Incontro a Padova – Per la libertà di Nasrin Sotoudeh

Vasta partecipazione il 31 maggio 2019 in Sala Paladin, spazio all’interno del Municipio, per l’incontro organizzato dal Comune di Padova, Centro di Ateneo per i Diritti Umani e Giuristi Democratici di Padova all’interno per percorso della Rete In Difesa Di e con il sostegno della Camera Penale di Padova “Francesco de Castello” e dell’Ordine degli Avvocati di Padova.

L’iniziativa, che ha riguardato la vicenda dell’arresto dell’avvocata Nasrin Sotoudeh, è stata un’importante occasione non solo per approfondire la situazione in Iran ma per rimettere al centro l’importanza della difesa dei difensori dei diritti umani.
Il lavoro, che a Padova e nella cintura urbana si sta percorrendo in una sinergia di vedute tra amministrazioni, associazioni, ordini di categoria sta concretizzando la realizzazione di una rete di soggetti differenti per costruire lo spazio di una “Città rifugio” per i difensori dei diritti umani. Non solo per offrire un luogo sicuro a chi è minacciato per il suo impegno nei diritti ma perchè, come per il caso di Nasrin, quando una donna o un uomo vengono repressi, minacciati, a volte uccisi perchè difendono libertà e diritti, diventiamo tutti meno liberi.

Nella serata, grazie agli interventi degli ospiti, è stato possibile comprendere meglio quello che sta succedendo in Iran, sia al suo interno sia nei giochi geopolitici regionali e globali. Comprendere è importante per agire ed unire anche la voce della comunità padovana a tutti quelli che nel mondo si impegnano per la libertà di Nasrin, come contributo alla libertà di un intero paese.

Nasrin Sotoudeh, avvocata e difensora dei diritti umani, Premio Sacharov 2012 per la libertà di pensiero è stata condannata da un tribunale iraniano a 33 anni di carcere e 148 frustate per aver difeso donne e attivisti per i ditritti umani.

SALUTI

Apre e coordina l’incontro il professor Marco Mascia, che dopo aver presentato gli ospiti, passa la parola per i saluti ai diversi intervenuti.

Indirizzi di saluto di Francesca Benciolini
Assessora alla Pace, ai diritti Umani e alla Cooperazione Internazionale, Comune di Padova

Sono Francesca Benciolini, assessore con Delega ai diritti Umani e Pace del nostro comune e vi porto i saluti di tutta la nostra Amministrazione e del Sindaco Sergio Giordani.
Sono veramente contenta che siamo qua stasera dentro questa casa comune, che è il nostro Municipio, a parlare dei Diritti Umani. Il terzo articolo dello statuto del nostro comune ricorda che il nostro municipio è fortemente ancorato al tema dei Diritti Umani e si impegna, si deve impegnare, nella loro difesa.
Per questo la delega ai Diritti Umani, per cui sono stata un pò presa in giro all’inizio del mandato, devo dire, invece, che crediamo sia veramente un fondamento nel nostro operare quotidiano attraverso tutte quelle che sono le scelte anche più operative della nostra amministrazione.
In questo spirito abbiamo avviato un percorso che il 10 dicembre dell’ anno scorso in occasione dell’anniversario dei 70 anni della Dichiarazione dei Diritti Umani, ha visto approvare una mozione all’unanimità all’interno del nostro Consiglio Comunale che ha scelto di fare entrare Padova in un percorso facendola diventare Shelter City, ossia Città rifugio per i difensori dei Diritti Umani.
È un percorso già presente in altri Stati Europei e che in Italia si sta affermando.
Siamo stati il secondo Ente locale a definirsi e ad entrare in modo ufficiale in questo percorso e lo facciamo all’interno di una rete che vede non solo il nostro comune ma anche alcuni comuni della cintura urbani tra questi Cadoneghe, Ponte San Nicolò, Noventa Padovana e Rubano insieme a molte associazioni del nostro territorio.
Perchè per essere Città rifugio dei difensori dei Diritti Umani, bisogna avere una rete territoriale capace di ospitare per un dato tempo persone che all’interno dei loro paesi sono minacciate per il loro impegno e hanno bisogno per dei periodi della loro vita di essere un pò tirati fuori da una situazione stressante ed essere supportati.
Nell’ambito di questo lavoro, di questo progetto, insieme alle associazioni con cui stiamo collaborando, tra cui anche l’Ordine degli avvocati che ringrazio e altre associazioni sempre legate al mondo dei giuristi ma anche della cooperazione internazionale, ci teniamo in questo percorso, che ci vedrà diventare ufficialmente Città rifugio e cominciare ad ospitare i primi difensori dei diritti Umani da qua a qualche mese, a dare delle occasioni alla nostra città per parlare dei Diritti Umani e per incontrare i difensori dei Diritti Umani. In modo che loro ci raccontino che cosa significa essere oggi un difensore dei diritti umani minacciato all’interno del proprio territorio.
Per questo sono veramente contenta che siamo qua oggi e che ci sia questa occasione per tutta la città e per tutti voi che avete scelto di essere qua con noi, e ringrazio chi ha organizzato questo momento e il nostro ospite.
Buona serata a tutti. Grazie!

Leonardo Arnau
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Padova

Buonasera a tutti sono davvero molto lieto di poter portare i saluti del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Padova a questa iniziativa.
Lo dico perchè la tutela del diritto di difesa e la tutela dei difensori dei Diritti Umani rappresenta ormai da anni, anche per l’Ordine degli avvocati uno dei principali obiettivi. Da questo punto di vista lo scorso anno abbiamo istituito la Commissione Diritti Umani del Consiglio dell’Ordine che lavora in sinergia con le associazione, la società civile del territorio padovano e con la Commissione Diritti Umani del Consiglio Nazionale Forense, che è l’ente che rappresenta sotto il profilo istituzionale l’intera avvocatura padovana.
Devo dei ringraziamenti al Comune, all’assessore Benciolini, al professore Mascia e al Centro dell’Ateneo per i Diritti Umani, alle associazioni, alla Camera penale, alla associazione In Difesa di e alla associazione Giuristi Democratici, che hanno collaborato nella realizzazione di questa iniziativa.
Credo sia fondamentale porre al centro dell’attenzione del dibattito, anche per noi avvocati, la questione della difesa dei difensori dei Diritti Umani, che non sono solo avvocati anzi talvolta non sono meno frequenti casi di accanimento e di persecuzione nei confronti dei non avvocati.

I dati del 2018 ci raccontano che 321 difensori dei Diritti Umani in 27 paesi diversi sono stati uccisi per l’attività svolta a difesa dei diritti per i quali lottavano.

Si tratta di numeri importanti che non possono non scuotere le coscienze di chi fa della difesa dei diritti il proprio lavoro, ma anche per tutti coloro che hanno a cuore la tutela dei Diritti dell’uomo. Da questo punto di vista credo davvero che sia indispensabile proseguire l’attività e ringrazio l’assessore Benciolini per aver riconosciuto l’attività del Consiglio dell’ordine, in particolare rispetto al progetto delle Shelter City.
Credo davvero sia indispensabili che la società civile e le istituzioni, che hanno un ruolo di responsabilità, possano e debbano incidere in maniera importante in quanto possono e possono molto.
Il progetto e la delibera che è stata approvata dal Comune di Padova, e ancor prima dal Comune di Trento, per l’istituzione di Padova come Città rifugio per i difensori dei Diritti Umani è certamente meritoria e ha il sostegno non solamente del Consiglio dell’ordine ma anche di tutte le associazioni che per questi diritti si battono.

Al centro del dibattito, dei lavori odierni c’è la figura della collega Nasrin Sotoudeh.
La sua vicenda ha mosso numerose prese di posizione anche quella del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Padova che, dopo aver appreso della condanna, ha dimostrato solidarietà chiedendo all’istituzioni forensi nazionali e politiche di prendere una posizione chiara sulla sua difesa. Abbiamo bisogno di lanciare dei messaggi importanti da questo punto di vista e non fare venire meno l’attenzione per queste situazione.
Da questo punto di vista il tema dei diritti e della libertà in Iran è stata poi oggetto di una o più valutazione specifiche, che sono davvero molto interessato a seguire negli interventi del collega Musen Hamsegian dell’Unione per la democrazia in Iran.
Dico però che questo incontro è il primo, la settimana prossima il 5 giugno ci ritroveremo nuovamente per un iniziativa importante a tutela dei Diritti Umani.
Io davvero vi ringrazio per l’attenzione e d’auguro buona serata e buona lavoro.

Aurora d’Agostino
Giuristi Democratici, rete in Difesa Di – Nodo di Padova per il progetto “Shelter City”

I miei due “cappelli” in questa occasione sono Giuristi Democratici e il nodo locale della rete In Difesa Di.
Giuristi democratici sono un’associazione che si è molto esposta sulla questione dei difensori dei Diritti Umani soprattutto in relazione alle situazioni processuali e quindi ai difensori veri e propri, diciamo così. Da anni seguiamo con Missioni di Osservazione Internazionale i procedimenti penali che vengono svolti a carico di avvocati di vari paesi. Paesi non tanto distanti, come ad esempio la Turchia, dove gli avvocati sono assolutamente perseguitati.
Quest’anno a marzo hanno spartito sentenze molto pesanti di condanna nei confronti proprio dei difensori per la loro attività legale di difesa.
In Turchia siamo stati moltissime volte, ma non c’è un occhio particolare ad un solo paese. Per esempio siamo stati anche come osservatori ai processi che ci sono stati recentemente e sono in corso a Barcellona nei confronti dei separatisti Catalani. Questo impegno sta nel nostro trend abituale. E dentro questo abbiamo trovato una grandissima opportunità di sviluppare il nostro lavoro con la rete In Difesa Di.
Nata dal lavoro ostinato di alcune persone la rete ha coinvolto tantissime associazioni e ha iniziato a fare un grandissimo lavoro per il riconoscimento e la valorizzazione di quegli elementi giuridici che esistono. Sono le convenzioni internazionali importanti, che il nostro paese ha sottoscritto, le convenzioni europee e una serie di altri elementi giuridici che arrivano fino alla legge regionale del Veneto in materia di pace e Diritti Umani.

Su tutti questi elementi siamo riusciti a creare un lavoro di lobbing molto importante nei confronti del Ministero proprio per cominciare a dare attuazione concreta alla possibilità di mettere in atto queste convenzioni, patti, linee guida nella difesa dei difensori dei Diritti Umani che non sono solo gli avvocati, come diceva giustamente prima Leonardo Arnau.
La prossima settimana in questa stessa sala alle 16.30 faremo un altro convegno a cui invitiamo tutti, parteciperanno le due figlie di Bertha Càceres che era una leader indigena honduregna uccisa nel 2016, una delle difensore della terra.

Crediamo sia molto importante sviluppare questa cultura, come diceva giustamente l’Assessora Benciolini. Devo anche ringraziare pubblicamente l’amministrazione di Padova perchè non è comune, soprattutto in questo periodo un po’ distante dalla difesa dei Diritti Umani, che ci sia un interesse e un impegno cosi grosso da parte di un’amministrazione pubblica su un terreno che non porta voti, diciamolo molto francamente, e che è invece un terreno per me assolutamente essenziale alla vita e alla convivenza civile all’interno di una città.
Grazie all’amministrazione e grazie soprattutto all’assessora Benciolini.
Altrettanto devo dire per l’Ordine degli avvocati di Padova, perchè ci ha sempre sostenuto. Lo dico non soltanto perché ho accanto l’attuale presidente ma anche per la vecchia presidenza degli anni scorsi, da cui abbiamo avuto un grande contributo.

La rete locale In Difesa Di si sta muovendo e sta cercando con una serie di momenti informativi ma anche organizzativi di riuscire a portare a casa i difensori dei Diritti Umani in questa città in tempi molto brevi.
Questo è possibile come diceva prima l’Assessora perché c’è una rete di associazioni e di solidarietà e perché questa sala è piena questa sera.
E’ importantissimo che ci sia questa attenzione della società civile su tale tema. Grazie!

