Incontro con i famigliari degli studenti di Ayotzinapa

Incontriamo il 24 dicembre 2014 alla Cafeteria Ramona a Città del Messico la delegazione di Ayotzinapa che sta partecipando al Primo Festival Mondiale delle Resistenze e Ribellioni contro il Capitalismo, promosso dall’EZLN e dal CNI.
Sono i familiari e i compagni dei 43 studenti desaparecidos a Iguala durante l’agguato costato la vita ad altri tre giovani.
Da quel 26 settembre la forza della loro mobilitazione per chiedere la “presentacion con vida” dei giovani studenti della Scuola Normale Rurale ha rotto la paura e il silenzio attorno alle violenze del narco-stato messicano.
Nell’incontro c’è dolore, rabbia, determinazione. Parlano tutt@, uniti da questa tragedia successa in una giornata che per gli studenti doveva essere una semplice giornata di iniziativa per raccogliere fondi, ricordando un altro massacro di studenti, lontano nel tempo, quello di Tlatelolco del 1968.
Vogliamo proporvi integralmente le voci della delegazione, i loro racconti perchè ognuno possa ascoltare direttamente quel che ci hanno detto.

Padre di Adan Abrajan de la Cruz
Siamo i familiari dei 43 studenti scomparsi e stiamo lottando per ritrovarli. Dal 26 di settembre abbiamo fatto di tutto. Abbiamo incontrato anche il presidente della Repubblica che dice di non sapere, che non ci ha dato informazioni. Noi oggi sappiamo che è il governo che ha i nostri figli, perché sono stati i poliziotti di Iguala a portarli via.
Vogliamo giustizia per i nostri figli e la chiediamo non solo noi ma l’intero popolo messicano, che sa quello che è successo ad Iguala. Tanti lottano con noi e ci appoggiano, come gli zapatisti che difendono la loro terra.
Credo che solo così, insieme, possiamo lottare contro questo malgoverno corrotto, che al posto di proteggerci vuole distruggere noi contadini, che coltiviamo la terra ed il mais e viviamo di questo. Questo è l’unico delitto che stiamo commettendo.

