Quello che non si dice sulla Siria di Assad

La Siria è oggi territorio di guerra per “commissione”. In questo piccolo pezzo di mondo poteri regionali ed internazionali, vecchi e nuovi, si combattono, in prima persona o attraverso i loro alleati, per interessi che riguardano il controllo dell’area e gli scenari geopolitici globali.

Attorno alla cosidetta “guerra al terrorismo” sono molteplici le
alleanze variabili (basta pensare al supporto dato da Arabia Saudita o Turchia all’Isis) che vengono usate per la definizione della Siria futura e della sua collocazione regionale. Nessuno vuole perdere l’occasione.

Ed è così che appoggiare il regime di Assad diventa un’utile mossa per non mancare alla futura spartizione dell’area in zone di influenza. La Russia e l’Iran, con i suoi alleati come Hezbollah, non nascondono l’appoggio ad Assad, che peraltro è diventato anche per parte dell’Occidente il “male minore”. In tanti si affollano nel sostenere che il futuro della Siria non può che passare dal mantenimento di un uomo forte al comando, perché non succeda quel che è successo in Libia. C’è anche chi addirittura sostiene Assad come avamposto antimperialista, e cioè antiamericano nell’area… Ma in questo caso siamo alla demenza politica.

Non è certo facile districarsi nel vorticoso rimescolarsi delle alleanze ed interessi in gioco.
Una cosa è certa: a pagare il prezzo più alto è la popolazione civile. Città distrutte, vite distrutte. Un pezzo di questa distruzione ha un responsabile preciso: il governo di Assad. E’ impossibile ragionare sul futuro della Siria senza tenere in conto quello che Assad ha fatto e continua a fare contro i movimenti civili d’opposizione.

Non abbiamo ricette semplici, ma sentiamo che dire la verità, non nascondere la realtà, può aiutarci non solo a comprendere ma anche a sperare insieme alle donne e uomini siriani che ci possa essere un futuro per questo pezzo di mondo.

Quella che vi proponiamo è la testimonianza di Mazen Al Hamada, sopravvissuto alle carceri di Assad, che accompagna in queste settimane in Italia la Mostra Fotografica “Nome in codice: Caesar. Detenuti siriani vittime di tortura”, che numerose organizzazione italiane stanno facendo circolare come denuncia di quanto avviene nelle carceri di Assad.
L’intervento è stato realizzato a Padova dove la Mostra è stata organizzata dal Centro di Ateneo per i diritti umani dell’Università degli Studi di Padova, come descrive l’articolo a cura del Il Barrito

<<Vorrei ringraziarvi per la vostra solidarietà con il popolo siriano. Mi chiamo Mazen Alhummada, sono stato arrestato dal regime di Assad per un anno e sette mesi solo perché abbiamo chiesto un po’ di libertà e democrazia. Sono stato arrestato dal regime con i due miei nipoti, tutti e due erano studenti universitari. La nostra accusa era di essere in possesso di pacchi di latte da portare a dei bambini.
Eravamo vicini alla cittadina di Dar Al Zour, e il regime aveva messo tutta la popolazione sotto sequestro senza nessun aiuto militare e la nostra colpa era quella di avere il latte per i bambini che avevamo cercato di far arrivare all’interno della città.
Sicuramente l’arresto è drammatico fin dal principio: ci hanno legato e ci hanno messo nel bagagliaio della macchina finché non ci hanno portato al centro di servizi segreti e di aviazione; in Siria ci sono 11 sedi dei servizi segreti e uno di quelli dove sono arrivato è quello dell’aviazione. Il racconto che vi farò sulla tortura riguarderà solo quello che ho subito io.
Appena sono arrivato, quattro soldati dei servizi segreti mi hanno fatto una specie di accoglienza: hanno cominciato a picchiarmi e mi hanno rotto quattro costole.
Appena siamo arrivati ci hanno legato al muro in punta di piedi e hanno iniziato a torturarci; nessuno poteva urlare perché a chi si fosse permesso di urlare avrebbero messo una scarpa in bocca. Siccome eravamo appesi a 40 cm di altezza, le corde con cui ci hanno legato facevano molto male ai polsi, a causa del peso del corpo.
Altri militari scaldavano dei ferri e ci bruciavano anche con le sigarette. Sicuramente il motivo della tortura non era solo quello di farci del male, volevano strapparci delle dichiarazioni che servivano loro davanti al mondo.

Nel 2012, dopo un anno di rivoluzione, ci hanno accusato di essere terroristi per mostrare al mondo che Assad combatteva contro i terroristi e non contro il popolo siriano che è sceso in strada chiedendo democrazia. Io durante questo periodo sono stato all’ospedale militare 601 e con i miei occhi ho visto persone in situazioni peggiori rispetto alle foto che sono presenti in questa mostra.
Noi eravamo quindi costretti a dichiarare di essere terroristi, così Assad avrebbe avuto documenti da mostrare al mondo e dimostrare che lui effettivamente combatteva il terrorismo.