Michele Godina
Vicepresidente della Camera Penale di Padova “Francesco de Castello”

Buonasera tutti, io non vi porterò via molto tempo, perchè credo sia più interessante sentire gli interventi di questa sera.
Porto i saluti della Camera penale di Padova “Francesco de Castello”, del suo presidente Gianni Morrone e dell’Unione Camera penale Italiane. L’Unione è sempre stata ormai da più di 20 anni attenta alla difesa dei Diritti Umani. Gli avvocati soprattutto gli avvocati penalisti hanno come fine primo la difesa dei cittadini, dei più deboli e degli ultimi. Quando c’è stata la notizia della condanna dell’avvocato Sotoudeh a una pena che non ha nulla di proporzionato per gli anni di carcere e nulla di umano per la seconda pena che è stata inflitta e che è contraria a qualsiasi principio di giustizia civile, l’Unione camera penale si è attivata e nelle sedi che ci competono e l’Osservatorio per i Diritti Umani ha fatto degli interventi, anche presso il governo di Teheran per quanto ovviamente inascoltati. La Camera penale di Padova insieme ad altre, ha ritenuto di iscrivere quali socia la collega Sotoudeh alla Camera di Padova come hanno fatto anche le altre Camere penali e per altro come hanno fatto anche altri Ordini.
Ormai da numerose settimane, dopo aver fatto un’assemblea nell’ambito dell’astensione dell’attività per protestare nei confronti delle riforme del governo in materia dei giustizia penale e una conferenza stampa, devo dire anche partecipata, alla quale oltre a fare valere quelli che sono i nostri poveri problemi, ovviamente in confronto a quelli di altri stati come l’Iran o come ricordava l’Aurora d’Agostino la Turchia dove l’Osservatorio dei diritti Umani delle Camere Penali ha fatto varie spedizioni per cercare di tutelare gli avvocati, noi abbiamo deciso come segnale simbolico, ma che ha avuto un grande riscontro, di apporre un fiocco rosso sulla toga , che ogni avvocato appartenente all’Ordine delle camere penali porta in udienza.
Devo dire che almeno questo ha portato qualche risultato nel senso che la gente, tra cui altri avvocati e magistrati , hanno chiesto il perchè di un fiocco appeso alla toga e cosi gli si è spiegato il significato.
L’avvocato Nasrin Sotoudeh ha deciso di non impugnare la sentenza per protesta e quindi la sentenza è diventata definitiva. Non voglio togliere altro spazio perchè sono curioso anche di sentire gli interventi che ci chiariranno la situazione dei Diritti Umani.
Noi non abbiamo un problema dei diritti umani ma devo dire però che di quello che comunque è un decadimento della situazione anche in Italia, che è un paese civile, se ne parla. Due settimane fa sono stato all’Università Statale di Milano dove l’Unione Camere penali, nel presentare la pubblicazione di un volumetto, “Manifesto del diritto penale liberale e del giusto processo”, ha sentito, c’erano tutti i più noti docenti di diritto penale, l’esigenza affermare dei principi che da noi sono ancora seguiti, ma che in altri stati sono assolutamente calpestati. Vi auguro una buona serata.

INTERVENTI

Mohsen Hamzehian
Unione per la Democrazia in Iran

1. Le proteste continuano in Iran

La rivoluzione in atto, senza precedenti nella storia recente dell’Iran, ha tra le sue rivendicazioni, per la prima volta, la separazione netta della religione dalla politica. La coesione di questi due elementi è stata, al contrario, la principale causa della degenerazione del processo rivoluzionario modernista che, nel 1979, riuniva l’intera popolazione contro il regime di Pahlavi.

Oggi la maggioranza assoluta dei partecipanti, nelle piazze dell’ Iran, sono giovani. Sono i figli nati dopo la rivoluzione del 1979. Sono quelli che hanno partecipato alla rivolta del 2009 dopo l’ esclusione di Mussavi e Karoubi dalle competizioni elettorali. E sono parte di quelli che hanno votato ingenuamente Moussavi e poi Rouhani, credendo che si potessero avviare delle riforme strutturali all’ interno della Repubblica Islamica, non considerando che la forma politica della Repubblica non è compatibile con l’ Islam e viceversa.
I giuristi iraniani hanno sempre sostenuto che la carta costituzionale, il codice civile ed il codice penale non siano modificabili, in quanto rappresentano la sharia di turno.
Nessuno, dico nessuno, neanche le opposizioni in mille pezzi, avevano prospettato una rivolta così oceanica ed improvvisa in Iran e tanto meno che iniziasse dalle principali città religiose per lo sciismo mondiale:
• Mashad, prima città religiosa di circa 2,5 milioni di abitanti dove è sepolto l’ ottavo santo dello sciismo.
• Qum, seconda città santa in Iran , con circa 1 milione di abitanti. La città oltre ad essere la città di molte scuole coraniche è famosa perché Khomeini, dopo il suo arrivo in Iran, guidò per un periodo la rivoluzione antimodernista da questa città.

Sono due città normalmente militarizzate grazie a gruppi speciali in borghese, gestiti direttamente dai Pasdran e quindi dai servizi segreti e dal Giureconsulto, nella persona dell’ Ayatollah Alì Khamenei.
Queste fortissime tensioni sono l’ espressione della fase di esistenza di un regime all’ angolo a causa di una crisi finanziaria senza precedenti, peggiorata dalla corruzione e dall’ espansione di un movimento che rapidamente, si è esteso in tutto l’ Iran.

La maggioranza della popolazione iraniana, si colloca al di sotto della povertà assoluta, mentre il 10% della popolazione vive di benessere assorbendo tutte le possibilità economiche del paese.

La via di uscita non può essere distribuire la carità, ma è il cambiamento fondamentale del regime. Da parte sua il regime aspirerebbe a fare quello che non ha fatto il regime Pahlavi, cioè costringere il movimento ad essere aggressivo e armato, in modo da essere legittimato a procedere con la violenza contro i manifestanti. Ma il movimento dei manifestanti, consapevole di questo chiama alla solidarietà anche le forze dell’ ordine (militari e paramilitari).

La cosa sorprendente è che i pseudo riformisti e i conservatori, che si dichiarano dalla parte dei poveri e contro il carovita, non producono alcun appoggio. Ma non è un mistero: essi si battono per la sopravvivenza del regime, mentre il popolo si batte per il superamento di questo. Infatti non riecheggiano assolutamente slogan che chiedano il referendum tra i manifestanti, se non da parte degli infiltrati nei cortei.
Fondamentalisti, conservatori e pseudo riformisti sono uniti nel definire i milioni di manifestanti pilotati dagli USA, da Israele e dall’Arabia Saudita e al massimo dichiarano che il governo di Rouhani deve rispettare la richiesta dei manifestanti e che questi ultimi devono agire nei limiti della costituzione islamica. Infine richiedono di riservare loro lo stesso trattamento riservato ai manifestanti arrestati nella prima primavera iraniana.

Il movimento, unito dall’estremo sud al nord, in oltre 80 città iraniane, nato più di un anno fa, è cresciuto ed entrato in azione per rivendicare e combattere:
Contro la povertà
Contro la pena di morte (mentre scrivo questo articolo, vengono arrestate altre persone, manifestanti con l’accusa di reato di Mohareb, anche se sono dei minorenni saranno giustiziate, secondo il calendario lunare islamico )
Contro il carovita
Contro le discriminazioni nei confronti delle donne (è una vergogna dell’umanità il codice penale e civile soprattutto nei confronti delle donne)
Per la libertà dei prigionieri politici e di tutti quelli che sono stati arrestati durante le manifestazioni
Contro la corruzione
Contro il Giureconsulto, definito dittatura dell’Iran
Contro l’inquinamento dell’ambiente
Contro l’insensibilità assoluta del regime nei confronti dei terremotati curdi che vivono in tende fatiscenti, nonostante la temperatura sotto zero fino a circa un mese fa (anche dopo le alluvioni dell’equinozio primaverile di quest’anno).

Purtroppo, quello che si osserva è la mancanza di organizzazioni e/o partiti politici, in opposizione al regime, uniti per la guida del movimento. Questa assenza, renderà difficile la sopravvivenza delle proteste, anche se va sottolineato che la rete di opposizione anti-regime, essendosi espansa in tutto l’Iran, continuerà a resistere trasversalmente in tutto il paese.
La comunità internazionale, con le primavere arabe, ha sempre appoggiato i regimi precedenti e al massimo quelli religiosi che non erano altro che le fotocopie dei precedenti, tutto ciò per fini di stabilità geopolitica, che ovviamente, ha prodotto dei disastri (vedi la Libia, l’Egitto, la Siria, l’Iraq, per non parlare del centro Africa) senza precedenti nella storia di queste nazioni. Al contrario essi dovrebbero difendere le opposizioni democratiche, e condannare apertamente i regimi.

2- La condizione di giustizia in Iran
La condizione dei diritti umani in Iran, si trova in una situazione pietosa.
Il Paese è il detentore della medaglia d’oro e in buona compagnia con la Cina (che conquista la medaglia d’argento) ma con proporzioni di abitanti ben diverse 1.417.000.000 in Cina e 82.450.000 in Iran.
Prima della rivoluzione contro lo scià del febbraio 1979, il sistema giudiziario era sicuramente non obiettivo nel giudizio nelle sentenze, ma i giudici erano comunque esperti in giurisprudenza e avevano terminato gli studi presso le università iraniane oppure all’estero. I giudici islamici, che attuano la Sharia, sono scelti direttamente dal Giureconsulto dell’Ayatollah Ali Khamenei, il capo indiscusso del regime di Teheran. Il codice penale in alcuni articoli, possiede dei passaggi che apparentemente rispettano i diritti fondamentali, ma non è mai stato applicato.

Oggi in Iran molti avvocati si trovano in carcere oppure cancellati dall’albo professionale, semplicemente per aver difeso i loro assistiti in riferimento della norma giudiziaria.

Dopo la rivoluzione islamica, i giudici sono stati destituiti e molti di loro stati passati per le armi. Non parliamo poi delle donne giudici, infatti nella costituzione iraniana islamica non vi è alcuna traccia di donne giudici. Le donne che non godono del diritto di testimonianza (senza la conferma di un maschio, se assistita al momento di reato, immaginate se si trattasse di uno stupro) come i maschi, non possono giudicare. Dalla rivoluzione tradita dell’Ayatollah Khomeini, in Iran non esiste alcun giudice di sesso femminile.
In Iran la Corte suprema è formata da 32 giudici interamente nominati dalla guida suprema Ali Khamenei. La stessa corte non giudica ma invia il suo parere al giudice che ha sollevato il problema, il quale potrà essere d’accordo oppure no, in tale caso potrà chiedere ad un altro giudice un ulteriore parere, riaprendo di nuovo il giudizio. Pensate quanto possono durare questi passaggi e quale possa essere il destino degli interessati in attesa di nuove leggi.

3. Motivo per il quale la sig.ra Nasrin Soutudeh in carcere
Ciò di cui oggi vorrei parlare è una storia diversa, a molti di voi ben nota: ciò che subiscono le donne a causa del codice di giustizia di questo paese.

“L’accusa principale nel mio nuovo fascicolo aperto dopo il mio arresto, è aver difeso delle ragazze della strada della rivoluzione (luogo di protesta delle donne). Le stesse ragazze che avevano protestato contro lo hijab obbligatorio. Queste proteste erano completamente pacifiche, erano solamente un’espressione di dissenso. Dopo il mio arresto, una mia amica e mio marito hanno manifesto con degli striscioni: “ io protesto contro lo hiajab obbligatorio” e sono stati condannati a 6 anni di carcere ciascuno, dunque complessivamente a 12 anni.
(Dalla lettera Nasrin Soutudeh marzo 2019 carcere di Evin Sezione femminile al Consiglio nazionale e Ordine degli avvocati del tribunale della Francia).

In Iran un milione di donne vengono definite Malvelate: sono fermate/arrestate oppure contestate (vengono esercitate pressioni per come mostrarsi in pubblico da parte di chi si crede il giustiziere dell’Islam in Iran).
Il velo islamico è una imposizione degli ambienti legati al potere, pur non essendoci una posizione netta nella discussione tra i foghaha (i giuristi islamici), in quanto non esiste un testo unico al riguardo.
La questione del velo rimanda, proprio per questo, ad una questione di proprietà privata, cioè una definizione di subordinazione rispetto il maschio: il velo islamico rappresenta il confine della donna verso il mondo esterno.

Non nel mondo islamico (termine alquando generico, come se dicessimo nel mondo cristiano, nell’oriente oppure nell’occidente) ma in ogni Paese islamico, in realtà, troviamo un modo diverso per la donna di coprirsi (Hijab): sono differenti espressioni fenotipiche che rappresentano la storia sociale e religiosa del paese in cui vivono.
Ma la matrice genotipica, profonda, si basa sulla costrizione della donna (non per sua spontanea volontà) a coprirsi e rappresenta una negazione dei suoi diritti (le donne che dichiarano di coprirsi per scelta, sono oggettivamente e soggettivamente riflessi dell’ambiente in cui vivono).
Ma vorrei sottolineare un aspetto, incredibilmente della questione del velo: il punto non è solo essere velate. Bisogna essere adeguatamente velate.
La pressione sulle donne si spinge sino a contestare le modalità con cui si indossa l’hijab, imponendo cosi non solo un margine ulteriore di controllo sulle donne, ma insinuando una costante sensazione di errore, inadeguatezza o di subordinazione nella dimensione sociale della donna.
Per stare nel mondo, fuori dal suo contesto domestico, si può farlo ma non liberamente.
L’uomo in questa ottica vorrebbe cancellare la donna come una entità indipendente e immagina il futuro incatenato al passato.

Le bandiere di un futuro più libero, in molti paesi islamici, sono invece issate dalle donne, accanto alle quali troviamo persone come l’avvocato Nasrin Noutudeh.

E’ con immenso piacere che oggi, giorno del suo compleanno, le rivolgiamo non solo un caloroso augurio ma la dimostrazione che quei semi di futuro che stanno piantando con tanto coraggio ci rendono orgogliosi e che, anche qui, devono risuonare forti le parole: diritti, libertà, parità di genere.

Hossein Ahmadiniaz
Avvocato penalista, esiliato politico, Amsterdam

I CONTRASTI TRA GLI AVVOCATI DEI TRIBUNALI ED IL REGIME DELLA REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN SUL PRINCIPIO DELLA LEGALITA’

I giuristi, per poter esercitare la loro professione, giurano di rispettare la legge per la difesa del diritto e della giustizia, nel quadro generale della sovranità della legge. Rispettare il diritto è l’obiettivo principale degli avvocati indipendenti, questo comportamento non piace ai regimi dittatoriali.
Negli ultimi 40 anni (dall’istituzione del regime islamico) esiste un contrasto continuo tra il regime e gli avvocati onesti e indipendenti. Il risultato di questo comportamento sono oltre 300 avvocati arrestati, richiamati e cancellati dall’albo professionale.
Da sempre esistono dei contrasti di collocazione giuridica degli avvocati e la difesa.
I contrasti tra le posizioni degli avvocati e il diritto della difesa, sono in rapporto alla crescita e al progresso delle nazioni, cioè più le nazioni sono progredite, più i contrasti tendono a stabilizzarsi e ad essere trasparenti.

La presenza di avvocati è un prezioso indicatore della supremazia della legge al fine di giudicare in modo equo.

In Iran, la rappresentanza legale nasce nel 1914 e, per raggiungere e mantenere l’indipendenza, ha preso vita un decreto legislativo, costituendo un ordine indipendente di avvocati nel 1952, approvato dal parlamento dell’Iran.
Oggi, dopo 66 anni dell’era moderna dell’avvocatura, ancora siamo testimoni di molte lacune e difficoltà, di molti alti e bassi e continuamente siamo di fronte a molte situazioni di conflitto tra gli avvocati e il codice penale islamico.

Secondo l’art. 187 del Terzo programma dello sviluppo si è istituita una fondazione parallela degli avvocati sotto il controllo diretto dei giudici del potere giudiziario. Tale fondazione, nonostante la protesta degli avvocati indipendenti, continua ad esistere e questo è un muro di sfiducia nei confronti degli avvocati dei tribunali dell’Iran.

Agli avvocati è negata l’indipendenza dal potere giudiziario, in altre parole, in Iran coloro che difendono i prigionieri con accuse politiche, contro la sicurezza dello Stato, o che hanno apertamente manifestato contro il comportamento politico della Repubblica islamica, vengono a loro volta imprigionati, minacciati dai corpi per la sicurezza dello Stato.

Si noti bene che, secondo l’articolo 35 della carta costituzionale in tutti i tribunali giudiziari, ciascuna delle controparti ha il diritto di scegliere il proprio rappresentante legale. Qualora le condizioni economiche della parte non le consentano la scelta di un avvocato di fiducia, la difesa legale deve esserle comunque garantita tramite un legale d’ufficio. Secondo questo articolo della costituzione, il principio della scelta dell’avvocato tramite le parti in disputa, è riconosciuto ufficialmente, purtroppo tutto ciò non accade sempre e non succede che sia presente il rappresentante legale in tutte le dispute.
Nella legge del principio del diritto penale, approvato in Iran, l’articolo 5 di questa norma prevede che all’accusato debba essere riconosciuto l’ottenimento di un legale rappresentante, deve essere riconosciuto il diritto alle parti in disputa, fra questi la scelta legale.
Secondo l’art. 190 della nuova legge, l’accusato in fase di preliminare (indagine preliminare), potrà essere assistito da un suo legale. Questo diritto deve essere comunicato all’accusato prima dell’indagine preliminare tramite il GIP. Nel caso che l’accusato fosse convocato, questo diritto deve essere comunicato tramite lettere di convocazione. Il rappresentante legale, con l’acquisizione delle informazioni dei capi d’accusa e le sue motivazioni, deve presentare la richiesta dei documenti per la scoperta della verità ai fini dell’applicazione della pena. Le dichiarazioni del legale rappresentante vengono verbalizzate, secondo il comma 1 dell’art. 190. Se l’accusato non è accompagnato da un avvocato, oppure non ha capito di aver tale diritto, l’indagine sul suo caso non è affidabile. Mentre secondo l’art. 346 “in tutti gli ordini penali, le parti in disputa possono presentare il loro legale, e nel caso in cui ci siano più legali, la presenza di uno di loro è sufficiente per procedere con l’istituzione del processo”.

Una delle difficoltà principali che si è creata, per la professione del rappresentante legale, è l’approvazione del comma dell’art. 48 del codice penale. Questo articolo ed il relativo comma prevedono, che “con l’inizio della considerazione dell’accusato, la richiesta della presenza dell’avvocato (il quale dovrà rispettare con attenzione la segretezza degli accertamenti e i colloqui) sarà al massimo per un’ora e dovrà presentare le sue osservazioni nel fascicolo dell’accusato”.
Il comma prevede che per i reati contro la sicurezza dello Stato interna – esterna ed anche per i reati organizzati, la pena segua l’art. 302 del codice penale, nella fase di indagine preliminare tra le parti in disputa, l’accusato potrà scegliere il suo, oppure i suoi legali tra gli avvocati dei tribunali riconosciuti dal potere giudiziario. L’elenco degli avvocati sarà comunicato dal presidente del potere giudiziario.
Il comma in questione ha provocato:
1. La facoltà della scelta da parte dell’accusato con reati politici non esiste più
2. Stabilisce la discriminazione
3. L’ottenimento del legale risulta impossibile
4. Elimina l’Indipendenza del legale
5. L’intervento del potere giudiziario in merito di difesa

Questa legge ha provocato un danno enorme per la garanzia nel giudicare e per i diritti della difesa in Iran.
Questa legge ha determinato, altresì, contrasti enormi tra il potere giudiziario e gli avvocati indipendenti ed onesti che esistono.

Gli avvocati che si oppongono al potere giudiziario e difendono onestamente gli accusati per i reati politici e contro la sicurezza dello stato, vengono sistematicamente sottoposti a minacce, alla repressione e sono soggetti di persecuzione.

Attualmente sono ancora in carcere i seguenti avvocati, preparando un fascicolo politico:
Nasrin Soutudeh
Ami salar Davuudi
Mohammad Najafi
Massud Shams Nejad
Farhad Mohammadi
Mostafa Daneshju

E hanno chiamato in tribunale i seguenti avvocati:
Ghassem Shouleh Saadi
Payam Derakhshan
Arash Keykhossravi
Mehdi Hushmand Rahmi
Hedi Amidi
Farokh Fruzzan

Altri ancora sono stati convocati al dipartimento della sicurezza nazionale, ad esempio:
Masslah Ghorbani
Abrahim Yazdi

Tutta questa repressione contro gli avvocati si manifesta in contrasto con la legge e non è compatibile con i principi di diritto e con le regole internazionali.

Vincenzo Pace
già professore ordinario di Sociologia delle religioni nell’Università di Padova e fondatore del Master sugli studi sull’islam d’Europa

La cosa che tutti ci chiediamo è: com’è possibile combinare una pena di 33 anni di carcere più 48 frustate? Che senso ha? Qual è la posta in gioco rispetto al reato, che da quello che abbiamo capito è definito come reato grave, ma non è cosi grave da giustificare questo tipo di pena.

Durante il movimento di protesta tra il 2009 – 2010, che ha interessato non solo la città di Teheran, ma anche altre città dell’Iran sono scesi in piazza moltissimi giovani e moltissimi studenti. Tuttavia il cuore pulsante del movimento era rappresentato da giovani ragazze senza velo.

Queste ragazze infatti invece di indossare il velo o il chador si mettevano un foullard di colore verde attorno al collo o sulla bocca.
Proprio per questo motivo tale movimento di protesta, che anticipa le primavere Arabe, verrà chiamato “dell’onda verde”.
Tutto ciò anticipa anche un elemento chiave per capire i movimenti di protesta per la democrazia e per la giustizia sociale negli altri paesi, che è l’uso dei nuovi mezzi di comunicazione ossia dei nuovi media. Per cui la rivoluzione dei Twitter è quella che è avvenuta in Iran prima che in Egitto o in Tunisia.
Richiamo questa cornice a cui ha fatto riferimento anche Mohsen Hamzehian, perché uno degli slogan che le persone che scendevano in piazza lanciavano era che le elezioni che c’erano state in Iran il 12 giugno 2009 erano andate in un modo molto strano. Sembra ieri, ma è 10 anni fa.
Molte fonti sia interne che esterne parlavano chiaramente di brogli, perché? Perchè aveva vinto le elezioni un personaggio che già era stato presidente dell’Iran, mister Mahmud Ahmadinejad. Quest’ultimo è l’espressione della parte più conservatrice, più violenta e più dura del regime nato dalla mente di Khomeini. Quindi è proprio l’accusa dei brogli che porta la gente a scendere in piazza usando lo slogan : “dov’é il mio voto? “. Io, riguardando queste immagini stasera, aggiungerei che molte di queste ragazze automaticamente oltre a dire “dove è il mio voto”, aggiungevano “dov’é il mio volto?”.Perchè il mio volto è stato nascosto, è stato celato perchè mi si è imposto per una disciplina di massa e per una legge ingiusta di velarmi.

Come si capisce questa avvocatessa paga un prezzo cosi spropositato perché in realtà quel movimento ha lanciato un segnale potentissimo di insostenibilità di un regime che è nato nella mente di un personaggio che si chiamava Khomeini e che, io lo ho sempre detto questo, ha praticamente sovvertito con le sue mani la stessa tradizione sciita.
Non si è mai visto infatti, nella storia dello sciismo, il clero che va al potere. È con Khomeini che si sperimenta questa via così clericale di possedere dove la sta il potere, di possederlo e di imporre, attraverso questo potere, un regime della verità.
Perchè noi siamo al potere, perché dio ci manda qui.
Quando durante i brogli, la guida suprema Ali Khamenei va in televisione e afferma che non c’è stato nessun broglio, le elezioni del 2009 sono andate benissimo, tutto legittimo e che il signor Mahmud Ahmadinejad era stato scelto per scelta divina. Quindi è un Dio che imbroglia quello di Khomeine.

Il punto fondamentale che questa storia terribile di Nasrin rappresenta è che tutti i nodi si sono aggrovigliati attorno a un sistema politico che manifesta sempre di piu la sua arroganza e la sua strutturale incompatibilità anche con la tradizione sciita. Perchè se non si attacca su questo elemento e non si fa una critica anche su questo punto, si rimane solo sul tema politico. In realtà Khomeine non era un uomo politico puro, però ha avuto in testa un progetto di teologia politica nel dire “se noi andiamo al potere questa Costituzione che ho in testa dovrà avere una cupola non democratica”, che è l’organismo dei Guardiani della rivoluzione non elettiva di cui parlava Nohsen Hamzehian, cioè una struttura che comanda su tutto, che può intervenire sulla formazione delle liste elettorali e dire questo deputato non va bene, non è in linea con le nostre idee, oppure quell’avvocato non va bene oppure quel giudice non va bene. Per cui quella costituzione che ha un’apparenza di costituzione repubblicana, se voi la leggete senza leggere un paio di articoli che sono abbastanza chiari, vedete che c’è un Parlamento, ci sono le elezioni politiche, ci sono i partiti, ci sono pesi e contrappesi come in tutte le costituzione democratiche. Consigli che controllano altri consigli e così via. Se si liberasse quella costituzione da quella cupola non elettiva sarebbe una costituzione democratica.

Questo lo dico perché non è la prima volta che soprattutto la nuova generazione scende in piazza e si confronta, e questo bisogna dirlo, con un altro pezzo di giovane generazione, che fa parte di gruppi ormai divenuti clientelari dell’apparato di stato.
Khomeine non si fidava dell’esercito in quanto tale, della polizia in quanto tale, ha avuto bisogno di crearsi dei corpi speciali, uno è quello noto da cui è venuta fuori questa figura inquietante di Mahmud Ahmadinejad che sono i Pasdaran, ma c’è un altro gruppo che è quello dei Basij che vuol dire Milizia degli oppressi. Ormai non sono più oppressi ma sono un gruppo parastatale che gode di una serie di privilegi. Questo gruppo proprio come i Pasdaran viene mandato spesso a fare il lavoro sporco.
Durante le proteste del 2009 c’è un altra donna che va ricordata per uno scontro tra i Basij e gli studenti che manifestavano disarmati. I Basij erano armati ed uno ha sparato e ha ucciso Neda Soltani, una ragazza che è diventata un pò come la figura del ragazzo tunisino che si fece bruciare come segno di protesta. Neda via social, via twitter è diventata una sorte di santa, una martire della protesta.

Quando noi parliamo di questo caso stiamo parlando in realtà di tutti i nodi che si sono aggrovigliati nella storia dell’Iran contemporaneo.

Stiamo parlando di un popolo che è molto maturo, che ha un tasso di cultura e di istruzione elevatissimo, che avrebbe voglia di sentirsi libero.
Lo si può anche misurare guardando attentamente i vari cicli elettorali degli ultimi decenni in cui c’è un bisogno ed una voglia di democrazia che non è frutto solo di una naturale insofferenza verso un regime che è sempre più chiuso, repressivo.
C’è un popolo che non ha solo un istintiva protesta ma un pensiero, un pensiero politico.
Noi pensiamo che l’Iran sia sempre stato cosi ma è un errore, per carità stiamo parlando di quarant’anni, ma ci sono correnti democratiche storiche che hanno fatto la storia dell’Iran.

Quando noi ci battiamo per la difesa dei diritti umani, ed in questo caso la difesa di Nasrin, ci stiamo battendo perché l’Iran esca da questo incubo in cui il regime khomenista l’ha condannata da troppo tempo.

Gli amici iraniani mi dicono di non esagerare nel parlare in modo benevolo di tutta quella parte di clero che non è d’accordo con questa linea. Il regime imposto da Khomeni, muovendo anche da analisi di tipo teologico, viene criticato sempre più per il modo con cui è stato costruito. C’è anche una letteratura teologica sui diritti umani che ovviamente viene fatta in modo strumentale: siccome bisogna andare contro il gruppo al potere si va a prendere anche il discorso sui Diritti Umani. E’ un discorso che ovviamente va preso con cautela però anche lì qualcosa non funziona più, non c’è più un blocco di unanimità, ci sono delle fratture profonde all’interno del clero.
Noi speriamo che prima o poi qualcosa succeda.
Non facciamo però come quando è morto Khomeni, che tutti si aspettavano che morisse perche cambiasse qualcosa ed invece abbiamo avuto Khameini. Tutto è cambiato perché non cambiasse niente.
Quanto potrà andare avanti Khameinei? Ci sarà un punto di svolta, un passaggio … vedremo.
Nel frattempo noi dobbiamo preocuparci delle vittime, delle ingiustizie e delle violazioni dei diritti umani.
Nasrin questa sera è nel nostro cuore.

DIBATTITO

Dopo la gli interventi dei relatori si è aperto lo spazio per il dibattito e numerose sono state le domande dal pubblico per approfondire i temi trattati.

La prima domanda ha riguardato l’approfondimento dello scenario interno al mondo scita, rifacendosi a quanto esposto dal professor Pace.

Il primo a rispondere è l’ospite iraniano che afferma come la scuole religiose sciite siano diverse.
“Quella che comanda è la Scuola a cui fa riferimento Khomeine e si basa sulla convinzione che religione e potere politico vadano uniti.
In Italia esiste un potere giudiziale indipendente dallo Stato, è questo che è importante. In Iran è tutto nelle mani del Rais Khomenei: Khomenei può cambiare la legge, cambiarla senza chiedere a nessuno.
È vero che il nostro paese è una repubblica ma questo è solo una sorte di figura.
Il professore ha accennato che il problema principale dell’Iran è la religione al potere. Parlavo prima del codice penale, del codice civile e della costituzione che non è modificabile e bisogna capire che quelli articoli sono stati messi per ingannare e soddisfare alcune figure.
Il vertice del potere dello stato approfitta del sentimento religioso della popolazione per la propria sopravvivenza. Impongono la repressione al nome della religione.”

Prende poi la parola il professor Pace con una breve descrizione della nascita della religione scita in rapporto a quella sunnita . Dopo aver spiegato cosa sta alla base della religione scita e le sue varie scuole, l’intervento si chiude con una riflessione sul fatto che “Khomeni è un esempio moderno di teologia politica, cioè un modo fondamentalista di concepire il rapporto tra religione e politica. Il fondamentalismo è un fenomeno moderno, per questo ci vuole che dentro la società si crei una forza proveniente della società civile democratica che riporta all’ordine i rapporti tra religione politica e rimette ciascuno nella propria casella”. L’intervento continua con la riflessione su come, in questo senso, si possano vedere segnali anche all’interno del mondo scita dell’esistenza di tendenze per contrastare l’impostazione dittatoriale.

La seconda domanda riguarda il futuro ovvero se esiste la possibilità di avviare un percorso di riforme oppure se non c’è nessun’altra via che una rivoluzione. Ed ancora come si possano contrastare tutte le false posizioni dei difensori dei Diritti Umani in Italia ed in Europa, che coprono quel che accade in Iran, dipingendo l’Iran come una vittima.

Ancora una volta il primo a rispondere è l’ospire iraniano che parte dal racconto di quel che faceva in Iran come avvocato, scrivendo articoli e insegnando all’Università, per dire che l’Iran è malato socialmente.
“In Iran dove il potere sta in piedi grazie ai Pasdaran e ai soldi del petrolio non c’è possibilità di riformare lo stato. E’ come se il popolo iraniano si trovasse in un carcere enorme e ha bisogno della solidarietà dalla comunità Internazionale, perché è necessario che questo regime vada via e venga superato”.
Alla seconda questione risponde Moshen Hamzehian che parte dalla constatazione che nella situazione internazionale attuale la politica estera europa non è indipendente. E’ che l’Iran è imprigionato tra i Pasdaran e Trump, che di certo non può fare lezioni di diritti umani.
Conclude l’ospite iraniano parlando dell’uso dei matrimoni per bambine e donne minorenni come una delle espressioni più drammatiche di quale sia la condizione delle donne in Iran.
“Non esiste l’uguaglianza e tutto questo nel 2019 è molto ingiusto”.

La terza domanda riguarda le condizioni di Nasrin e come un regime di questo tipo possa avere appoggio sociale .

Il primo a parlare è Hossein Ahmadiniaz che ricorda come in tanti abbiano appoggiato la rivoluzione di Khomeni e quanto false fossero le dichiarazioni che faceva allora. Ci vorranno diverse generazioni prima che tutto cambi davvero.

L’ospite iraniano descrive poi come il Tribunale della rivoluzione che ha condannato Nasrin non abbia uguali al mondo e ne descrive il comportamento che nega alla radice qualsiasi diritto alla difesa.
“Per questo Nasrin non ha fatto ricorso, perchè nei fatti non esiste una giustizia penale in Iran. Lei si trova nel carcere di Evin e sta sopportando la sua condanna. Anche suo marito è stato condannato ed era in carcere prima.
Stiamo parlando di un sistema carcerario in cui non esistono diritti e noi non possiamo avere sue notizie.”

Conclude ricordando come siano migliaia le persone come Nasrin.
“Nasrin è riusciata portare la sua voce a livello internazionale ma tanti altri non possono avere questa voce.
L’Iran è pieno di prigionieri politici che sono stati condannati anche solo per il reato di opinione, non sono politici e Nasrin rappresenta proprio il prigioniero politico in Iran.”

Interviene la rappresentante di Amnesty International, che ha seguito il caso di Nasrin fin dall’inizio, ricordando la campagna per la sua liberazione.

L’ultima parte del dibattito è dedicato a quello che si può fare qui in Italia, a Padova.

A rispondere è il professor Mascia.
“La situazione dei Diritti Umani si sta complicando anche a livello internazionale.
E’ di qualche giorno fa la notizia che alle Nazione Unite hanno tagliato i fondi per le riunioni dei Comitati per il diritti umani, che sono dieci e si riuniscono annualmente composti da persone indipendenti.
In particolare non potranno riunirsi in autunno il Comitato per i diritti dei bambini, e il Comitato contro le discriminazione contro le donne. Questo proprio nel trentesimo anniversario della Convenzione sui diritti dei bambini e nel quarantesimo anniversario della Convenzione internazionale contro la discriminazione della donna.
I comitati svolgono un ruolo importante per quanto riguardano la raccolta della informazione sulla violazione dei diritti in Iran, in tutti i paesi, compreso il nostro.
Basta pensare a cosa sta accadendo nel nostro paese e al richiamo che è stato inviato al nostro governo qualche giorno fa.
Questi comitati sono supportati soprattutto da Organizzazioni Non Governative.
Le ONG sono un altro attore che vede sempre più ristretti gli spazi di azione.
Gli stati e i governi stanno attaccando in guanti bianchi due entità che difendono i diritti umani in giro per il mondo: le Nazione Unite e le ONG.
Per far svolgere queste riunione che si svolgono a Ginevra servirebbero 2 milioni di dollari, quindi una cifra irrisoria, però i tagli che stanno facendo a tutti i meccanismi di protezione dei diritti umani è fortissimo.
Vi do un dato: l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani ONU, che gestisce tutte le procedure speciale e i meccanismi per la salvaguardia dei Diritti Umani dovrebbe aver un budget attorno ai 320 milioni di dollari all’anno, quest’anno il finanziamento ordinario delle Nazioni Unite è stato di 100 milioni di dollari.
Questo ufficio ha lavorato e funziona con i contributi volontari degli stati e fino ad oggi gli stati hanno versato come contribtto volontario intorno ai 85 milioni di dollari, ma sono pochi rispetto a quello che versavano negli anni precedenti.
Lo stesso possiamo dire del funzionamento della Corte europea per i diritti umani. Il Consiglio d’europa non riceve più i finanziamenti necessari per fare funzionare la Corte.

I governi non soltanto violano i diritti umani in casa propria ma stanno attaccando quelle organizzazioni non governative e quelle istituzioni internazionali che hanno il compito di proteggere i diritti umani, di dare voce a chi subisce violazioni dei diritti umani.

È una situazione veramente difficile e la domanda è più che opportuna, cioè cosa possiamo fare per tenere alta la tensione su queste tematiche?

A Padova abbiamo creato assieme con il Comune, con l’assessore Benciolini e con l’associazione di volontariato da Amnesty International, ai Giuristi democratici, all’Ordine degli avvocati questa rete, ossia un nodo locale per sostenere le lotte dei difensori dei diritti umani.
La prossima iniziativa la facciamo insieme il 5 giugno alle 16.30 qui in sala Paladin e come ricordava prima l’avvocato d’Agostino ci sarà una tavola rotonda.
Io direi proviamo a rafforzare questo nucleo locale della Rete In Difesa Di.
La nostra idea è quella di riuscire ad accogliere in autunno un difensore dei diritti umani da ospitare nella nostra citta, all’interno di una casa rifugio dentro un programma molto più ampio europeo e internazionale.
Grazie.

Articolo in collaborazione con Giuristi Democratici di Padova


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