Cosa sta succedendo in Turchia – Reportage di Ivan Grozny

Della situazione in Turchia, Iraq e Siria, tre scenari profondamente connessi, parleremo nella serata “Raccontare le guerre”, il 12 ottobre alle 21.00 alla Multisala Astra Via T.Aspetti a Padova all’interno della seconda edizione di Rassegna Oblò.

Con noi saranno Ivan Grozny, freelance che presenterà il docufilm “Puzzlestan – I confini sono i limiti dei popoli”Beppe Giuletti di Articolo 21, associazione che riunisce esponenti del mondo della comunicazione, della cultura e dello spettacolo; giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).
Con loro e Domenico Chirico di Un Ponte per .. e Barbara Spinelli di Giuristi Democratici potremo approfondire gli scenari dei conflitti alle sponde dell’euromediterraneo. La visione di Syrian Edge ci porterà a conoscere la realtà dei profughi siriani in Libano.

Vi proponiamo gli ultimi articoli di Ivan Grozny per Articolo21.

Arrestati 32 giornalisti di lingua curda. E nessuno protesta

Quanto accade nel sud della Turchia, nella regione curda, non è scorretto definirlo un atto di guerra. Erdogan impone il coprifuoco nelle città curde, l’esercito entra nelle città e la conseguenza sono uccisioni e occupazioni da parte delle forze militari e di polizia speciale. Sono ormai all’ordine del giorno in certe città. A Silvan ad esempio è la terza volta che succede. Ma Cizre, Silopi e Batman hanno già vissuto questa brutalità. Ai media turchi i rappresentanti del partito di Erdogan, l’AKP, raccontano che tutto questo, gli scontri a fuoco e le inevitabili morti tra civili è causato dai “terroristi” curdi. Peccato che anche questa volta tra i caduti ci siano bambini; uno di sette anni ucciso oggi (2 ottobre n.d.r.) da un colpo sparato dall’esercito.Insieme a lui altri tre civili morti. E’ difficile avere notizie certe anche perché se a settembre la Turchia ha espulso dei giornalisti “stranieri”, occidentali per giunta, e l’UE aveva richiamato il governo di Ankara, oggi non c’è nessuno che protesta per l’arresto di ben 32 giornalisti di lingua curda che sono in attesa di essere giudicati da un tribunale per non si sa quale reato. Libertà di parola e di stampa sono concetti che hanno ben poco significato in questa parte di mondo. Il loro torto è stato quello di essere nei luoghi dove accadevano i fatti, averli filmati e cercato di diffondere questi contenuti. In pratica gli si contesta di avere fatto il proprio dovere di giornalisti. Arrestati per lo più a Dyerbaikir, la polizia non solo ha fatto irruzione in alcune redazioni, ma è andata a prelevare nella notte questi reporter nelle proprie case. Come se fossero dei pericolosi criminali.Erdogan non può replicare un risultato elettorale come quello del 7 giugno e addirittura il rischio che HDP superi il 10 %. Sarebbe sancita la sua fine politica. Così da agosto gli attacchi alle città a maggioranza curda sono stati incessanti. La risposta degli assediati è stata quella di organizzare questi territori secondo il principio dell’autogoverno e così si è andati avanti in un percorso che i risultati delle scorse elezioni hanno solo accelerato. Ma nonostante la campagna elettorale proceda da parte di HDP c’è la consapevolezza che una strada è intrapresa, a prescindere da ciò che accadrà il 1 Novembre. Pare quasi inutile poi aggiungere che c’è molto timore rispetto a possibili brogli il giorno del voto. Nessuno si stupirebbe di questo.Nel distretto di Cizre, nella provincia di Sirnak dopo gli attacchi che hanno lasciato sangue e distruzione la popolazione si è autorganizzata per ricostruire ciò che è andato distrutto. Hanno così creato assemblee in ogni quartiere attaccato, uno sforzo che porta verso dritti verso l’autogoverno. Non solo, la gente ha scelto di difendersi dagli attacchi, creando barriere e cercando di impedire l’avanzata dei blindati. Ora vuole scegliere anche come vivere. A Cizre sono morti 21 civili, anche in questo caso c’erano di mezzo dei bambini. Sono ferite che non si rimarginano queste e che spesso vanno a sommarsi ad altre. Ci vuole una soluzione politica ed è quella che stanno cercando i curdi. Fino a dove si può spingere, ancora, Erdogan?
2 ottobre 2015 Tratto da Articolo 21

Turchia, sangue elettorale di ivan Grozny per Articolo 21

69 morti, più di 100 feriti. A poche settimane dalla tornata elettorale del 1 Novembre la situazione in Turchia è questa. Una campagna elettorale macchiata di sangue. In migliaia anche questa volta si sono dato appuntamento per manifestare un grande desiderio di pace, ad Ankara; si sono invece ritrovati in un inferno. Chi è sopravvissuto a questa mattanza racconta di scene drammatiche e di corpi sventrati dai due ordigni. Un terzo che è stato ritrovato non è fortunatamente esploso. La manifestazione era stata indetta dai sindacati di sinistra DISK e KESK, appoggiati da HDP. Hanno risposto all’appello persone da tutto il Paese provenienti da tante città. C’erano turchi e curdi insieme, com’è stato per Soruc a fine luglio.
L’obiettivo dei manifestanti che si sono dato appuntamento alle 10 in una delle piazze principali della città era proprio quello di chiedere al governo Erdogan di interrompere immediatamente il bombardamento delle città curde in Turchia. E proprio qualche giorno fa il
KCK, partito di riferimento per i combattenti del PKK, dichiara il cessate il fuoco appellandosi ai militanti chiedendo loro di non attaccare a meno di non essere stati aggrediti. Quanto accaduto oggi potrebbe innescare pericolose ritorsioni ma immediatamente dopo l’attentato, lo stesso KCK ha fatto intendere che non cambia la sua posizione. Anche negli anni ottanta e novanta obiettivo di questi attentati erano i turchi che appoggiavano non solo i curdi ma un certo tipo di auspicato cambiamento nella politica e nella società turca.
In un comunicato ufficiale HDP ha reso noto che dopo le esplosioni invece di giungere ambulanze e personale medico per soccorrere i feriti, cui numero andrà col passare delle ore aggiornato, sarebbe giunta la polizia militare che ha liberato la piazza utilizzando lacrimogeni.
Erdogan e il suo governo negano questa eventualità anche se ci sono molto immagini sul web che confermano quanto dichiarato da HDP nel comunicato in cui senza mezzi termini si accusa il governo di questo attentato.
Dal canto suo Erdogan fa sapere che non ci sono dubbi, a compiere questo ennesimo massacro è stato l’ISIS. E mentre lui e i suoi ministri dipingono questo scenario, inverosimile a dire il vero, sottintendono che solo con lui, governati dal suo partito, i turchi possono vivere in pace e al sicuro. Paradossi.
Tratto da Articolo 21


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