Omar Garcia – studente della Normale – sopravvissuto al 26 di settembre
Per iniziare vorrei contestualizzare la storia delle Scuole Rurali. La nostra rurale è nata il 12 marzo 1926. Sono passati 90 anni dalla sua creazione. A quel tempo nel paese c’erano più di 30 Scuole Normali Rurali, come frutto di un progetto rivoluzionario per alfabetizzare tutta la nazione. Dopo la Rivoluzione molti erano analfabeti, soprattutto i contadini. Nel 1921 è stata creata la Segreteria Nazionale di Educazione Pubblica. L’allora segretario Gonzelo iniziò un grande progetto nell’area dell’educazione. Per prima cosa furono create le missioni culturali: ragazzi e ragazze che sapevano leggere e scrivere furono mandati nelle comunità rurali per alfabetizzare la popolazione. Questa era infatti la necessità più urgente. Dopo iniziarono a sorgere le istituzioni scolastiche in quanto tali. La nostra scuola è nata proprio in questo contesto: dare un’educazione alla gente di campagna. Dare ai contadini un ruolo di partecipazione nel processo rivoluzionario. Chi ha appoggiano maggiormente questo progetto è stato Lázaro Cárdenas del Río che ha governato dal 1934 al 1940. Lázaro Cárdenas, oltre a realizzare l’espropriazione petrolifera nel 1938 e la riforma agraria, ha anche modificato l’articolo terzo costituzionale riferito all’educazione. Nell’articolo del 1917 c’era scritto che l’educazione doveva essere laica, gratuita e obbligatoria, Lázaro Cárdenas aggiunse che oltre a tutto questo l’educazione doveva essere anche socialista. E’ iniziato così un processo di promozione dell’autogoverno nelle scuole rurali ed in tutte le altre. Autogoverno significava che gli alunni, della primaria o secondaria o del livello superiore, avevano il diritto di prendere le decisioni interne alle scuole. Allora sono nati i Consigli o Comitati Esecutivi che continuano anche oggi. Noi siamo parte del Comitato Esecutivo, la società degli alunni con pieno diritto nel prendere decisioni sulla gestione e il resto della vita scolastica. Manuel Ávila Camacho dal 1940 al 1946 riformò nuovamente l’artico terzo e tolse la definizione di socialista.
Da allora è iniziata una tendenza, un escalation sempre più forte contro il Normalismo Rural, l’educazione pubblica nel paese, che si è acutizzata ancora di più a partire dal 1982 con la fase neoliberale.
Nonostante questo le Scuole Normali Rurali hanno continuato ad esistere, come all’origine, in stretta relazione con le comunità rurali. Sono scuole che hanno terre che coltivano, che propongono corsi di educazione diversi da quelli del sistema nazionale. Normalmente le scuole hanno più a che fare con una concezione dell’educazione per competenza, le nostre invece sono basate di più su un concetto di cooperazione.
Nonostante dipendiamo in parte dal governo, continuiamo a prendere le nostre decisioni.
Questo è il contesto delle Scuole Rurali Normali ed è per questo che sono state attaccate così tanto in questi anni.
Nel 1968, avviene il massacro di Tlatelolco a Città del Messico (Ndt durante i Giochi Olimpici decine di studenti che protestavano vengono uccisi).
Nel 1969 vengono chiuse più della metà delle Scuole Rurali ed inizia tutta un escalation contro il normalismo. Ci accusano di essere guerriglieri, un covo di comunisti. Questo avviene nel contesto della lotta anticomunista di quei tempi. Ma ancora oggi questa criminalizzazione non si è fermata ed infatti ci accusano di essere seminatori di guerriglieri, delinquenti.
Il 26 di settembre è frutto di questa stigmatizzazione, dell’intolleranza verso altre forme di pensiero.
Crediamo, e non solo lo crediamo, ma c’eravamo il 26 settembre. Io c’ero e ho visto, sono testimone che c’è stata la partecipazione di diversi corpi dello stato. Negli ultimi giorni ci sono state diverse nuove indagini che confermano questo. E’ un crimine di stato, di lesa umanità, che noi non tolleriamo.
Da tre mesi siamo in lotta per ritrovare i nostri compagni, per la presentacion con vida.
Lo stato messicano ha molto a che vedere con tutto questo, non vuole pagarne il costo politico. Noi crediamo che deve assumersi le sue responsabilità e se non lo fa, come hanno detto i padri di famiglia, che se ne vada. “Se Pena Nieto non può assumersi le sue responsabilità si dimetta”. Vogliamo costruire un nuovo paese per questo siamo qui ora ed abbiamo accettato l’invito dell’EZLN e del CNI

Padre di Cesar Manuel Gonzales Hernandez
Buongiorno, sono uno dei padri dei 43 studenti scomparsi.
E’ molto doloroso avere un figlio scomparso.
E’ impressionante la realtà che stiamo vivendo.
Proprio in queste ore è arrivata la notizia che hanno sospeso le ricerche dei nostri figli in occasione di questi giorni di vacanza (NdT Le ricerche sono state sospese fino al 5 gennaio). Per noi non ci saranno giorni di vacanza fino a quando non ritroveremo i nostri figli. Non ci importano le conseguenze che questo comporta, siamo pronti a dare la vita. Vogliamo riavere quella parte di noi stessi che oggi ci manca.
Chiediamo a tutti voi, compagni di altri paesi, di pretendere dal governo messicano che faccia tutta la chiarezza necessaria sulla sorte dei 43 studenti.
Non solo. Non ci sono solo i 43, ci sono più 330 fosse comuni con migliaia di corpi massacrati, bruciati. Anche questi corpi hanno dei nomi, hanno delle famiglie che li stanno aspettando a casa.
Chiediamo l’appoggio internazionale. Bisogna fare pressione sul governo messicano perché dica la verità sui nostri figli e su tutte queste morti. Voi avete la possibilità di fare pressione e vi chiediamo di non abbandonarci in questi momenti.

Omar Garcia – studente della Normale – sopravvissuto al 26 di settembre
Tutti insieme i familiari e gli studenti lottano ormai da tre mesi. La società messicana si è sollevata insieme a noi, insieme alla comunità internazionale, soprattutto dal basso più che i governi. E’ proprio a tutte queste realtà che noi ci rivolgiamo perché crediamo più in loro che nei governi.
La situazione è dura. E’ una lotta molto diversa da quelle viste finora.
Abbiamo visto la gente lottare in difesa della terra, dell’acqua, delle risorse naturali, per il lavoro, per una migliore educazione, contro le tasse scolastiche.
Abbiamo visto tutte queste lotte e le conosciamo, però non avevamo mai visto una lotta come questa. Una lotta, una problematica nazionale, una crisi nazionale di sicurezza, giustizia, impunità, corruzione a tutti i livelli, collusione di interessi tra il narcotraffico e le autorità. Nelle investigazioni si dice che 7 esponenti politici messicani su 10 devono la loro carriera al crimine organizzato o ad alcuni impresari molto influenti nel paese. E’ molto difficile vivere in queste condizioni. Il problema è che noi poveri, la gente in basso siamo quelli che pagano in termini anche di morti.
Tutto questo ha risvegliato la coscienza nazionale e dopo tre mesi la solidarietà continua. Hanno cercato in ogni modo, attraverso i mass media, di criminalizzare la nostra lotta, la nostra protesta.
Le leggi qui in Messico si applicano in maniera molto diversa. Josè Luis Abarca, l’ex sindaco di Iguala e sua moglie Maria de Los Angel continuano ad essere sottoposti a misure cautelari mentre quelli che osano protestare vengono mandati nei carceri di massima sicurezza in poche ore, senza indagini preventive e accusandoli dei più gravi delitti.
Siamo in una situazione dalla quale crediamo che non si può tornare indietro, non si può dare credibilità, se mai l’hanno avuta, alle istituzione dello stato messicano.
Il 26 di settembre ci ha cambiato tutti. Il 26 di settembre significa un punto di non ritorno nel paese.
Non è il 1968, adesso l’informazione è alla portata di tutti. E’ più chiara ed evidente la partecipazione nei fatti successi il 26 e 27 settembre. Non possiamo far passare queste cose.
Ci dicono che il prossimo anno ci saranno le elezioni. Noi non siamo d’accordo con elezioni che non risolvano il problema. Non vogliamo misure superficiali, come quelle che ha annunciato Pena Nieto nei suoi 10 punti. Non le vogliamo perché non ci aiutano per niente, al contrario blindano ancor di più lo stato che in maggioranza è corrotto. Questo è quello che noi non vogliamo.
Per noi il PRI significa lo stesso di “Guerreros Unidos” , PRD significa lo stesso di “Los Rojos, PAN lo stesso di “Caballeros Templares” o di “Los Zetas” o di “Cartel del Golfo”. Per noi tutti questi sono sinonimi. Non vogliamo, né la popolazione deve, votare per i “Caballeros Templares” o “Los Zetas” “Los Rojos” o “Guerreros Unidos”. Come dicevo prima sono sinonimi e sono esattamente la stessa cosa.
Siamo cresciuti in un clima di questo tipo, in un contesto come questo e sappiamo come si muove il governo in relazione a tutti questi gruppi e d’altro lato sappiamo come tratta noi. Se queste famiglie non avessero avuto l’appoggio delle organizzazioni sociali e della gente a livello nazionale e internazionale avrebbero cercato di farle tacere con pochi pesos, di costringerle a rassegnarsi e a stare zitti.
Ma non è andata così. La gente sta con loro, sta con noi.
Non dobbiamo fermarci solo alla richiesta della “presentacion con vida” dei 43 nostri compagni, dobbiamo andare molto più in là. Dobbiamo cambiare in profondità questa situazione. Il governo non può e non vuole farlo. Per non continuare in questa situazione di crisi di sicurezza e di tutte le cose che non vanno, dobbiamo affrontare i problemi con le nostre mani. I referenti già ci sono ed uno di loro sono gli zapatisti.

Padre di Adan Abrajan de la Cruz
Voglio chiedere all’ONU, alle organizzazioni dei diritti umani internazionali che ci appoggino, che esigano dal nostro governo il fatto che vengano ritrovati i nostri figli.
Chiediamo l’appoggio a voi, dall’Argentina all’Italia, alla Spagna, perché facciate iniziative e manifestazioni nei confronti dei vostri governi perché pretendano la verità dal nostro governo su quello che sta succedendo in Messico. Siamo stanchi di cercare i nostri figli e sappiamo che li hanno loro e con il vostro appoggio possiamo ritrovarli.


Padre di Cesar Manuel Gonzales Hernandez

Il nostro governo ha paura delle Scuole Rurali perché gli studenti che lì vi si formano sono capaci di dare informazioni, di ragionare. Se voi sentite parlare un politico, uno studente delle Scuole Normali è in grado di farlo tacere. Vogliono far tacere i nostri ragazzi con le pallottole, li vogliono far sparire.
Sfortunatamente per il governo gli sta cadendo tutto lo scenario che aveva cercato di costruire. Le quattro versioni che ci ha raccontato per dimostrare che i nostri figli erano morti si sono dimostrate false: prima hanno detto che erano stati massacrati poi bruciati, poi affogati, poi inceneriti.
Vogliono farla finita con le Scuole Rurali per la qualita degli studenti che vi si formano e per questo abbiamo bisogno di tutti voi, del vostro appoggio perché tutto questo cambi e per ritrovare i nostri figli.


Madre di Cesar Manuel Gonzales Hernandez

Voglio dire una cosa attraverso di voi: ho la certezza, la fede che i nostri figli siano vivi
e che è il governo che li tiene, perche sono stati i poliziotti che li hanno presi.
Faccio un appello a queste persone che hanno i nostri figli, a queste persone che lavorano per il governo e allo stesso governo perche ce li ridiano. Che colpa hanno i nostri figli per tutte le porcherie che vengono fatte?
Non ci fermiamo e continueremo a lottare perche sappiamo che sono vivi.


Madre di Julio Cesar Ramirez Nava, ucciso nell’agguato di Iguala

Per prima cosa vogliamo ringraziare voi che siete qui e e che siete strumenti di comunicazione per arrivare alla gente, al mondo interro che ci ascolta.
Non lasciateci soli, perche abbiamo bisogno adesso più che mai dell’appoggio di tutti.
Pena Nieto, possiamo dirlo, ci ha già minacciato. Se continuiamo le nostre proteste, le nostre marce, ci manda il suo esercito. Lo ha già fatto, ha cercato di fermare il nostro cammino, non ci ha fatto passare (Ndt ci si riferisce ai tentativi di bloccare in diverse occasio ni le mobilitazioni dei familiari). Dovunque andiamo ci sono i granaderos, poliziotti antisommossa, militari che stanno davanti e dietro di noi. Ma noi non abbiamo paura.
Quando c’è stato l’agguato ad Iguala, hanno ucciso mio figlio.
Noi ora andiamo avanti, continuiamo a lottare per tutti i ragazzi.