Uno dei peggiori metodi di tortura che hanno usato è stato quello di legarci il pene con delle rondelle e metterci dei pezzi di legno nel sedere per strapparci le dichiarazioni che a loro servivano, inoltre ci minacciavano dicendo che qualsiasi siriano avesse parlato a sfavore del regime avrebbe subito pene peggiori.
E’ inutile parlare delle usanze abituali del regime: tutti i giorni ci sono morti per malattia. Ragazzi di 16 anni che venivano bruciati per incutere paura. Due, tre morti ogni giorno venivano bruciati e buttati nell’immondizia.
Chi chiederà libertà dunque farà questa fine.

Queste foto sono state stampate tramite un ufficiale dell’ospedale 601 dove sono stato per una settimana: lì bisognava dimenticarsi il proprio nome e il nome diventava un numero.
E’ inutile dire che questo ospedale non è per niente un ospedale: è un luogo dove vengono uccisi tutti gli oppositori del regime di Assad. Durante questa settimana in cui sono stato lì, ho visto trenta oppositori morti.
Il numero fornito era importantissimo perché in caso di morte serviva ai servizi segreti per capire chi fosse questa persona: nessun altro lo poteva sapere. Gli “infermieri” avevano l’unico compito di uccidere la gente.
Quando mi hanno portato dal carcere all’ospedale ero meravigliato e chiedevo ai miei carcerieri “perché mi state portando in ospedale se volete uccidermi?” e loro mi hanno risposto che mi portavano li per uccidermi, non per curarmi.
Eravamo bendati e le nostre mani erano legate dietro la schiena, quindi non potevamo capire quello che succedeva attorno a noi. Su ogni letto c’erano tre prigionieri incatenati e ci iniettavano medicinali a caso.
Ogni 12 ore avevamo il diritto di andare in bagno per due minuti: appena apri la prima porta del bagno trovi due cadaveri, la chiudi spaventato, corri verso il secondo bagno e trovi altri tre cadaveri, corri per il corridoio e trovi altri cadaveri per terra.
Uno arriva a sentirsi fuori dal mondo, a perdere la testa.
Dalla paura non hai più voglia di andare in bagno, ma non potevi tornare senza aver fatto i tuoi bisogni e ti chiedevano di fare pipì sui cadaveri.
Spesso a mezzanotte i carcerieri avevano l’ordine di uccidere qualcuno: chiamavano i condannati a morte: loro erano ubriachi; li mettevano per terra con gli occhi bendati e le mani legate dietro la schiena e gli dicevano questa frase: “Il tribunale divino ha deciso la tua morte” e lo ripetevano una seconda volta. Con un bastone ricoperto di chiodi di ferro gli davano due colpi: uno sull’osso del collo e uno sulla testa.

Dopo una settimana in questo ospedale ero rimasto vivo e mi hanno riportato nel luogo in cui mi avevano arrestato. Il giorno dopo mi hanno portato davanti ad un giudice; gli ho fatto vedere tutti i segni della tortura e gli ho detto che un bambino aveva dovuto riconoscere sotto tortura di essere un terrorista, e che anche io avevo fatto questa dichiarazione sotto tortura.

I miei cinque amici non so che fine abbiano fatto. Nella mia famiglia ho perso cinque persone, un ingegnere, un medico e tre studenti universitari.
Il regime ha liberato i terroristi e i criminali che erano in carcere e ci ha messo il popolo siriano.

Spesso usavano i civili come scudo umano e quando l’Esercito Libero Siriano avanzava prendeva i civili e minacciava che li avrebbero uccisi con tutti i familiari se avessero continuato l’avanzata. Questo sistema sta andando avanti dal 2011 ad oggi.

Quando Assad ha usato le armi chimiche nelle periferie di Damasco, Obama aveva minacciato di bombardare tutti gli aeroporti siriani e quindi Assad ha svuotato tutti gli aeroporti militari dalle armi e ha messo i prigionieri in questi vari aeroporti e nel caso in cui Obama avesse bombardato, il mondo intero avrebbe visto che gli americani uccidevano i civili. Questa è una tattica che i dittatori hanno sempre usato.

Vorrei concludere sottolineando il fatto che le foto che vedete qui fanno parte di un complesso di 55 mila foto per 11 mila siriani morti sotto tortura. Amnesty International ha documentato la morte di altri 13.500 siriani, morti sotto tortura in soli due anni, dal 2013 al 2015 nel carcere di Mezzeh a Damasco.
Questi sono nemmeno il 10% delle persone morte perchè i numeri sono molto più alti e perchè purtroppo nessuno sa, o meglio, nessuno vuole sapere.
Vorrei solo dirvi che il regime ha inventato tutti i tipi di tortura; la sua mente malata è arrivata ad inventare metodi di tortura che nessuno mai avrebbe potuto immaginare e quello che sta succedendo in Siria è una vera e propria umiliazione del genere umano.
Noi sappiamo che il regime ha ucciso 500 mila siriani sotto tortura, ma ha sempre negato la consegna dei cadaveri. Mio fratello è stato ucciso e non abbiamo mai riavuto il cadavere.

