messico “moderno” e finanziario, Monterrey appunto, sono giovani studenti universitari che raccontano la difficoltà ma anche la decisione di rompere il silenzio sul narco-stato con la vicenda di Ayotzinapa e di scendere in piazza, proprio in uno dei territori, come peraltro tutto il nord del paese, che è terreno della violenza dei carteles. Alla loro voce dal nord si aggiunge quella di chi a Tijuana organizza la difesa di chi lavora nelle maquilladoras, ancora presenti, nonostante il grosso della produzione si sia spostato nei paesi asiatici.

La violenza della frontiera con gli Stati Uniti riecheggia dagli interventi di chi vive al nord fino a chi, a pochi chilometri dal Campeche, nello stato del Tabasco gestisce una Casa di accoglienza per i migranti centroamericani. Arrivano in migliaia per intraprendere il viaggio verso il nord, sono vessati ed a volte rapiti o assassinati da chi gestisce, sempre le bande narcos, anche questo lucroso traffico di esseri umani.

Parlano poi le delegazioni internazionali e dall’Italia oltre ad altri interventi, come quello di un compagno della Rete Attitudine No-Expo, che ha riportanoi l’attenzione sulla similarità tra le grandi opere ed i grandi eventi e raccontato i percorsi che si stanno costruendo in vista di Expo 2015, uno che ha portato il saluto della lotta No Tav, i compagni del Nodo Solidale, un’esponente del Comitato Madri per Roma Città Aperta, interveniamo anche come delegazione.

Ecco il testo del nostro piccolo contributo in questo Festival in cui si specchia il Messico dal basso, che cerca, tra mille difficoltà e differenze un cammino comune.

“Siamo l’Associazione Ya Basta – Padova. Siamo qui insieme in una delegazione con centri sociali come La Strada di Roma, Zero81 di Napoli, Labas e TPO di Bologna, Intifada di Empoli e comitati come quello di quartiere di Napoli centro.
Per prima cosa vogliamo ringraziare l’EZLN e il Cni per l’organizzazione del Festival e le comunità di San Francisco Xochimilco, Amalcingo ed ora Monclova per l’ospitalità.
Veniamo da spazi che abbiamo occupato e trasformato in luoghi di lotta, di organizzazionee di vita, sperimentando nelle città forme di autogestione e di un far politica che è anche la costruzione di altre relazioni sociali.
Portiamo il saluto di compagne e compagni che lottano dal basso in difesa dei beni, comuni, contro le grandi opere, per un’educazione che sia un diritto e non un privilegio, contro la precarietà che significa mancanza di diritti.
Quello che facciamo è lottare dal basso, fuori dai partiti politici, con manifestazioni, presidi, occupazioni di casa, blocchi dei luoghi dello sfruttamento.
Disobbediamo a quello che è legale per chi è in alto, per costruire i diritti di chi è in basso.
Siamo qui non solo in solidarietà con altri, ma, come si è detto, spesso in questi giorni, per condividere, che significa lasciare una parte dei noi per costruire qualcosa di più ampio, grande tutti insieme.
Perchè non importa dive viviamo, in città o nelle campagne, il nemico che abbiamo oggi, in questa epoca che in molti sentiamo come di grandi cambiamenti, è il mercato unico del capitalismo finanziario, in cui il denaro produce denaro, in cui si collocano gli interessi di sfruttamento di vecchi e nuovi poteri, di poteri “legali ed illegali”, locali e trasnazionali.
Il tempo di questo capitalismo finanziario globale è marcato dallo sfruttamento selvaggio, dal saccheggio di territori e vite.
Le nuove forme delle guerre si accompagnano al tentativo di ridefinire il controllo sui territori ed i nostri destini.
Questo succede in Messico con il narco-stato, succede nel nostro Euromediterraneo con la violenza delle frontiere che lasciano migliaia di morti nel mare, succede con il tentativo di ridefinire tutto il Medioriente, in cui i nostri compagni curdi lottano contro i nuovi poteri reazionari come l’Isis o i vecchi poteri come la Turchia.
Viviamo in tempi duri, nei quali c’è bisogno di un cambiamento radicale, un’alternativa sociale che possiamo costruire solo insieme a tanti e differenti.
Non è facile.
Per questo siamo qui, per condividere, e tornare nei nostri luoghi più forti per i prossimi momenti di lotta in Italia come in Europa con le giornate del 18 marzo a Francoforte con le mobilitazioni contro il potere finanziario delle banche.
Ci impegniamo a sostenere le richieste delle madri, dei padri e degli studenti di Ayotzinapa perchè in nessun luogo del mondo si può accettare la violenza barbara del potere.
Faremo tutto quel che possiamo perchè si ascolti la voce di Ayotzinapa in Italia e in Europa.
Perchè “no estan solos” e noi non saremo soli se stiamo con voi.
Grazie”