Fratello di Abel Garcia Hernandez
Mio fratello è uno degli scomparsi. Studiava alla Scuola Rurale, perché lì studiano i contadini. Lui c’è andato perché noi parliamo mitzeco e mio fratello ha voluto andare alla Normal Rural per imparare la nostra lingua e poter insegnare alle comunita più lontane, dove non si parla spagnolo.
Il 26 settembre la polizia ad Iguala ha preso mio fratello insieme agli altri compagni. Sono passati tre mesi e il malgoverno non ha fatto niente per ritrovarli.
Sono passatio tre mesi e non sappiamo niente di loro.
Abbiamo chiesto ai mezzi di comunicazione di non lasciarci soli ed è lo stesso che chiediamo a voi. Aiutateci in questa lotta per ritrovare mio fratelli e gli altri compagni.
Il mio dolore è molto grande. La notte penso a mio fratello, a quello che gli staranno facendo. Molte volte lo sogno. Sogno che torna a casa contento. Non perdiamo la speranza di rivederli. Ogni giorno mi domando dov’è, dove sono i miei amici,
Vogliamo dirvi di non lasciarci solo in questa lotta perchè loro sono tanto giovani e noi con loro abbiamo dei sogni da realizzare.

Omar Garcia – studente della Normale – sopravvissuto al 26 di settembre
La questione del narcotraffico non è nuova in Messico.
La collusione che c’è tra il governo e il narcos non è nuova, solo che adesso è molto evidente. Come vi dicevo noi siamo cresciuti in Guerrero. A qualsiasi famiglia del Guerrero a cui domandiate vi risponderanno dicendo che almeno una volta o molte volte hanno potuto vedere come il governo sia in combutta con il narcos. Noi crediamo che viviamo in un narco- stato perché non vediamo differenza tra l’uno e l’altro. E’ uno stato delinquenziale dove l’uno e l’altro operano insieme. Alla base di tutto questo c’è il saccheggio o meglio l’accumulazione per saccheggio con cui vivono le grandi transnazionali qui in Messico.
Facciamo degli esempi. Ci sono diverse regioni, la Costa Chica, quella della Montana Alta e Bassa del Guerrero, dove sono nate molte Polizie Comunitarie, organizzazioni indigene e contadine che difendono il loro territorio, ed in queste zone hanno cercato di mettere gli uni contro gli altri, di tagliare illegalmente interi boschi
Sono sempre i narcos che tagliano i boschi, creano problemi nelle comunità. Da queste situazioni nascono i conflitti politici. Alla fine chi risulta beneficiato da questa situazione sono le grandi imprese, soprattutto quelle che gestiscono le miniere come quelle canadesi o inglesi e americane.
Noi crediamo cha alla base di tutto ci sia una guerra controinsurgente che si traduce in morti, uccisioni di leader sociali, espropriazioni di terre e sparizioni forzate.
Non siamo gli unici, noi studenti, nel a criticare il sistema. Ci sono molti leader e dirigenti sociali che lottano per la terra e il territorio. C’è una coalizione molto grande nel paese.
Per tornare al tema della collusione tra narcos e istituzioni, anche da dove noi veniamo, dove c’è la nostra scuola, sappiamo che ci sono forti legami tra il presidente municipale e i gruppi narcos. A 35 minuti da dove stiamo noi sono stati scoperti 11 corpi messi nella calce. A noi non ci si inganna. Anche ad Iguala c’è lo stesso problema, continuano ad apparire fosse comuni, ad esserci strutture della delinquenza organizzata, nonostante nei mesi scorsi sia iniziata la presenza della gendarmeria nazionali e di tutte le strutture di polizia.
La gente pensa che basti farla finita con i sicari, che vanno in giro lustrando i loro fucili e spaventando la gente ma invece no. Il problema è di struttura, di lavaggio di denaro, di tratta di donne e uomini, di reti commerciali dove circolano i capitali. E’ una narco economia.
E’ una struttura. Per questo diciamo a Pena Nieto, al principale capo di tutti, che non basta allontanare i poliziotti municipali. Che cosa serve allontanare i poliziotti municipali se poi mettono la polizia federale? La stessa che ci ha colpito il 14 dicembre (Ndt: a Chipalciango gli sudenti sono stati aggrediti durante la preparazione di un evento culturale). Qui ci sono due padri di famiglia che sono stati colpiti dalla polizia federale il 14 dicembre. Non serve a niente allontanare la municipale e poi mettere la federale in tutto lo stato. A noi non serve questo, Noi vogliamo quelli che li comandano, che danno ordini. Sono soldati che ricevono ordini. Possono essere formati o meno, ma sono sempre dei subordinati. Il problema sono le strutture verticali, per questo crediamo che non bastino cambiamenti superficiali. Immaginiamo che non ci sia collusione tra delinquenza organizzata e stato messicano, in ogni caso ci sarebbero molte altre cose che farebbero di noi degli sfruttati.
Noi siamo indignati per la sparizione dei nostri compagni e per ogni più piccola corruzione che c’è nello stato.
E’ scandaloso che chi guadagna 200mila pesos vada in vacanza, lasciando il problema che abbiamo in questo momento che non è una questione solo nostra ma di tutto il paese. Questo ci indigna e ci fa arrabbiare. Siamo stanchi ed incazzati


Padre di Cesar Manuel Gonzales Hernandez

Il 14 dicembre a Chilpancingo mi hanno chiamato di notte dei ragazzi dicendomi “ci stanno attaccando i federali.”
Sono corso e ho trovato il signore che mi sta affianco con cui abbiamo detto “andiamo che stanno picchiando i ragazzi”.
Quando siamo arrivati era pieno di federali, abbiamo chiesto di parlare con il comandante per chiedere perché stavano picchiando i ragazzi, visto che era solo un evento culturale. Volevamo avvicinarci al hotel per parlare con il comandante. In quel momento sono arrivati i poliziotti anti sommossa. Sono entrati nel posto ed hanno iniziato a picchiare i ragazzi. Quando siamo entrati da dietro abbiamo visto che stavano spaccando la faccia sul lato destro ad un ragazzo, quando l’abbiamo tirato su hanno iniziato a colpirci. Siamo scappati verso la montagna e li siamo rimasti fino alle 8 del mattino. Quando siamo tornati il comandante ha voluto parlare con noi e lì ci siamo resi conto dello stato dei poliziotti: ubriachi che non riuscivano neanche a camminare. Lo stesso subcomandante era ubriaco, per questo ho chiesto al comandante di fare un esame ai suoi sottoposti e mi ha risposto che non era tempo di esami. Poi mi hanno colpito di nuovo.

