I familiari degli studenti scomparsi di Ayotzinapa incontrano l’EZLN a Oventic

E’ arrivata il 15 novembre nel Caracol di Oventic una delle carovane dei familiari e degli studenti di Ayotzinapa, dopo la conferenza stampa e gli incontri effettuati a San Cristobal.
Ad accoglierli una delegazione dell’EZLN.


Il Benvenuto è affodato al Comandante Javier che saluta le sorelle e fratelli, i genitori dei 43 studenti desaparecidos e gli studenti ed insegnanti della scuola Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa, a nome delle migliaia di compagni e compagne basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. “Siamo qui quali rappresentanti dei nostri popoli zapatisti per accogliervi a braccia aperte ed ascoltare le vostre parole.Non siete soli! Il vostro dolore è il nostro dolore! La vostra rabbia è la nostra degna rabbia! E vi sosteniamo nella richiesta di riavere in vita i 43 studenti desaparecidos per l’azione criminale dei malgoverni; accomodatevi, siete a casa vostra, questo è il posto di tutte e tutti coloro che lottano.”

Poi è la volta del Comandante Tacho che sottolinea come “Noi non vogliamo sapere dei municipi bruciati, né delle auto bruciate, né di porte, né di palazzi” riferendosi alla campagna di criminalizzazione che si sta facendo nei confronti delle proteste delle ultime settimane. “Noi vogliamo ascoltare il vostro dolore, la vostra rabbia e la vostra angoscia di non sapere dove si trovano i vostri ragazzi.Vogliamo anche dirvi che noi zapatisti vi abbiamo accompagnati nelle proteste e mobilitazioni che si sono svolte in Messico e nel mondo, anche se sui mezzi di comunicazione prezzolati non appaiono le nostre azioni”.

