12 dicembre 1998 – Diritti a Valona

12 dicembre, anniversario della strage di Piazza Fontana. Una strage di stato. Quella aggiunta “di stato” porta con sé la consapevolezza che specifici fatti assumono un connotato ascrivibili totalmente al potere costituito. Scelte che avvengono nella linea di confine del legale, del legittimo ma che trovano la loro ragione di fondo nel perpetrare ad ogni costo le dinamiche di potere, la struttura stessa, in quel momento storico, del potere.

Come riattualizzare nel presente quella data? Come attraversarla senza cadere nella triste retorica? Come far sì che la memoria del passato non diventi una gabbia sterile ma invece una chiave parziale di lettura della realtà?

In quei mesi il mare tra la costa albanese e quella italiana è attraversato da migliaia di esseri umani che vogliono migrare, entrare in Europa, cercare una possibilità di vita. Sono albanesi, ma non solo: sono curdi vengono dall’Asia, arrivano dal Kossovo. La tratta delle vie dell’immigrazione assume la forma del canotto guidato dagli scafisti.

Come ogni tratta formalmente è illegale, sostanzialmente avviene con la complicità strutturale del sistema.Tutto sarebbe semplice con un normale permesso di entrata, con la possibilità di prendere un normale traghetto, di cercare in maniera normale un lavoro. Ma questo non avviene e il Mediterraneo diventa per molti una tomba senza nome, come per i morti della Kate I Rades, speronata da una nave della marina italiana.

Da Valona partono i gommoni, tutti lo sanno, ma per mostrare la faccia della legalità si fanno operare le vedette nel Canale d’Otranto. Non è forse questa brutalità il senso di una moderna strage di stato perpetrata in nome delle frontiere contro l’umanità.

Questi sono motivi che ci spingono a lanciare l’idea di una nave che faccia il viaggio all’incontrario per affermare come cittadini europei che l’accoglienza, i diritti universali di cittadinanza sono valori fondanti dell’Europa che vogliamo.

Nasce così Diritti a Valona. Insieme Centri sociali della Carta di Milano in collaborazione con Il Manifesto, Carta con l’appoggio di diverse città come Palermo, Venezia etc .. costruiamo il viaggio. In treno occupato e poi con un traghetto noleggiato da Brindisi partiamo per l’Albania. Con noi c’è una delegazione dei familiari degli scomparsi della Kate I Rades.

Ad aspettarci all’arrivo a Valona il ministro della cultura albanese Edi Rama, il sindaco Niki Drehda ma soprattutto al molo e poi nello stadio abbellito a festa tanta gente, la comunità albanese.

Dentro il Palasport, in una atmosfera che ricorda i film di Kustorica,  tra canti, interventi e discorsi viene siglato il Patto di Valona.

Un patto di fratellanza che ha al centro l’idea di una Europa aperta, di diritti e civiltà,  nella quale si prenda con coraggio atto del fallimento delle politiche migratorie dell’ultimo decennio e che intraprenda la revisione degli accordi di Schengen e le Leggi nazionali.

Il patto chiede giustizia sulle vittime dell’affondamento della Kate I Rades nel canale d’Otranto, la chiusura dei CPT, l’apertura di un Centro di Informazione e assistenza per agevolare l’ingresso nell’Unione di rifugiati e migranti. Si chiude con l’idea di andare da ogni parte d’Europa a Strasburgo, al parlamento europeo per affermare i diritti di cittadinanza trasformando il 21 marzo, primo giorno di primavera, nell’inizio di una stagione che veda la vita vincere sulla morte nelle acque del Mediterraneo.

Solo tre mesi dopo, i cieli dei Balcani saranno solcati dai bombardieri Nato in nome della guerra umanitaria, allora ancora non lo sapevamo ma al ritorno della nostra breve permanenza in Albania sentivamo che frontiere, navi militari, centri di detenzione non ci rappresentavano e non davano una risposta ad un pezzo d’Europa destinata ad essere esclusa e privata di diritti umani.

