Le vene aperte del Perù

In Perù si susseguono le mobilitazioni contro le miniere.
Da Tia Maria, a la Conga fino alle ultime mobilitazioni contro Las Bambas.
Tutte lotte contro le politiche estrattiviste scelta dal governo, attraverso le concessioni rilasciate a company internazionali, dai messicani ai canadesi, per finire con i cinesi.
Conflitti, di varia intensità ed articolati su obiettivi diversi, in molti casi hanno visto l’intervento repressivo dello stato. Si è risposto con l’imposizione dello stato d’emergenza agli scioperi generali, alle manifestazioni portate avanti dalle comunità locali. L’ultima vicenda, in ordine di tempo è stata quella della protesta contro Las Bambas, in mano ad una impresa cinese e considerata la futura più grande miniera del rame a livello mondiale. Ci sono stati diversi morti e solo da pochi giorni è stato sospeso lo stato d’emergenza nella zona.
Ad essere protagoniste della protesta, in prima fila, sono le donne. A loro è dedicato l’articolo che vi proponiamo insieme ad una scheda sulle principali mobilitazioni in campo nel paese.

Le madri della Pacha Mama: donne contro le miniere

Le montagne peruviane non smettono di tuonare. Nella superficie, il rumore dei trapani e delle scavatrici si confonde con gli spari dei colpi di gas lacrimogeni,con le grida della moltitudine, con il sibilo delle pallottole. Le sue viscere cariche di preziosi minerali la condannano a essere sbriciolata. Nelle x segnate nella mappa dai geologhi, le grandi multinazionali identificano il segno matematico che moltiplicherà le loro fortune.

Di fronte ai potenti ci sono loro, chi può cambiare il mondo se non una donna, la nonna di uno studente, la sposa di un contadino? Chi può dare lezioni di economia a una madre povera?. “ La miniera lascia povertà, vogliamo l’industria mineraria ma sostenibile”, assicura la attivista Cleofè Neyra. Quali promesse possono convincere una madre a dare da bere a suo figlio acqua contaminata?

Terroristi, violenti, radicali, guerriglieri...”Sei una stupida, che ci fai qua vecchia, dovresti essere nel tuo frutteto con tuo marito, perchè ti intrometti”, sussurrava nell’orecchio il procuratore di Huancabamba, Felix Toledo Leiva, a Cleofè dopo che lei dovette subire una notte infinita di botte, minacce e palpamenti.

Sono decenni che la società peruviana è divisa sul tema dell’industria mineraria. Attualmente, e secondo il difensore del popolo peruviano, ci sono 70 conflitti sociali attivi contro la estrazione n Perù. Mentre alcuni vedono progresso in ciò, altri vedono l’agonia della Pacha Mama, la madre terra degi incas, dei quachuas, degli aimara, il concetto radicato della natura madre e protettrice. “
“ Amiamo le nostre montagne, le nostre valli, i nostri fiumi…Questa è la vera ricchezza dell’uomo.” assicura Elizabeth Cunya, che lotta con le sue compagne per salvaguardare la zone dell’estrazione.Cleofé Neyra, Elizabeth Cunya, Máxima Acuña, Catalina Torocahua….Eroine per caso di fronte al gigante minatore.

Interminabili ore di cammino per trovare un nemico barricato, minacce allo scopo di abbandonare la terra dei propri cari, scioperi della fame davanti alle porte della chiesa
insultate da chi è favorevole alle miniere. Secondo Carlos del Solar, ex presidente della Società Nazionale dell’Estrazione di petrolio ed energia, sono estremisti che vanno da una provincia a un’altra finanziati dalle ONG internazionali ch vanno contro il paese.

Nel 2005, il marito di Cleofè si dichiarò a favore della miniera, li pagavano 20 soles al giorno per lavorarvi. Poi sono arrivate le voci di attivisti e uomini di chiesa che gli hanno aperto gli occhi con esempi di altre località dove la miniera non solo ha distrutto la montagna, annientato l’ambiente e impoverito ancor più una società tremendamente povera. Privando le comunità della loro maggiore risorsa, la madre terra e la tranquillità. Nelle comunità nulla tornò come prima: alcool, prostituzione, inquinamento, malattie.