CAPODANNO A OVENTIC

E’ accolta nel tardo pomeriggio nel Caracol di Oventic tra due file di zapatisti, la delegazione dei familiari di Ayotzinapa al Primo Festival Mondiale delle Resistenze e Ribellioni contro il Capitalismo.
Hanno inizio così i festeggiamenti che portano nel ventunesimo anno dell’apparizione dell’EZLN e nel trentunesimo anno dell’inizio della sua storia.
Più di un quarto di secolo e come dice nella notte il Subcomandante Moises, annunciando una prossima riflessione sul “mondo piccolo e il mondo grande”“saranno parole e pensieri difficili perche sono semplici, Perchè vediamo chiaramente che il mondo non è quello di 100 anni fa, e neanche quello di 20 anno fa”.

I festeggiamenti del Capodanno sono dedicati al Festival, che ha visto al centro delle attività delle tre “comparticion” svolte a San Francisco Xochicuatla, Amalcingo e Monclova, la delegazione dei familiari e studenti Ayotzinapa.
Saranno proprio loro ad iniziare l’atto politico che accompagna lo scoccare della mezzanotte. Le parole di Berta Nava Martínez, madre de Julio César Ramírez Nava e quelle di Mario César González Contreras, padre de César Manuel González Hernández sono brevi e cariche di sentimento. Tutte e due ringraziano l’EZLN per averli appoggiati e per la possibilità attraverso il Festival di conoscere molte altre realtà che hanno fatto propria la lotta per la verità e la giustizia sulla vicenda dei 43 studenti aggrediti ad Iguala.

Da quel 26 settembre con l’aggressione agli studenti della Normal Rural di Ayotzinapa la determinazione dei familiari nel affermare “vivos se lo llevaros, vivos los queremos” (li hanno presi vivi e vivi li vogliamo), la volontà, comprensibile e determinata, di riavere i figli vivi, la denuncia che “el gobierno los tiene” (li ha il governo), la speranza che ha smontato una per una le contraddittorie e balbettanti versioni ufficiali, la denuncia delle responsabilità del narco-stato hanno creato uno spazio-tempo aperto, dando vita ad una movimentazione inedita per lo scenario messicano.
E’ come se la desaparicion dei 43 studenti, l’incertezza sul loro destino accompagnata invece dalla certezza delle responsabilità, da monito di paura e rassegnazione si sia trasformata nella goccia che ha fatto trabozzare il vaso.
Dal nord al sud del paese quel “vivos los queremos” (li vogliamo vivi) ha raccolto e reso esplicito quel che prima covava dietro la paura e la rassegnazione: l’insopportabilità della dimensione del narco-stato. Di quell’insieme, a volte per noi che viviamo dall’altra parte del globo incomprensibile, di corruzione, violenza, saccheggio, sfruttamento che nell’ultimo decennio ha caratterizzato la vita sociale e politica del Messico.
Diversi compagni che abbiamo incontrato in questi giorni dicono che, con le dovute differenze, era dal 1994 con la mobilitazione seguita al levantamiento degli zapatisti che non si vedeva qualcosa di simile nel paese. Che la qualità della protesta, la sua quantità con le iniziative di ogni tipo veramente in tutto il paese è diversa dal solito. C’è una grande partecipazione dei giovani, di cittadini non racchiudibili in organizzazioni, reti, comitati, peraltro tutti ben presenti. C’è una sfiducia totale nelle istituzioni formali e nei partiti, accompagnata da una denuncia chiarissima delle responsabilità del narco stato, racchiuse nel #fueraPena, che ha attraversato i cortei e le iniziative.
Dove tutto questo possa portare nessuno lo sa ma di certo questi tre mesi il Messico è stato “in movimento”.
Con tutto quello che questo significa anche da un punto di vista dei poteri dall’alto che sostenendo la teoria delle “mele marce” (fatta propria da tutti i partiti) arriverebbero perfino a “scaricare” il Presidente Pena Nieto, in vistoso calo di popolarità.
C’e’ chi ci dice che la grande attenzione nei media mainstream su Ayotzinapa sia stata pilotata anche per presentare sempre più necessaria l’applicazione delle riforme strutturali, compresa quella sulla sicurezza, che stanno modificando, in nome della crisi, l’intera società, dalla privatizzazione della PEMEX, la società petrolifera nazionale e delle risorse alla ristrutturazione del sistema educativo, al mercato del lavoro.
Dal basso #todosomosAyotzinapa (tutti siamo Ayotzinapa), si muove attorno alla caparbia resistenza dei familiari, che provengono dalla realtà ad alta storia di conflittualità radicale del Guerrero.

E’ questa “centralità” di cui non bisogna “approfittare”, in senso negativo, ma invece sostenere e condividere, il centro del lungo intervento nella notte ad Oventica del Subcomandante Insurgente Moises, dopo il discorso del Congresso Nazionale Indigeno, che ha ricordato l’attualità delle lotte indigene e denunciato la repressione che cerca di fermarle.

Nella notte di Oventic, prima dell’inno zapatista e dei fuochi d’artificio che hanno riaperto le danze fino al mattino, a nome del Comité Clandestino Revolucionario Indígena-Comandancia General del Ejército Zapatista de Liberación Nacional il Subcomandante Insurgente Moises ha concluso dicendo:
“Non c’è un solo cammino
Non c’è un passo unico
Non ha un unico modo chi cammina e lotta
Non è uno il caminante.
Sono diversi i tempi ed i luoghi e i molti colori che brillano in basso a sinistra nella terra che soffre
Però il destino è lo stesso: la libertad. La Libertad. LA LIBERTAD”

Dal 2 gennaio il festival si spostera al Cideci a San Cristoba per le conclusioni.

San Cristobal Chiusura del Festival

Si è chiuso dopo due giornate di dibattito, il Primo festival Mondiale delle resistenze e ribellioni contro il capitalismo. Ad ospitare la chiusura dei lavori il Cideci, Università della Terra, un’esperienza inedita di formazione per giovani indigeni e di approfondimento teorico, che si trova alla periferia di San Cristobal.

Le due giornate iniziano nell’auditorio gremito ancora una volta con i parenti e gli studenti di Ayotzinapa. A parlare per prima Berta Nava, madre di Julio César Ramírez Nava, assassinato il 26 settembre ad Iguala che racconta il dolore dell’identificazione del figlio e conclude ringraziando l’EZLN per aver voluto cedere a loro il posto centrale nel Festival, Mario Cruz, zio di Benjamín Ascencio Cruz, desaparecido, denuncia come il governo cerchi di adossare la responsabilità alla “delinquenza organizzata” ma aggiunge “noi diciamo che è il governo la delinquenza organizzata”. Parlano poi Bernabé Abraján, padre di Adán Abraján de la Cruz e Óscar García Hernández, fratello di Abel García Hernández che chiedono giustizia per le tante Iguala che ci sono in tutto il Messico.

Arriva all’improvviso un’intervento telefonico. E’ Mario Luna dal carcere di Sonora. Il portavoce del popolo Yaqui è in carcere da settembre insieme ad un suo compagno. La loro colpa: lottare in difesa del territorio e dell’acqua contro i progetti di privatizzazione elle risorse idriche nel nord del paese. Sono uno dei tanti casi, denunciati in questi giorni dalle organizzazioni dei diritti umani, in cui attivisti politici e sociali vengono arrestati sulla base di accuse false e pretestuose. Dal penale di Sonora Mario saluta l’EZLN e il CNI e fa un appello a continuare la lotta. Non sarà questo l’unico intervento dal carcere, infatti anche i detenuti de la Vox de l’Amate interverrano telefonicamente il giorno dopo.

A chiudere gli interventi di Ayotzinapa sono Lambertino Cruz e Omar García, studente della Normal Rural.
Da quel momento inizia la lunga lettura dei riassunti degli interventi che si sono svolti nelle tre tappe precedenti.
Poi si apre la discussione che dura con un fiume di interventi anche il giorno dopo. Come spesso succede in queste occasioni si mischiano interventi di realtà collettive, quelle indigene del CNI e delle urbane della Sexta, con interventi di singoli. Molti interventi sono dedicati alla proposta di boicottare le elezioni locali del 2015 di fronte all’impresentabilità trasversale dei partiti messicani, altri descrivono lotte e mobilitazioni, parlano anche alcuni internazionali. A tutti viene lasciata la parola. Il che trasformerà la relazione di riassunto degli interventi per certi versi in una babele di temi.

La parte conclusiva si apre con un intervento del CNI che riafferma a nome anche dell’EZLN, come ci sarà scritto anche nel testo conclusivo degli organizzatori del Festival che viene letto alla fine tra applausi e slogans, che resterà deluso chi si aspettava un programma su come fare la rivoluzione “domani”. Il senso del Festival è aprire una possibilità nella lunga e difficile strada della condivisione intesa non come un calendario di date ed un percorso precostituito ma come un attitudine, un camminare ricostruendo e tessendo in forma autonoma quel che il capitalismo distrugge.
“Bisogna organizzarsi nei propri territori” sottolinea in portavoce indigeno, “noi come popoli indigeni lo stiamo facendo anche attraverso il CNI che però non è un’organizzazione ma uno spazio di condivisione che non detta le scadenze ma indica delle prospettive comuni”, e continua “noi ci proviamo, e ci pare che tanta strada vada ancora fatta in questo cammino dalla Sexta Nacional”,riferendosi alle realtà non indigene. Il Festival è stata una prima occasione.

Per i popoli indigeni la strada dell’organizzazione affonda le radici in una storia ed identità comune, su cui oggi si basa la lotta e la ricerca di autonomia, come abbiamo potuto ascoltare nel Festival e come l’esperienza dell’EZLN dimostra in Chiapas continuando un inedito esperimento di autogoverno, pur tra mille difficoltà.
E’ la stessa matrice, una radice comune, quella di essere curdi, che dall’altra parte del globo porta attraverso l’elaborazione innovativa del PKK, la sua organizzazione a ragionare di un autonomia che parla di un futuro diverso per la Siria, la Turchia e non solo.
Ma dove manca una radice comune, un’identità d’appartenenza, come si costruisce una pratica comune? E’ questa la questione che resta aperta in questo Festival, come per tutti noi, per chi lotta nelle realtà urbane.
Come. per quanto riguarda il Messico, tornando al Festival, si può intrecciare lotte e realtà tra loro molto diverse? Ovviamente non c’è una risposta, data e precostituita, si tratta di “caminar con passo pequeno ma firme” …

La babele degli interventi messicani al Festival indica che di strada da fare ce n’è tanta, che CNI e l’EZLN la loro strada la stanno facendo e hanno messo a disposizione uno spazio, il Festival, per aprire la discussione. Al centro di queste giornate hanno voluto mettere i familiari di Ayotzinapa, la loro richiesta di “justicia y presentación con vida” degli studenti perchè “dal dolore può nascere una rabbia degna” e si possono forse aprire cammini collettivi.

Abbiamo avuto modo di comprendere, durante la nostra presenza in Messico, quante realtà diverse esistano nel paese. Ovviamente non tutte hanno partecipato al Festival, che peraltro ha visto la partecipazione non scontata di situazioni collettivi come ad esempio dal Guerrero e non solo, che non appartengono alla Sexta, ovvero non aderiscono alla proposta uscita dall’EZLN nel 2005.
Ad esempio proprio nella giornata in cui chiude il Festival a San Cristobal, in Guerrero si svolge l’Asamblea Nacional Popular presso la Normal di Ayotzinapa, che raggruppa realtà diverse da quelle presenti al Festival, in cui vengono lanciate le prossime date di mobilitazione. Tutto questo mentre nella zona continuano ad essere occuoati diversi municipi e non si fermano le iniziative.

Intanto il Presidente Pena Nieto si trova in America ed incontra Obama. Il massacro di Tlatlaya, 22 giovani uccisi a sangue freddo dall’esercito con la falsa giustificazione, ben presto caduta, che “erano delinquenti” morti in un “conflitto a fuoco” e quello di Iguala, con la desaparicion dei 43 studenti, risuonano anche nele sale ovattate del meeting. Le parole formali celano a mala pena l’imbarazzo ufficiale per quel che sta succedendo in Messico e il discorso sulla “sicurezza nel paese e la cooperazione in materia di lotta alla delinquenza”, viene subito messo in secondo piano per parlare di politiche d’immigraziane, elogiando da parte di Pena Nieto le scelte interne di Obama in materia di ricongiungimenti familiari per i migranti messicani che abbiano determinati requisiti e i cambiamenti negli scenari centroamericani con le scelte del governo americano verso Cuba.
A far risuonare quel che sta succedendo in Messico ci pensano i manifestanti che fanno sentire i propri slogans in manifestazioni e sit-in, parte della comunità messicana e le organizzazioni dei diritti umani, come Human Rights Wtachs, i sindacati che nei giorni precedenti e durante la visita continuano a tempestare la Casa Bianca con la denuncia di quel che sta succedendo in Messico e di cui Tlatlaya e Ayotzinapa sono solo le ultime drammatiche vicende.

VERSO LA REALIDAD E LA GARRUCHA

La nostra Carovana si conclude raggiungendo il Caracol de La Realidad e de La Garrucha.
Il viaggio nella Selva oggi è più spedito, la strada asfaltata arriva fino a Guadalupe Tepeyac, inoltrandosi nella vallata in cui ogni luogo è costellato dalle storie di resistenza degli zapatisti.
Nelle vicinanze della Comunità 24 dicembre che ha resistito alle provocazioni dell’esercito oggi c’è una posto di salute autonoma e una tienda comunitaria, passiamo poi per El Chayavez, comunità che abbiamo conosciuto durante i progetti che abbiamo appoggiato per garantire l’acqua potabile nella zona. Poi San Josè del Rio con la prima clinica autonoma dell’intera zona ed ancora Guadalupe Tepeyac, la comunità invasa dall’esercito nel 1995 e ricostruita a partire dal 2001.
Arriviamo a La Realidad,la sede del Caracol, luogo dell’attacco dei paramilitari della CIOAC-H (Central Independiente de Obreros Agrícolas y Campesinos-Histórica) lo scorso maggio costato la vita a Galeano, compagno, zapatista.
Un’episodio che ha messo in luce la violenza con cui, attraverso il supporto a determinate organizzazioni si cerca costantemente di provocare ed attaccare l’autonomia e l’autogoverno zapatista.
Aggressioni e provocazioni che vanno di pari in passo con i progetti finanziati dal governo che mirano a comperare famiglie e comunità per allontanarle dalla partecipazione all’organizzazione zapatiste.
Soldi facili, erogati come programmi “di sostegno” per la costruzione della casa, l’acquisto del bestiame, il supporto alla famiglia.

I compenti della Giunta de La Realidad, appena insediati, ci accolgono nel Caracol, che è stato teatro delle mobilitazioni seguite all’omicidio di Galeano.
La risposta a questa inaccettabile provocazione è stata la mobilitazione di massa, la ricostruzione della Clinica e della Scuola distrutta nell’attacco di maggio.
La Realidad è certo diversa da quella che in molti hanno conosciuto in questi anni, l’accampamento “storico” degli internazionali oggi non c’è più, al suo posto nelle immediate vicinaze del Caracol sorge il Campamento Civil de Paz en La Realidad, coordinado por el Centro de Derechos Humanos FRAYBA. Nella comunità si respira la tensione degli ultimi mesi. Ma se le cose sono cambiate, non è cambiata la determinazione che troviamo nell’incontro con la Giunta del Buongoverno.
Ci dicono che la situazione nel villaggio si è un pò calmata, ma che continuano i tentativi del Governo, tra progetti e provocazioni, di attaccare l’autonomia.
Ci raccontano di come intendono continuare il percorso di autonomia tramite i progetti di giustizia, produzione, educazione e salute. Di come stanno gestendo le attività produttive nelle terre recuperate, da tempo sotto attacco con la politica del governo federale, statale e locale attraverso la concessione di titoli di proprietà, proprio delle terre liberate dal latifondo nel 1994, ad altri indigeni per scatenare il conflitto tra zapatisti ed altri indigeni.

Quando chiediamo come possiamo appoggiare concretamente il progetto di autonomia ci fanno sapere che la Clinica di San Josè, dove da tempo si svolgono operazioni chirurgiche, ha un problema: l’impianto di anestesia si è rotto e va sostituito. Al più presto ci dicono ci faranno sapere i preventivi per sostenere l’acquisto di un nuovo impianto, che speriamo con tant@ di poter appoggiare come progetto di sostegno materiale all’autonomia, che vede nella salute uno dei cardini fondamentali.
Per farci capire le pressioni che si tenta di fare nell’intera vallata ci dicono come l’esercito dalla base di San Quintin muova spesso convogli militari per la strada con lo scopo di intimidire.
“E’ la guerra del malgoverno, ma noi continuiamo a lavorare per l’autonomia, insieme alle comunità, ai Municipi autonomi”.

Dalla Realidad ci spostiamo alla Garrucha. Lungo il viaggio le casette bianche, tutte uguali, due stanze di cemento con un tetto, segnalano anche qui l’arrivo dei fondi governativi. La Giunta che ci riceve nel Caracol anche in questo caso ci racconta di come sia costante il tentativo di provocare e mettere i bastoni tra le ruote all’autonomia.
L’esperienza zapatista è una realtà che resiste nella nuova situazione attuale, che sperimenta tra contraddizioni e difficoltà l’autogestione del presente, che vede il protagonismo di tant@ nel continuare a sognare il cambiameno. Non è un modello ma un percorso comune, concreto, basato sulla condivisione dell’appartenenza indigena per la costruzione di un presente diverso.

RITORNO A SAN CRISTOBAL

Quando torniamo a San Cristobal le notizie che giungono confermano il clima di repressione nel paese.
Continuano le aggressioni contro la comunità indigena di San Sebastián Bachajón, che stanno lottando in difesa delle loro terre all’entrata delle Cascate di Agua Azul.
Il CNI denuncia che i delegati che hanno partecipato al Festival nel viaggio di ritorno sono stati provocati.
Ad Iguala i familiari dei 43 studenti di Ayotzinapa sono statti attaccati mentre stavano realizzando un’iniziativa di fronte al tristemente famoso Cuartel Militar del 27° Batallón de Infantería a Iguala in Guerrero). Lacrimogeni e pestaggi sono stati la risposta alla richiesta di aprire i cancelli delle Caserme per vedere cosa c’è all’interno come risposta ai tentativi di omettere il ruolo dell’Esercito nell’aggressione agli studenti di Ayotzinapa.
Questa la realtà del narco-stato messicano a cui in tant@ che abbiamo conosciuto durante il Festival stanno resistendo in un percorso non certo facile.

Materiali originali disponibili presso:

Caminantes – Centro Studi e Documentazione sul Messico e l’America Latina

Napoli – Largo Banchi Nuovi NAPOLI Mail: csdm-caminantes@yabasta.it


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