Con noi in questo nostro viaggio c’era Dino Frisullo, instancabile compagno nella battaglia per i diritti. Lo vogliamo ricordare affacciato al parapetto mentre guarda un mare grigio, dove affogavano i diritti.

DIARIO

Sono bianchi i fiori che dal nostro traghetto e vengono lanciati nel mare grigio del Canale d’Otranto. Sono i fiori dei familiari degli scomparsi della Kate I Rades, speronata da una nave della Marina Militare Italiana. Siamo in un punto indefinito tra Brindisi e Valona ma come non si conoscono i nomi delle persone scomparse così non si sa in quanti punti del Mediterraneo uomini e donne siano spariti inghiottiti dalle frontiere di Schengen. La nostra rotta è semplice ma con il mare d’inverno è lenta e sembra interminabile. Noi però viaggiamo sicuri siamo cittadini europei, altri questa rotta la fanno di notte stipati su insicuri gommoni, che sfrecciano sulle vecchie rotte del contrabbando.

Arriviamo che è notte, sul molo ad aspettarci lo spettacolo è incredibile: fiaccole accese portate da ragazzini vestiti a festa. Ci circondano in un’ora per loro inusuale. Normalmente a Valona a quell’ora nessuno gira. Dalla spiaggia, tutti lo sanno, partono i gommoni. Prima a Valona arrivano i migranti, trasportati a pagamento fino al punto di partenza. Sono i kossovari spinti all’immigrazione dal silenzio europeo sulla loro situazione, se ne parlerà dopo strumentalmente per accreditare la guerra umanitaria. Ma allora nessuno li fa entrare legalmente in Europa non ne hanno diritto.

Sono curdi ai quali in molti casi non viene neanche riconosciuto il diritto d’asilo. Nel buio della notte a Valona sentiamo queste invisibili presenze.

Camminiamo nelle strade sconnesse, simbolo di una Albania troppo povera, ancora troppo corrotta dall’alto ma che nel basso si sente regione italiana. L’ingresso nel Palazzetto avviene sulle note di Pavarotti come da copione dei migliori spot delle Tv italiane. Al di là dell’impatto che assomiglia ad entrare nel vivo dello scenario di un film balcanico ci sentiamo commossi. Siamo accolti come una vera delegazione europea ufficiale. Negli interventi ufficiali c’è un richiamo costante all’Europa, addirittura ci regalano una bandiera europea con una stella gialla in più: l’Albania.

Lo spettacolo che hanno preparato i cittadini di Valona non ha limiti. Spazia attraverso tutte le musiche possibili, dalle danze popolari in costume ad un piccolo Claudio Villa che avrà 7/8 anni. Noi rispondiamo con alcuni classici italiani da O sole mio a Bella ciao. Tocca a MilintA degli Assalti Frontali interpretare, con una certa difficoltà, i classici della musica italiana. L’intonatura non è il nostro forte. Certo che se sapevamo di dover cantare i nostri classici ci saremmo portati il karaoche, almeno ci ricordavamo le parole, che peraltro i nostri ospiti conoscono meglio di noi, guardandosi alla grande le nostre TV. Molti immaginano che l’Italia sia quella della pubblicità Barilla e dei musical di prima serata ben diversa la realtà reale che troveranno se riescono a partire da quelle spiagge.

Ridandoci tutti un aspetto formale di ufficialità leggiamo il nostro Patto di Valona. Pare una cosa seria, importante e lo è. Per noi quando rimontiamo dopo un improbabile buffet in un hotel, che poi scopriremo essere frequentato anche dagli scafisti, la realtà si presenta semplice: il comandante della nave, pur avendo la nostra garanzia, cerca di non far salire due bimbe che accompagnano le signore albanesi che hanno fatto il viaggio con noi. Alla fine riusciamo a partire tutti, bambine comprese.

Riattraversiamo il Canale d’Otranto in un buoi pesto, illuminato solo dalle torce che ci hanno regalato gli amici albanesi.


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