Cleofè e suo marito presero parte alla marcia verso Cerro Negro, montagna che già veniva sfruttata dall’industria mineraria, il cui prossimo obiettivo sarebbe stato i monti di Nagalì, insieme alla città di Huancabamba nella provincia di Piura. Le montagne che si aprivano alla sua vista tutte le mattine quando spalancava gli occhi. Lì aspettavano i rappresentanti dello stato e dell’impresa estrattrice, l’inglese Monterrrico Metals.

I manifestanti non arrivarono mai alla loro meta, centinaia di poliziotti e guardie private della miniera braccarono i “ronderos” che resistettero dopo lunghi giorni di cammino tra le montagne. L’elicottero che portava i rappresentanti della miniera e dello stato alla riunione fu deviato con la scusa di scontri con i manifestanti.

Cleofé Neyra ed Elizabeth Cunya furono sequestrate con altri compagni giovani, accusate di terrorismo e occupazione di proprietà privata. Furono trattate in modo violento e vessatorio, si accanirono con coloro che riuscirono a prendere e dopo due giorni di minacce e botte furono messi in libertà. Le attiviste e gli altri ronderos furono denunciati e assolti rispetto ai delitti loro attribuiti. Le stesse attiviste a loro volta denunciarono i comandanti ufficiali della polizia nazionale del Perù responsabili delle azioni intraprese per reprimere la manifestazione dei contadini tra i giorni 26 luglio e primo agosto del 2005, quando si diressero all’accampamento Henry´s Hillde. Denunciarono anche l generale, colonnello e capitano dell’esercito responsabii della sicurezza della zona, i poliziotti e il personale di sicurezza privata che parteciparono direttamente alle azioni di tortura, sequestro aggravato, atti contro il pudore, e per l’omicidio di Melanio Garcia, ucciso da una pallottola che gli attraversò la schiena.

Le denunce contro il procuratore provinciale di Huancabamba e contro tutti coloro che interrogarono i fermati, non furono ammessi in giudizio per mancanza di prove. Dopo 10 anni di attesa, il giudizio inizierà tra alcuni mesi; sono attualmente in corso la fasi di notifica per stabilire la data dell’udienza.

Allo stesso modo è morto nel 2015 Victoriano Huayna Nina, morte provocata del proiettile di un fucile AKM, utilizzato dalla polizia antisommossa peruviana, o Carlos Rondon, trovato morto con uno squarcio nel collo, buttato in mezzo alla strada, due giorni dopo la sua scomparsa. Entrambi sono morti negli scontri durante le manifestazioni contro le miniere di rame di La Tapada e Tia Maria dell’impresa Southern Coopper Corporation che tiene in stato di guerra la località di Cocachacra nella provincia di Islay.

Catalina Torocahua Muñoz è stata una delle voci dello sciopero della fame che hanno tenuto unite le mogli degli agricoltori della zona, davanti alle porte della cattedrale di Arequipa, per sensibilizzare la città riguardo i problemi che le causerà la minera.

Dopo diversi studi rifiutati sull’impatto ambientale, l’impresa ottenne il sì del governo per l’estrazione di rame e si conclusero gli scontri che avevano già fermato il progetto nel 2011. La zona è sul piede di guerra, i manifestanti attaccano la polizia con pietre, tutti partecipano a una vera e propria battaglia campale dove uccisero il poliziotto Alberto Vásquez Durand, settimo morto degli scontri di Tía María.

Maxima Acuna è diventata la paladina “più mediatica” tra le donne a difesa della terra. Grazie agli interventi di associazioni come Amnesty International e Red Ulam (Unione Latinoamericana di Donne) il suo caso è arrivato a fonti internazionali garantendo così la sua sicurezza, fino a questo momento in pericolo.

Davanti a lei, Yanacocha, la più grande miniera di oro del Sud America. É situata a 4.000 metri sul livello del mare e a soli 50 km dalla città di Cajamarca. Dopo poco aver scoperto la miniera, cominciarono a comprare le terre dei contadini con raggiri per ottenerle a prezzi modici. Maxima non volle vendere e si ritrovò accerchiata dalla miniera con la promessa di lottare per montagne e lagune, che considera il suo vero tesoro.

La miniera Iesacosa, dove vive Maxima con la sua famiglia, è perennemente controllata da vigilanti armati, che impediscono qualsiasi libertà di movimento, qualsiasi visita di sconosciuti, con la scusa che per arrivare a casa di Maxima bisogna attraversare tutto il territorio della miniera. Lei stessa fu denunciata dalla miniera per usurpazione da parte delle guardie, arrivando a tentativi di sfratto e a demolirle una parte della casa, protette da una sentenza del 1996 su un’oscura compravendita di terreno fatta con alcuni rappresentati dei contadini. Maxima vinse il giudizio penale e ora l’impresa ha richiesto un giudizio civile.

Metalli pesanti nell’acqua al di sopra dei limiti massimi permissibili, perdite di mercurio, filtrazioni di cianuro nel sottosuolo.. .Nel 2001, il New York Times pubblicò le parole di Lorenzo Kulander, ex vicepresidente del Newmont Mining Corporation, una delle imprese proprietaria della miniera insieme alla Compagnia di Miniere Buenaventura e la Corporazione Finanziaria Internazionale.

L’impresa francese BRMG si ritirò dopo un giudizio nel quale perse le sue azioni al punto che dovette intervenire il governo francese, il quale affermò che Vladimiro Montesinos ricevette quattro milioni di dollari per persuadere il procuratore a favore della impresa peruviana Buenaventura.

In un memorandum di Kuander a Wayne W.Murdy (massimo esponente di Newmont) su Yanacocha, scrisse le seguenti parole: “Nel dicembre del 2000, noi della parte dirigenziale andammo in Perù e ci rendemmo conto per la prima volta che non stavamo agendo in Perù in accordo con gli standard ambientali degli Stati Uniti”.

Le imprese trovano difficile comprendere che la ricchezza non è data solo dal denaro, per gli abitanti delle valli e delle montagne peruviane l’ambiente stesso costituisce la loro ricchezza, si sentono privilegiati di poter vivere circondati dalla natura. Essi non sono totalente contrari alla miniera. Miniera si, però non in qualsiasi luogo e non a qualsiasi prezzo.

A Nangalì, Cleofè ha un nuovo motivo di preoccupazione poichè nei comizi locali di novembre del 2014 perse il ruolo di sindaco provinciale di Huancabamba Wison Ramiro Ibanez, dirigente anti-miniera che era riuscito ad ottenere quattro anni di pace fermando il progetto minerario. La miniera si sta svegliando dal suo letargo e iniziano i tremori che predicono il terremoto.

L’impresa cinese Zijin si è costituita ora con la concessione e sono cominciati nuovi studi, nuovi movimenti tra la popolazione alla ricerca di manodopera, nuove scarpe per le squadre di calcio locali e materiale scolastico per le scuole, piccoli cambiamenti che possono portare grandi risultati. Dividi il popolo e vincerai.

Tratto da El Pais

APPROFONDIMENTO SULLE LOTTE CONTRO LE MINIERE IN PERU’

TIA MARIA

A maggio al centro delle proteste c’è stato il progetto minerario di Tía María (valore: 1 biliardo e 400 milioni di dollari) di cui è concessionaria la Compagnia del rame del sud, una società a capitale misto messicano e peruviano.
Le comunità locali che temono l’impatto della minera sull’ambiente e le fonti idriche hanno dato vita a mobilitazioni molto forti a cui è seguita una dura repressione. Oggi il progetto è sospeso, anche se l’impresa continua a svolgere lavori nella zona.

LAS BAMBAS

Alla fine di settembre ci sono state proteste durissime contro le modifiche della costruzione della grande miniera di rame Las Bambas, di proprietà della società cinese Mmg. Gli scontri tra la polizia e i manifestanti hanno provocato quattro morti e decine di feriti.

Il presidente peruviano, Ollanta Humala, ha dichiarato lo stato di emergenza per 30 giorni e ha autorizzato l’intervento dei militari nelle regioni di Cusco e Apurímac. Lo stato d’emergenza è stato revocato a fine ottobre.
Il caso di Las Bambas è emblematico di quanto accade in Perù.
Stiamo parlando di un progetto situato a 4000 metri sul livello del mare tra le province di Cotabambas e Grau, nella regione di Apurímac; il giacimento pretende di diventare una delle miniere di rame più grandi del mondo quando raggiungerà la sua produzione piena.