Molto spesso si parla del commercio di organi da parte del regime. Io non ho nessun documento su questo però sicuramente qualcosa c’è.
Anche dei miei nipoti sono morti ma non sappiamo dove siano i cadaveri.
Ad un ragazzo di 16 anni davanti ai miei occhi hanno bruciato prima la faccia, poi la schiena. Lo abbiamo preso e portato dove eravamo noi, ma non avevamo medici per curarlo, avevamo solo un sacchetto di patate per provare a bagnare le ferite ed aiutarlo, ma dopo due giorni ho portato fuori il cadavere perchè era già morto.

Io ho promesso a tutti loro che nel caso in cui fossi uscito vivo, avrei dedicato tutta la mia vita a parlare dei crimini di Assad. Quello che sto facendo io è dare un messaggio a tutta l’umanità, a tutti i popoli, che devono capire cosa sta facendo Assad.
Assad sta spaventando l’occidente dicendo che sta combattendo il terrorismo, ma se c’è un solo terrorista su questa Terra, quello è Assad. Lui è uno dell’Isis, l’unica differenza è che lui porta giacca e cravatta.

Dal 2012, per un anno intero abbiamo manifestato pacificamente, chiedendo un po’ di libertà. All’inizio non avevamo nemmeno chiesto la caduta del regime, avevamo solo bisogno di migliorare le leggi sulla libertà; non si poteva nemmeno parlare liberamente di politica senza finire in carcere.
Quarant’anni prima, il padre di Assad, non era stato eletto democraticamente, ma era salito al potere attraverso un colpo di stato. Aveva fatto un sacco di massacri in varie città, dopo è arrivato il figlio, che aveva studiato in Inghilterra, era diventato medico… Eravamo convinti che ci sarebbe stato un cambiamento, ma il figlio è diventato un dittatore uguale, se non peggiore del padre. In realtà il regime di Assad è sempre stato il miglior alleato di Israele.
L’unica soluzione per la Siria è la caduta della famiglia di Assad. Finché continuano ad uccidere il popolo siriano e a usare armi chimiche, sicuramente non ci sarà salvezza per la Siria.
Il regime di Assad aveva tutti gli interessi per far entrare i terroristi in Siria; insieme a iraniani, russi, usa come pretesto una guerra religiosa per massacrare il proprio popolo. Assad ha bisogno di dimostrare al mondo e all’Occidente che sta combattendo il terrorismo, ma l’unico che ha combattuto veramente il terrorismo in Siria è stato l’esercito Libero Siriano.
Anche russi e americani hanno fornito armi all’Isis e il ministro della difesa americano, dopo che hanno scoperto che tante armi erano nelle mani dell’Isis, ha dichiarato che per colpa del vento molte armi erano finite nel mare.
La maggior parte dei combattenti dell’Isis erano prigionieri delle carceri, liberati da Assad e dal regime iracheno che li ha lasciati scappare via. Il primo ministro iracheno un giorno voleva fare causa al regime di Assad perché mandava i terroristi a combattere in Iran.

Effettivamente non c’è una volontà internazionale di finire tutto questo perché ci sono molti altri interessi sotto, come gas, petrolio, uranio.
Il mondo ha già tutte le prove, sanno di tutti i massacri compiuti, hanno tutte le prove che Assad è un assassino, ma non hanno la volontà di ucciderlo.
In un solo attacco sono morti 1.450 civili nella periferia di Damasco. Purtroppo il mondo ha punito i civili e premiato Assad.

In Siria esistono 61 religioni diverse e abbiamo sempre convissuto. Siamo scesi tutti insieme in piazza per la dignità, per una Siria democratica. Il popolo siriano è pronto a riunirsi per combattere Assad e i terroristi che minacciano non solo la Siria ma tutto il mondo. Abbiamo bisogno anche di pacificazione interna perché Assad è riuscito a dividerci.
Oggi tutte le nazioni che combattono per la Siria, che mandano i loro aerei, i loro soldati, fanno finta di niente e uccidono il popolo siriano. Tutti sanno che l’unico terrorista da uccidere a Damasco è Assad, ma nessuno lo fa.
Ieri 16 bambini sono morti per un bombardamento degli alleati; è da più di un anno che il popolo siriano aspetta che qualcuno intervenga a cacciare Assad.


Pubblicato

in

da

Tag: