JASMIN – Presentato il progetto a Tunisi

Si è svolta a Tunisi la presentazione pubblica del Progetto JASMIN , Juenesse Active pour une Société capable de promouvoir l’employabilité e l’INclusion, coordinato dalle ONG italiane Overseas e Cefa, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione Internazionale.

Il progetto si svolgerà in cinque Governatorati della Tunisia, Jendouba, Manoua, Medenin, Biserta e Karouan, e ha come obiettivo quello di contribuire a favorire uno sviluppo sostenibile basato sull’inclusione dei giovani.

Si svilupperà in tre anni attraverso un’ampia gamma di attività: analisi e approfondimenti, momenti di discussione collettiva, percorsi di formazione, animazione per favorire la partecipazione sociale, creazione di possibilità occupazionali attraverso sviluppo di forme di auto imprenditorialità.

E’ proprio la ricchezza del percorso la chiave di una sfida che vuole contribuire alla prevenzione della marginalizzazione e dei processi di radicalizzazione tra i giovani.
Proprio con questo spirito la presentazione del progetto si è svolta con una tavola rotonda dedicata alla situazione delle giovani generazioni, “I giovani tunisini verso l’inclusione sociale ed economica”.

La mattinata si è aperta con i saluti del Segretario Generale di Overseas, Fausto Prandini, che ha rivolto l’attenzione verso l’importanza di una continua condivisione per costruire sinergie basate sulla razionalità ma anche sulla passione comune.
Il rappresentante paese del Cefa, Damiano Duchemin ha dato risalto a come l’avvio di un progetto sia sempre da vivere come l’apertura di una opportunità per nuove relazioni, per un percorso ricco di potenzialità da scoprire.
Il contributo di Mohamed Dhifi dell’AICS, ha sottolineato come uno degli interessi dell’Agenzia sia proprio quello di favorire percorsi di creazione d’impiego, favorendo imprese giovanili.

I coordinatori di Overseas e Cefa hanno illustrato, con slides e dati, gli assi di lavoro di Jasmin.
Sarà possibile approfondire la realtà e l’analisi con una ricerca congiunta tra le Università di Tunisi e di Bologna, saranno offerti momenti di formazioni ed attività pilota per favorire percorsi innovativi di inclusione sociale.
Ci sarà la possibilità di discutere in forma partecipata tra diversi attori sociali attraverso dei Work Cafès e verrà realizzato un lavoro di rafforzamento e valorizzazione degli attori ed operatori pubblici e si costruiranno tavoli di concertazione come stimolo ad una relazione positiva tra istituzioni, organismi pubblici e realtà della società civile.

Molte delle attività saranno rivolte ai giovani: dall’informazione consapevole di quello che oggi esiste come servizi e possibilità in materia di inserimento lavorativo allo stimolo e alla formazione per creare nuove attività lavorative ed imprenditoriale. Il tutto con una particolare attenzione alle donne e al loro protagonismo.

Una sfida basata su un largo cammino da intraprendere insieme tra soggetti diversi in una paese che tutti gli osservatori tracciano come composto da tre zone con sviluppo diseguale: la zona della capitale, la zona della costa orientale e la zona interna rurale. Tre Tunisie non divise da precise linee geografiche ma che continuano ad essere profondamente diverse per condizioni, possibilità e occasioni, con aree che continuano ad essere impoverite e marginalizzate.

JASMIN vuole contribuire ad offrire possibilità per le nuove generazioni o meglio a valorizzare le potenzialità sociali che esistono, ma che fanno fatica ad emergere nelle aree marginalizzate.

La Tunisia oggi è paese che vive in una crisi complessiva.
L’inarrestabile svalutazione del dinaro ha portato ad aumenti del 15 % di tutti i beni di prima necessità. Una crisi frutto delle difficoltà globali e regionali, del calo di importanti settori come il turismo, seguite alle azioni terroristiche, o della produttività agricola a causa anche del cambio climatico ma anche dei contraddittori aggiustamenti strutturali imposte dagli organismi internazionali, come controparte dei prestiti concessi al paese.

In questa situazione difficile cresce la disillusione sociale diffusa verso partiti ed istituzioni (alle prime elezioni amministrative del maggio scorso ha partecipato solo il 35% degli elettori) , visti come riproposizione di uno status quo fatto di corruzione, clientelismi e mancanza di riforme strutturali.
Una disillusione, che affonda le sue radici nel fatto che molte delle speranze di cambiamento sociale ed economico, alla base della spinta al cambiamento, partita ormai 8 anni fa sono profondamente disattese , soprattutto nella Tunisia profonda.

Come in uno specchio rovesciato la Tunisia è anche ricca di espressioni della società civile che resistono, costruiscono anche tra mille difficoltà esperimenti alternativi e si impegnano giorno dopo giorno per costruire un cambiamento reale.

La tavolo rotonda entra nel vivo con l’intervento di Nour Kaabi Direttrice esecutiva di Jamaity, piattaforma della società civile.
Nata nel 2011 la piattaforma è un interessante osservatorio dell’evoluzione delle realtà associative tunisine.
Dopo il 14 gennaio 2011, la possibilità di associarsi liberamente ha portato alla nascita di migliaia di associazioni. Un vero e proprio boom: da poche migliaia a 21.900 associazioni in poco tempo. Da allora molte si sono sciolte o sono “dormienti”.
Ora si può dire che siano 3000/4000 quelle che sono attive in vari campi d’azione, a dimostrazione della pluralità d’espressione della realtà sociale.

Sull’evoluzione delle realtà associative hanno pesato anche le scelte dei donatori soprattutto internazionali. All’inizio i fondi si sono riversati in gran parte verso le regioni del sud, culla della rivolta, creando un nuovo disequilibrio con altre zone.
Intorno al 2014 si è iniziato a consultare maggiormente le realtà locali per capire dove indirizzare i fondi e si è passati ad esempio ad interessarsi anche delle regioni del Nord Ovest , che pure si trovavano e si trovano in una situazione marginalizzata. Ma ci si è trovati davanti ad un nuovo problema: nel 2015, 2016, in zone fino ad allora non toccate da finanziamenti, molte associazioni non possedevano l’esperienza richiesta per accedere ai fondi.
Ancora una volta sullo sviluppo associativo hanno pesato varianti discriminanti, creando una situazione costantemente fortemente diversificata.
Dall’analisi della rappresentante di Jamaity emerge che solo il partire dalle reali necessità, consultando i diversi territori ed esperienze, può rappresentare la via reale per rafforzare, nel senso profondo del termine, l’organizzazione della società civile. “Essere attivi politicamente senza essere stretti per forza nella rappresentanza partitica”, è la sfida che oggi si vive in Tunisia. E forse non solo lì.
L’ultima parte dell’intervento si sofferma a descrivere diversi fattori che pesano sulle realtà associative tunisine oggi.
La legislazione d’emergenza, sviluppata dopo gli attacchi terroristici, le nuove norme finanziarie messe in atto formalmente per rispondere all’accusa per la Tunisia di essere un paese nella lista dei “paradisi fiscali per il riciclaggio di denaro”, hanno portato ad una riduzione generalizzata degli spazi della società civile.
A questo si aggiunge un tema che riguarda anche la nostra realtà italiana e cioè il fatto che il terzo settore viene forzato ad essere prestatore di servizi per lo stato, con tutto quello che questo comporta come legame asfissiante.
Una nuova situazione a cui le associazioni devono far fronte difendendo la libertà d’associazione ed al tempo stesso costruendo una propria maggiore credibilità, attraverso trasparenza e buone pratiche.

Dopo i numerevoli spunti lanciati dalla responsabil di Jamaity ha parlato Zahra Ben Nasr di FACE, Fondation Agir Contre l’Exclusion, organizzazione impegnata a prevenire e lottare contro tutte le forme d’esclusione, discriminazione e povertà, promuovendo l’impegno sociale delle imprese e la responsabilità sociale sia personale che collettiva.
L’intervento ha affrontato un tema particolarmente spinoso, e non solo in Tunisia: il reinserimento sociale di chi esce dalle carceri, in particolare i giovani.

La parola è poi passata a Sami Hamrouni di Radio Web Mornaguia. Radio web attiva nella comunicazione, costruita proprio a partire dal protagonismo giovanile.

Nella seconda parte della giornata hanno parlato i tanti partner del progetto Jasmin.
A prendere la parola per primi Marwa Mahmoud e Ivan Mario Cipressi della Fondazione Mondinsieme, che hanno portato il contributo dell’Assessora Serena Foracchio del Comune di Reggio Emila, partner del progetto. Un ponte tra Italia e Tunisia da costruire in ambo i lati per arricchire entrambi i contesti sociali, a partire anche dal ruolo positivo che possono svolgere gli immigrati di ritorno.

Il professor Slim Masmoudi dell’Università di Tunisi ha illustrato il percorso della ricerca che sarà realizzata insieme all’Università di Bologna per creare un percorso di analisi, identificazione ed orientamento intorno ai fenomeni di radicalizzazione tra i giovani.

Claudio Paterniti dell’Associazione Antigone, partendo dalla lunga esperienza dell’associazione nelle carceri, ha sottolineato l’importanza che a fronte della radicalizzazione, generata da processi di marginalizzazione, si possa aprire il confronto su esperienze di decarcerizzazione e sicurezza dei diritti.

Vilma Mazza dell’Associazione Ya Basta ha descritto quello che può essere il contributo di linguaggi artistici come i fumetti e la musica o di espressione sportiva come il parkour nel rafforzare le potenzialità sociali dei giovani e nell’investire in nuovi ed innovativi percorsi lavorativi.

A prendere la parola sono stati poi i partner tunisini, diversi per appartenenza e geografia, ma accomunati da un lavoro proprio nelle zone marginalizzate a favore di una partecipazione attiva di giovani e donne alla vita sociale come base per uno sviluppo sociale, economico e di diritti, che è alla base della prevenzione di fenomeni di radicalizzazione.

Ammar Khemili, presidente di AKAD Association de Kairouan pour l’Auto-Developpement ha illustrato il lavoro che portano avanti nelle zone vicino a Kairouan per il sostegno di donne e giovani, attraverso la creazione di possibilità di impiego nelle zone rurali, con particolare attenzione alla difesa dell’equilibrio ambientale e delle risorse locali.

Hamadi Jeljeli presidente di CCDE Association Creation & Creativite pour le Developpement & l’Embauche della zona di Biserta ha sottolineato come ci sia bisogno di promuovere e sostenere l’economia sociale, approfondendo la ricercazione sul territorio, per creare nuove sperimentazioni, mettendo a disposizione esperienze positive e condividendo idee e percorsi.

Sonia Balkis Kamech, presidentessa di Emel Tounes, che opera nella zona di Jendouba ha descritto come il loro intervento si fondi sull’importanza di una visione della cittadinanza che sia anche appartenenza e valorizzazione della terra in cui si vive, una eco-cittadinanza

Il rappresentante di ADDCI Association de Zarzis pour le Developement Durable e la Cooperation Internationale di Zarzis ha parlato dell’importanza di possibilità innovative di creazione di impiego e di promozione dei diritti sociali ed economici, proprio nelle zone di forte emigrazione.

A chiudere gli interventi è stato Imed Zouaoui presidente del Tunisian Forum for Youth Empowerment, che opera a Manouba, ovvero nelle zone limitrofe sfavorite della capitale. Nella loro interessante esperienza è la costruzione di partecipazione diretta dei giovani, la chiave per costruire un futuro diverso.
Una partecipazione che si fa cittadinanza attiva.

Progetto JASMINJuenesse Active pour une Société capable de promouvoir l’employabilité e l’INclusion, coordinato dalle ONG italiane Overseas e Cefa, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione Internazionale.

Progetto iniziato nel 2019 eterminato 2022


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