Nel 2004, la compagnia anglo-svizzera Xstrata Copper ha avuto la licenza per sfruttare Las Bambas e nel 2010, per mezzo di un contratto milionario (5 mila milioni di dollari) con lo Stato, ed è diventato il padrone del giacimento.
Da allora, la relazione tra minera e comunità vicine erano relativamente buone; tutto è cambiato nel 2013 quando l’impresa Glencore (australiana) e la Xstrata si sono fuse. Per le leggi antimonopolio della Cina e per evitare distorsioni nel mercato cuprífero, Xstrata ha dovuto vendere il progetto Las Bambas nell’aprile 2014. E la favorita è stata l’impresa cinese MMG, fomata da China Minerals (statale), Guoxin Investment International e Citic. Da lì sono cominciati i problemi.

I nuovi padroni cinesi hanno chiesto una modifica dello studio di impatto ambientale (EIA), che comprendeva la cancellazione di un minerodotto e la costruzione di un impianto di molibdeno. La proposta non è piaciuta alle varie comunità contadini e organizzazioni delle zone d’impatto, che dicono che la non costruzione del mineroducto (che attraversava tre province fino ad arrivare a Espinar, secondo Noticias SER) mette a rischio le zone circostanti, per il trasporto del minerale. Sostengono che la sua costruzione potrebbe colpire una delle fonti d’acqua della zona (Challhuahuacho), così come l’edificazione di altre “planta de filtros” nel luogo. Ma soprattutto, le comunità denunciano che non sono state consultate sul progetto e per questo esigono che siano ritirate e che sul progettostesso sia fatta una consultazione.
Stiamo parlando, secondo l’informazione del Ministerio de Energía y Minas (MEM), del più grande progetto minerario del Paese, con un investimento di 10,000 milioni di dollari statunitensi. La minera ha riserve di 6,9 milloni di tonnellate di rame e 10,5 milioni di tonnellate di altri minerali e si spera produca 2 milloni di tonnellate di rame concentrato nei suoi primi 5 anni.
Il Perù è il terzo produttore di rame al mondo e nel giro di pochi anni dovrebbe raddoppiare la sua produzione.

LA CONGA

La proposta sulla Miniera Conga nella regione Cajamarca, porta a gravi rischi per i diritti umani e l’ambiente. E’ proposto dall’impresa mineraria Yanacocha, con investimenti della Banca Mondiale. Distruggerà quattro lagune alto-andine e cento ettari di terreno che sono fondamentali per le risorse idriche essenziali.

“La miniera minaccia la distruzione di nuove fonti d’acqua dalla quale dipende la nostra sussistenza, e depositerà al suo posto milioni di tonnellate di scarichi tossici. O noi, o la miniera” ha detto Milton Sánchez Cubas, leader peruviano davanti al Congresso americano, in rappresentanza della Plataforma Interinstitucional Celendina. Le comunità e i suoi governi locali hanno proposto un piano alternativo per lo sviluppo sostenibile basato sull’agricoltura, l’allevamento e il turismo che cerca di conservare l’ecosistema naturale. Gran parte della sfiducia verso il progetto si deve ai frequenti conflitti ambientali e sociali nella regione che hanno caratterizzato gli ultimi vent’anni di operazioni da parte dell’impresa mineraria d’oro Yanacocha, ubicata a 80 chilometri dalla zona nella quale dovrebbe svilupparsi il progetto Conga.
Le proteste e le conseguenti repressioni hanno fatto sì che il progetto ora sia sospeso in maniera indefinita, ma l’impresa ha continuato ugualmente nei lavori.

APU AUSANGATE


Gli abitanti di Osefina e Chilca (distrito de Pitumarca, provincia de Canchis) hanno denunciato che la compagnia mineraria peruviana Minquest (parte della canadese Camino Minerals Corporation) sta facendo esplorazioni minerarie in vari settori del Apu Ausangate, in maniera incontrollata. Il loro timore è che queste azioni alterino l’ecosistema della zona ed intacchino specie del luogo ad alta vulnerabilità, come vicuñas, vizcachas, cóndores, gatos andinos, e colpiscano le tradizionali attività economiche (allevamento di lama e alpaca) e il turismo comunitario.
Le comunità dicono che la miniera viola i loro diritti per non essere coordinata con loro, eludendo la legge di consulenza previa.


Pubblicato

in

da

Tag: