Rassegna Oblò #1 – Intervista a Pascoe Sabido verso la COP 21 a Parigi

Ospite della serata Questa terra è la mia terra – Cambiamo il sistema e non il clima Pascoe Sabido attivista dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale. Impegnato nella preparazione delle mobilitazioni a Parigi in Francia in occasione della Cop21. Partecipa al Corporate Europe Observatory, impegnato nella denuncia e la mobilitazione contro l’azione delle lobby delle corporations nelle politiche europee.

INTERVISTA A PASCOE SABIDO

Siamo con Pascoe Sabido, del Corporate Europe Observatory, una struttura di lavoro costante e puntuale sul potere delle corporations, delle multinazionali, soprattutto sulle decisioni europee. Con lui questa è un’occasione per parlare di cambiare il sistema e non il clima.
Pascoe, benvenuto, siamo alle porte di un avvenimento importante che è quello di Parigi, la ventunesima Cop sul clima, che si terrà alla fine dell’anno nella capitale francese. Perchè è importante ed in questo momento, ancor di più, mettere al centro dell’agenda politica e sociale il tema dei cambiamenti climatici?

Il cambiamento climatico è uno dei problemi più gravi che stiamo affrontando al momento e che sta letteralmente ribaltando il sistema-natura come l’abbiamo conosciuto finora.
Possiamo vedere i suoi effetti con le siccità, gli incendi e le inondazioni degli ultimi anni ma lungi dall’essere un fenomeno unicamente naturale ha invece profonde radici nel rapporto di produzione e consumo dell’essere umano ed è saldamente ancorato al capitalismo e al neoliberalismo.
Il motivo per cui il cambiamento climatico peggiora irreversibilmente è dovuto a noi, o più precisamente a quell’1% di popolazione che detiene la ricchezza globale e che rifiuta di cambiare economia, sistema di produzione/smaltimento. Questo rifiuto è dovuto unicamente al rischio di perdere un enorme capitale economico.
Questo è il motivo per cui dobbiamo partecipare alle mobilitazioni di Parigi previste per il prossimo autunno dal 30 novembre al 11 dicembre: Dobbiamo esserci per attaccare il cambiamento climatico, per far capire all’Unione Europea e ai governi, al momento più interessati alla produzione economica delle grandi multinazionali, l’importanza e l’emergenzialità del problema.

Dobbiamo dimostrare ai governi che le persone non solo sono consapevoli di quello che sta realmente accadendo sul nostro pianeta ma che inoltre possiedono delle reali soluzioni.
Ci si riferisce ad Iniziative concrete che partano dal fermare le trivellazioni per l’estrazione di petrolio e gas, al boicottaggio della produzione e commercializzazione di alimenti Oogm, all’implementazione di produzione di energie rinnovabili.
Non vogliamo solo essere ascoltati vogliamo mostrare di avere alternative reali!

Molti sono i motivi che ci devono spingere verso Parigi in tant@, per viverla come una tappa importante. Ci puoi raccontare meglio cosa si sta preparando è qual’è la discussione intorno alle mobilitazioni di dicembre?

A Parigi sarà fondamentale far emergere i collegamenti tra tutte le forme di lotta, ambientali e non, per far capire che il cambiamento climatico è solo il sintomo di qualcosa di molto più grande.

Le domande da porre al Summit sono infatti molto pragmatiche: chi governa la nostra economia? Chi controlla la nostra politica? Chi possiede realmente il monopolio delle nostre risorse primarie come il cibo e l’energia?
Già da alcuni anni attivisti e ONG francesi si preparano e lavorano per attraversare queste giornate, uniti nonostante le diversità soggettive per apportare un cambiamento concreto al sistema politico e non solo al cambiamento climatico.

Dobbiamo quindi essere presenti per chiedere di ascoltare la voce di milioni di persone contro dei governi che danno più ascolto al capitale e alle multinazionali.
C’è molto da fare sia prima che dopo Parigi. Saranno organizzate molte azioni concrete e radicali come ad esempio l’occupazione di una delle più grandi miniere di carbone d’Europa prevista in Germania il prossimo agosto, un intervento forte di chi non vuole più aspettare la risposta di un governo che da anni si dimostra silente.

Arrivare all’origine del problema, questo è lo spirito da portare a Parigi!

Bisogna essere presenti per dimostrare che il summit è di per se fallimentare, che solo facendo rete e portando azioni concrete e dirette che vadano a minare la reale origine del problema possiamo apportare un cambiamento.
Non possiamo lasciare che per l’ennesima volta il mancato accorda tra i governi ci venga fatto passare come la colpa di “qualche stato a noi lontano” (Cina, Iran, Canada…), che non si impegna abbastanza nel ridurre le proprie emissioni.
Dobbiamo far capire che le cause sono superiori e che trovano origine nei nostri sistemi economici e politici volti più alla salvaguardia del sistema capitalista e neoliberale che ai reali bisogni del nostro pianeta.

In Italia il dibattito sul cambiamento climatico, ma anche stesso, è totalmente assente dall’agenda politica. Anzi le politiche, varate dal governo, vanno in tutt’altra direzione. Ci piacerebbe sapere qual’è la situazione invece in Inghilterra dal punto di vista politico e sociale?

In Inghilterra abbiamo una situazione per cui il nostro sistema politico sta finanziando e abusando del “fracking” (fatturazione idraulica) ed in questo modo sta distruggendo le campagne, inquinando le falde acquifere e radendo al suolo interi villaggi per far posto a nuovi siti di trivellazione. Tutto questo con l’unico obbiettivo di estrarre ancora più combustibili fossile senza minimamente considerare l’impatto ambientale di tale manovra.
Contrastare il fracking è un’enorme opportunità per tutti gli attivisti e i movimenti sociali inglesi, una spinta a cooperare per chiedere un sistema di energia pulito, che non si basi solo sul sostituire ad una risorsa in esaurimento un’altra ma che parli realmente di una rivoluzione energetica.

In Inghilterra inoltre il cambiamento climatico è diventato un argomento molto discusso nell’agenda politica, viste anche le imminenti elezioni di maggio.
Esiste il partito verde che raccoglie ad oggi circa il 10% delle preferenze elettorali ed inoltre tutti i leader politici inglesi parlano di questioni ambientali ma questa non è assolutamente garanzia di un reale cambiamento imminente.

L’unico modo per poter apportare un reale cambiamento è fare rete, unire i vari attivisti che lottano contro il monopolio energetico, contro il fracking, contro il nucleare. Insieme per dar corpo ad un unica causa che faccia crescere la coscienza che tutti questi fenomeni sono strettamente collegati e inscindibili.
Solo fronteggiando l’intero sistema politico, la privatizzazione energetica, l’austerity e il libero mercato possiamo arrivare a trovare una soluzione non solo per contenere gli effetti del cambiamento climatico ma per garantirci un futuro migliore.

Intervista a cura di Marica Di Pierri – A Sud e Vilma Mazza – Associazione Ya Basta – Caminantes


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