Omar Garcia – studente della Normale – sopravvissuto al 26 di settembre
La questione del narcotraffico non è nuova in Messico.
Il 26 dicembre sono tre mesi dalla sparizione forzata dei nostri compagni. Dobbiamo continuare a fare cose. I padri di famiglia hanno deciso che si tratta di mobilitarsi tutti i giorni non importa che siano giorni di festa.
Abbiamo incontrato nel paese una grande comprensione per la nostra causa.
Ci sono state manifestazioni di solidarietà molto grandi nonostante il passare dei giorni e il fatto che lo stato messicano sia conosciuto per la sua capacità di fiaccare i movimenti. Ma non ci sono riusciti e al contrario il movimento è aumentato. C’è stato un calo in questi giorni di festa ma di certo non è finito. Al contrario questo è un momento di articolazione, di ricerca di nuovi contatti, forme di organizzazione.
Crediamo che inizieremo l’anno nuovo come un anno diverso, dove possiamo essere più organizzati, con più forza, con più determinazione, con risposte su cosa fare e verso dove andare. E’ possibile che la gente comprenda ancora meglio ed anche noi.
La partecipazione al Primo festival Mondiale delle Resistenze e Ribellioni contro il capitalismo ci apre un panorama più ampio, ci da’ prospettive, prospettive di trionfo nel senso di poter fare qualcosa dal basso tra la popolazione.
La gente continuerà ad essere presente. Ogni 26 del mese è un momento simbolico, così come anche il 43 è un simbolo. Non accettiamo, non ammettiamo, non ci rassegniamo a credere che Alexandro Mora Venancio sia stato messo nella calce nella discarica di Cocula come dice la PGR. Si tratta del fatto che hanno trovato un molare ed un pezzettino di osso. Ma che parte di osso è questa? Sappiamo come agiscono loro, i loro metodi di tortura. Hanno fatto cose simili ad altre persone. Chi ci dice che non gli hanno tagliato un dito, strappato un pezzo di corpo.
Ripeto stiamo parlando di un movimento che non è destinato a finire.
Gli antecedenti ci sono a livello nazionale e internazionale. C’è gente che ha lottato 20, 8, 15 anni per la ricerca dei propri figli come le madri e le nonne di Plaza de Mayo, che hanno continuato per 30 anni ha cercare i loro figli. E’ un problema grave a livello di America Latina e anche a livello nazionale.
A quello di cui stiamo parlando va aggiunto il problema della sparizione dei migranti. Ci sono molte cose che non devono più succedere: Il problema è che finora non c’è stata articolazione, ma se riusciamo ad articolarci questo movimento si conquisterà dei passi per obbligare le autorità a presentar con vida i nostri compagni.
Volevo aggiungere cha abbiamo chiesto alla PGR di aprire nuove linee di indagini e non l’ha fatto. Una di queste, che pesa in questi giorni e fin dall’inizio, è la line di investigazione contro l’esercito messicano. Se qualcuno è esperto in sparizioni senza lasciare traccia è l’esercito messicano, dagli anni 60 e 70, dal tempo della guerra sporca per motivi politici. Questo che sta succedendo obbedisce a motivi politici, perché siamo studenti critici nei confronti del sistema e per questo stigmatizzati. Pensiamo che l’esercito abbia molte responsabilità. Eravamo lì e loro lo hanno insinuato chiaramente. Cosa pensereste voi o chiunque se l’esercito dice “dammi il tuo nome reale perché se dici un nome falso non ti troveranno più.” Cosa pensereste dopo quel che è successo. In quel momento non pensavo ad una sparizione forzata. Avevamo visto che la polizia portava via i nostri compagni come era già successo altre volte, pensavamo andassero il giorno dopo in carcere e poi liberati su cauzione. Non pensavamo certo ad una sparizione forzata. Ma nei giorni seguenti abbiamo capito che di questo si trattava e che quelle parole dell’esercito significavano molto. Ora al posto di indagarli, li stanno coprendo ed addirittura li descrivono come qualcuno che ha fatto qualcosa di eroico.
Addirittura si arriva al punto che sono i generali che parlano al posto dei politici. A che punto siamo arrivati? In che stato siamo? Chi è il nemico veramente?

Padre di Miguel Angel Hernandez Martinez
Mio figlio era andato a studiare nella scuola di Ayotizinapa perché noi siamo poveri, siamo contadini. E’ andato a studiare con molta allegria però questo malgoverno il 26 di settembre in Iguala lo ha attaccato.
E’ stato visto mentre veniva portato via sulla camionetta della polizia. Chiediamo che venga fatta giustizia per tutti.


Madre di Julio Cesar Ramirez Nava, ucciso nell’agguato di Iguala

C’è molta gente che dice che noi non chiediamo che vengano incarcerati i responsabili, che vengano giudicati il sindaco e sua moglie. Invece no, noi lo diciamo da sempre. Non capisco perché i mass media non dicono questo. Fanno passare solo le notizie che gli interessano.
Vogliamo che tutto venga alla luce, vogliamo giustizia, che vengano castigati come si deve questi del malgoverno.
Vogliamo giustizia e che si sappia che vogliamo questo, che li si processi come dovrebbe essere. I nostri figli non stavano facendo niente di male, stavano facendo una colletta per il 2 di ottobre e li hanno ammazzati e fatti sparire. E non si dica che il governo non sa. Pena Nieto sa, perché i piedi e le mani non si possono muovere se la testa non dà gli ordini. Lui sa dove sono.

Traduzione a cura di Associazione Ya Basta Padova e Cooperazione Rebelde Napoli


Pubblicato

in

da

Tag: