“Riflessi di uno specchio. Voci di donne da un paese in guerra” di Serena Alborghetti

Il libro di Serena Alborghetti è una piccola bussola per orientarsi di fronte ad un vasto continente: l’Africa.
La storia è quella di quattro donne: Noemi, cooperante europea, Catherine, funzionaria Onu, Annemarie giovane donna impegnata per i diritti umani, e Pascaline, una giovane stuprata dalle truppe governative e diventata guerrigliera.
Donne profondamente diverse tra loro, unite dal filo quasi magico di uno specchio dalla cornice di legno.
Attraverso loro, l’autrice ci porta a riflettere sui tanti tasselli che formano il puzzle del continente più tormentato del pianeta. Nessuna storia di per sè basta a spiegare la situazione attuale, ma ognuna è un tassello fondamentale.
Lo scenario è indefinito geograficamente ma chiaramente definito come uno dei tanti paesi in guerra dell’Africa,
Un libro fatto di costanti tensioni.
La tensione perenne tra l’amore per quel pezzo di mondo e l’inesorabile moto che spinge ad allontanarsene. La tensione tra la ricerca di una vita serena, fatta di affetti e soddisfazioni e l’aggrovigliato muoversi della storia che macina esistenze, determinandone la sorte.
INTERVISTA CON L’AUTRICE

Riflessioni tra le pagine
Non c’è un unico colpevole di quel che avviene nel continente africano, non lo è nè solo la storia passata e presente, fatta di sfruttamento e colonialismo vecchio e nuovo, nè solo le scelte portate avanti, consapevolmente o meno, da chi vi abita. E’ l’insieme di piani personali e collettivi, locali e globali che determina la difficile situazione attuale.
Sottesa al libro, che val la pena di leggere anche per guardare con occhi meno superficiali chi giunge a casa nostra, la domanda su come si possa costruire il “diritto di restare”.
La possibilità di invertire la rotta, perchè migliaia di uomini e donne abbiano il diritto a poter scegliere di restare, non siano costretti a fuggire da guerre e miserie, a non essere migranti.
E’ un percorso difficile. Forse possibile solo se si cambia “là” e “qua”?.
Cosa accadrebbe se nei luoghi di partenza, si cominciasse a rifiutarsi di essere parte del perverso circolo vizioso che alimenta le migrazioni?
Chi fugge ha illusione/speranza di poter essere parte di un sistema sociale che è lo stesso che ti obbliga a partire. Chi migra sogna, aspira a quell’insieme di modello sociale, beni e status che per riprodursi si nutre della miseria di parte del pianeta.
E d’altronde come dire a migliaia di essere umani che non c’è posto per loro nel grande circo del progresso/sviluppo, se anche qui da noi alla fine tutti ne vogliamo far parte a costo di difenderlo con ogni mezzo?
Cosa accadrebbe se nei luoghi d’arrivo, oltre ad essere solidali e a pretendere che le frontiere non siano luoghi di morte, si cominciasse veramente a pretendere di invertire le scelte che costringono gli altri a migrare … Ma siamo in grado e vogliamo mettere a tal punto in discussione il nostro status quo?
…. forse, forse se … soprattutto se si cercasse di dire la verità e di comprendere appieno quanto sia profondo, ma aggrovigliato di contraddizioni, il legame tra chi migra e noi.

La lotta perchè ogni uomo e donna abbia il “diritto di restare”, può essere un tassello per costruire un’alternativa globale, in grado di cambiare la sorte di un continente, destinato ad essere saccheggiato e devastato.

Recensione
In uno stato africano dove la guerra civile contrappone un governo corrotto a un gruppo di ribelli nascosti nella foresta tropicale, quattro donne cercano di ripristinare un ordine nelle loro quotidianità, quattro donne forti, sorprese nel mezzo di decisioni che cambieranno per sempre la loro vita. Noemi, Catherine, Annemarie e Pascaline: le loro storie si intrecciano l’una con l’altra e segnano le tappe di un percorso che si allontana dall’effimera sicurezza delle città e delle sedi ONU per addentrarsi nella foresta, in un cuore di tenebra in cui l’unico dialogo è quello delle mitragliatrici. Il fil rouge che lega questi racconti è un vecchio specchio dalla cornice di legno, silenzioso testimone del coraggio e della forza di volontà delle donne che lo possiedono. In questo nuovo libro Maria Serena Alborghetti non ci racconta solo l’esperienza di chi lavora nelle missioni di pace per le organizzazioni internazionali, ma soprattutto descrive la difficoltà di vivere in un paese che si ama senza riserve ma che fa di tutto per allontanare, un paese pieno di energia e violenza, paura e bellezza, dove è impossibile stare e difficile andarsene, perché nasconde un segreto, una consapevolezza o forse una luminosità che riflette con più nitidezza qualcosa di noi stessi che per troppo tempo abbiamo scelto di ignorare.

Riflessi in uno specchio – Voci di donne da un paese guerra
Edizioni Il Poligrafo
2016, 104 pagine

Disponibile in libreria in particolare a Padova presso Librati – Libreria delle donne in Via Barbarigo 91 e Pangea Via San Martino e Solferino 106

ALTRE LETTURE CONSIGLIATE
Al libro di Serena, consigliamo di accompagnare la lettura di Congo di David van Reybrouck. Un testo fondamentale per capire, attraverso la storia del più grande paese dell’Africa centrale, l’intero continente e fose anche noi stessi.
Attraverso più di 500 interviste, il testo, che oscilla continuamente tra romanzo e saggio, non ha un protagonista preciso, l’unico protagonista è il paese, la sua storia.
Dal passato all’epoca del colonialismo, fino ad arrivare all’indipendenza e la finta democrazia fino all’attuale presenza dei cinesi, il volume mostra l’indistricabile nesso tra piani locali e globale, in un paese dalle risorse immense come la gomma nel passato e il coltan oggi.

Si parte dal gigantesco estuario del fiume Congo, come i colonizzatori, i missionari, i bianchi hanno sempre fatto. Un getto possente di detriti, terra, alberi che trasforma l’oceano in un brodo torbido per centinaia di chilometri: “Le immagini del satellite lo mostrano chiaramente: una macchia brunastra che, durante il picco della stagione dei monsoni, si estende verso ovest per ottocento chilometri. Quando ho visto per la prima volta delle fotografie aeree mi è venuta in mente una persona che si era tagliata i polsi e li teneva sotto l’acqua, ma per sempre. Così, quindi, comincia un paese: diluito in una grande quantità di acqua di oceano”. E poi, attraverso centinaia di interviste con congolesi di tutte le età e le etnie, attraverso lo studio della storia, dell’archeologia, della geografia e della climatologia, attraverso una scrittura tersa e coinvolgente, si va alla scoperta di un paese, di un popolo, di un continente. Dai primi insediamenti preistorici agli orrori della dominazione coloniale belga, dall’indipendenza alle guerre civili, attraverso giungle e città, montagne di ghiacciai perenni e pianure rigogliose, miniere di ogni minerale prezioso e una natura ricchissima e incontaminata, un libro che davvero restituisce un mondo.
Un fulminante bestseller in patria, tradotto nelle lingue maggiori, che ha vinto numerosi premi in tutto il mondo. Il più grande reportage africano dai tempi di Ryszard Kapuściński.

“Una storia monumentale, più eccitante di qualunque romanzo” NRC Handelsblad
“Un racconto magnifico, fatto di ricerche dettagliatissime” New York Times Book Review
“Documentato con grande cura e scritto con notevole eleganza” Foreign Affairs
Tratto da Feltrinelli


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