A parlare a nome della Comandancia General dell’EZLN alla conclusione dell’incontro è il Subcomandante Insurgente Moisés.
Per prima cosa c’è il ringraziamento per essere arrivati fino ad Oventic: “sappiamo che per portarci questa parola diretta, senza intermediari, senza interpretazioni estranee, avete dovuto viaggiare molte ore e soffrire la stanchezza, la fame, il sonno.Sappiamo anche che per voi questo sacrificio è parte del dovere che vi sentite.”
Un senso del dolore che ricorda Moises si batte anche contro chi ha tentato all’inizio di screditare i ragazzi scomparsi “catalogati come capelloni, novellini, futuri delinquenti che se lo meritavano, picchiatori, radicali”, tamarri, agitatori”. Definizioni che sono state date anche da chi magari ora per “moda o convenienza” si interessa della vicenda. Moises infatti ha voluto sottolineare come si tratti di guardarsi bene da chi cerca di “distrarre e nascondere il vero colpevole” di quanto avvenuto.
Solo la determinazione ed il coraggio dei famigliari e dei compagni dei giovani morti e desaparecidos ha rotto il silenzio ed ottenuto “con la forza del vostro dolore, e di tale dolore convertito in rabbia degna e nobile, che molte e molti, in Messico e nel Mondo, si sveglino, facciano domande”.
Il portavoce zapatista ha poi continuato ringraziando per “il vostro eroico impegno, la vostra saggia caparbietà di nominare i desaparecidos di fronte ai responsabili della loro disgrazia, di domandare giustizia di fronte alla superbia del potente, di insegnare ribellione e resistenza di fronte al conformismo e al cinismo.”
Si è poi soffermato sulla criminalizzazione che si cerca di portare avanti nei confronti delle proteste, come per l’episodio dell’incendio della porta del Palazzo del Governo nello Zocalo della capitale “ascoltiamo e leggiamo che ora si parla di porte che prima non importavano a nessuno.Dimenticando che da tempo tali porte sono servite a indicare a quelli di fuori che non erano affatto tenuti in considerazione nelle decisioni che prendevano quelli all’interno.. tali porte sono parte soltanto di un baraccone inservibile, dove si simula sovranità e ci sono solo servilismo e sottomissione …tali porte danno soltanto su un grande centro commerciale al quale non accede il popolo che sta fuori, e nel quale si vendono i rottami di quel che in qualche tempo è stata la Nazione messicana.”
A noi ha poi aggiunto “non interessano queste porte. Né ci interessa se le bruciano, se le adorano, se le vedono con rabbia, o con nostalgia, o con desiderio.A noi importano di più le vostre parole .. la vostra rabbia, la vostra ribellione, la vostra resistenza.”
“Là fuori si parla, si discute, si chiosa su violenza e non violenza, lasciando da parte che la violenza si siede tutti i giorni a tavola con la maggioranza delle persone, cammina con loro al lavoro, a scuola, torna con loro a casa, dorme con loro, diventa incubo che è sogno e realtà indipendentemente dall’età, dalla razza, dal genere, dalla lingua, dalla cultura. E noi ascoltiamo, vediamo e leggiamo che là fuori si discutono colpi di mano di destra e di sinistra, ovvero chi mandiamo via per vedere chi mettiamo al suo posto. E si dimentica così che l’intero sistema politico è marcio.Che non è tanto il fatto di avere relazioni con il crimine organizzato, con il narcotraffico, con le molestie, le aggressioni, gli stupri, le botte, le carceri, le sparizioni, gli omicidi, bensì che tutto questo è già parte della sua essenza.”
Il discorso è poi continuato con l’analisi della realtà di quello che ormai in molti definiscono narco-stato“corruzione, impunità, autoritarismo, crimine organizzato e disorganizzato, sono già negli emblemi, negli statuti, nelle dichiarazioni di principi e nella pratica di tutta la classe politica messicana.A noi non importano i perché e percome, gli accordi e disaccordi che quelli di sopra imbastiscono per decidere chi si incarica ora della macchina di distruzione e morte in cui si è convertito lo Stato messicano.”
Nell’ultima parte del discorso rivolgendosi alla delegazione Moises ha riaffermato che “a noi importano le vostre parole, la vostra rabbia, la vostra ribellione, la vostra resistenza.” perchè “le domande sono semplici e chiare: devono ricomparire in vita tutti e tutte, non solo quelli di Ayotzinapa; devono essere puniti i colpevoli di tutto lo spettro politico e di tutti i livelli; e si deve fare il necessario perché non si torni mai più a ripetere l’orrore contro chiunque in questo mondo, anche se non si tratta di una personalità o di qualcuno di prestigio.”
Ed ancora “nelle vostre parole noi ascoltiamo anche noi stessi.In queste parole ci sentiamo dire e dirci che nessuno pensa a noi, i poveri di sotto.Nessuno, assolutamente nessuno pensa a noi”.
Per questo gli zapatisti fin dall’inizio hanno voluto essere al fianco di chi si mobilitava dicendo che non erano soli: “vi dicemmo non soltanto che vi appoggiavamo e che, seppure lontani, il vostro dolore era nostro, come nostra è la vostra degna rabbia.Vi avevamo detto anche che nel vostro dolore e nella vostra rabbia non eravate soli perché migliaia di uomini, donne, bambini e anziani conoscono sulla propria pelle quell’incubo”. Moises ha continuato ricordando altri massacri di cui si riempie la storia messicana degli ultimi anni ed altri famigliari che hanno vissuto la stessa situazione: quelli dei bambini e delle bambine assassinati nell’asilo nido ABC nel Sonora, quelli dei desaparecidos nel Coahuila, quelli delle vittime innocenti della guerra contro il narcotraffico,quelli delle migliaia di migranti eliminati nell’intero territorio messicano.
Un legame che va cercato “nelle vittime quotidiane che, in ogni angolo del nostro paese, sanno che l’autorità legale è chi picchia, annichila, ruba, sequestra, estorce, stupra, incarcera, uccide, a volte sotto le vesti di organizzazione criminale e a volte come governo legalmente costituito”,
Tanti legami da costruire e da ricercare anche con i popoli “originari che, da prima che il tempo fosse tempo, serbano la saggezza necessaria a resistere e che conoscono più di chiunque altro il dolore e la rabbia”, citando come casi emblematici gli Yaqui, i Nahua e i Ñahtó.
Nella mobilitazione dei familiari e degli studenti si sono riflessi in milioni nell’intero paese, per questo Moises ha continuato dicendo che “voi sapete che sebbene passerà di moda Ayotzinapa, che sebbene falliranno i grandi piani, le strategie e le tattiche, che sebbene passeranno le congiunture e diverranno di moda altri interessi e altre forze, che sebbene se ne andranno quelli che oggi si concentrano su di voi come animali da carogna che prosperano sul dolore altrui; sebbene tutto questo passerà, voi e noi sappiamo che c’è in ogni luogo un dolore come il nostro, una rabbia come la nostra, un impegno come il nostro. Noi come zapatisti che siamo vi invitiamo ad andare da questi dolori e queste rabbie.Cercateli, incontrateli, rispettateli, parlateci e ascoltateli, scambiate i vostri dolori. Perché noi sappiamo che quando dolori differenti si incontrano non germinano in rassegnazione, tristezza e abbandono, bensì in ribellione organizzata … Perché è importante che voi sappiate che vi appoggiamo, ma è importante anche che noi sappiamo di appoggiare una causa giusta, nobile”
Un cambiamento radicale quello da costruire perchè non solo in Messico ma in tutto il mondo non avvenga più Ayotzinapa, ha concluso Moises: “perché sappiamo che voi e noi non ci venderemo, non zoppicheremo e non ci arrenderemo. Grazie per le vostre parole, sorelle e fratelli.Ma soprattutto, grazie per la vostra lotta.Grazie perché, sapendo di voi, sappiamo che già si vede l’orizzonte…”


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