FSM Tunis – Verso la Cop 21 a Parigi

Il Forum Sociale Mondiale è stato ovviamente lo specchio delle contraddizioni e della complessità che si vive in tutta la regione del Nord Africa e del Medio Oriente.
Già due anni fa le contraddizioni non erano mancate. Vedere nel campus stand che inneggiavano a Saddam Hussein, organizzazioni islamiche radicali, organizzazioni con la foto di Stalin, il governo marocchino in funzione anti-sarahwi ed altro ancora, dimostravano la flebile cornice che l’adesione ai principi del FSM comporta.

Quest’anno, con uno scenario in profonda mutazione nell’intera area e all’interno dei cambiamenti globali, le contraddizioni sono state ancora più evidenti.
In questi tempi diventa quasi impossibile, se mai è stato possibile, tenere insieme “il diavolo e l’acqua santa” e forse è arrivato anche per la decennale organizzazione del FSM il tempo di scelte chiare, drammaticamente poste dall’attualità. Pena cristallizzarsi in uno spazio di rappresentanza e non condivisione, in una babilonia di linguaggi incomunicanti ed addirittura a volte opposti.
Non c’è da stupirsi infatti se giovani ragazzi tunisini hanno contestato la presenza dei giovani del partito Ennhada, sia per le responsabilità precise nella copertura data dal passato governo all’estremismo integralista, come denunciato in occasione degli omicidi di Chockri Belaid e di Mohamed Brahmi, sia per l’uso strumentale di tematiche sociali, da parte di una forza tutt’altro che critica con il sistema sociale capitalista.
Oppure che oppositori democratici siriani si scontrino con i sostenitori di Assad. A questo va poi aggiunto, per capire cosa succede nel Forum, la presenza provocatoria di una folta delegazione foraggiata dal governo algerino per cercare di far tacere gli oppositori ed anche per osteggiare la causa sarahiwi (cosa fatta due anni fa dal governo marocchino) oltre che sostenere l’estrazione del gas di scisto, fortemente osteggiata nel paese poiché provocherebbe devastazioni ambientali.

Questi solo alcuni degli episodi più evidenti, ma in generale bisogna dire che se la precedente edizione del FSM nel 2013 a Tunisi era stata un’occasione importante di visibilità per chi continuava a mantenere vive le speranze delle primavere arabe, quest’anno si percepiva una certa inadeguatezza complessiva del FSM a far fronte ai nodi reali che tutti abbiamo dinnanzi.
Nodi e temi che serpeggiavano un po’ in tutti i seminari ma che non hanno trovato uno spazio comune di confronto.
E’ mancata una reale discussione comune su alcuni temi centrali dell’attualità: quello che c’è dietro l’attacco al Bardo, l’affermarsi dell’Isis, la novità rappresentata dall’instaurarsi di uno stato-califfato integralista ed oscurantista, con le sue appendici africane orribili como Boko Haram, l’avanzare di autoritarismi come in Egitto, la frammentazione di interi territori come la Libia, le filiere dei vari contendenti in Siria, l’Iraq sullo sfondo di scontri come quello per ridefinire il controllo dell’area giocata su più piani da Arabia e Iran (come sta avvenendo in Yemen), il ruolo della Turchia, l’ambiguità delle relazioni internazionali globali.
In poche parole la consapevolezza che viviamo in scenari totalmente nuovi, destinati a non poter essere più letti con gli occhiali del passato, a partire dall’analisi del capitalismo finanziario del mercato globale e l’uso strumentale della crisi.
Ecco, se si fosse deciso di affrontare tutto questo in una plenaria ampia ed aperta, probabilmente non sarebbe stato facile, forse sarebbe stato addirittura drammatico. Ma certo sarebbe stata una piccola rivoluzione di cui ci sarebbe bisogno per non continuare in maniera automatica a svolgere seminari ed incontri che sono più di rappresentanza che di condivisione.

Ecco che allora, forse, anche esperienze come quella della resistenza curda nella prospettiva di una costruzione di alternativa nella Rojava e l’intera Siria, così come il lavoro della società civile in Iraq, la caparbia sfida degli attivisti egiziani, i percorsi africani, la realtà europea attraversata da percorsi inediti in Grecia e Spagna, forse, ripetiamo forse, avrebbero potuto uscire rafforzate dalle giornate tunisine.
Bisogna dire che ovviamente tutto questo non è facile, nè semplice. Che forse è quasi impossibile in quest’epoca di moderno medioevo tecnologico in cui viviamo.
Le difficoltà che abbiamo davanti oggi si scontrano con la ricerca di un’alternativa al terrore ed all’autoritarismo. Un’alternativa capace di respingere la barbarie inaccettabile, ridando nuova forza a parole come egalité, fraternité e solidarité.

Temi e domande che anche qui in Tunisia molti si fanno, cercando di continuare a far vivere un punto di vista critico, come è emerso nei confronti della manifestazione di domenica scorsa promossa dal governo tunisino con la partecipazione di delegati internazionali come Hollande e Renzi e di forze come Ennadah. “Al corteo c’è chi è causa dell’orrore del Bardo, tra cui Ennadha” hanno detto in tanti riferendosi alle coperture date dal partito islamico all’integralismo, come è stato denunciato con forza durante le mobilitazioni dopo gli omicidi di Chokri Belaid e Mohamed Brahmi due anni fa.

A casa portiamo nuove relazioni e rapporti, la tensione verso nuove mobilitazioni come quella verso la Cop21 a Parigi.
A questo prossimo appuntamento dedichiamo la nostra ultima intervista dal paese dei gelsomini a Pascoe Sabido che ci presenta i prossimi appuntamenti verso Parigi, promossi dalla coalizione Climat21, convinti che “cambiare il sistema non il clima” sia la possibilità di camminare verso la ricerca dell’alternativa e del cambiamento.


INTERVISTA A PASCOE SABIDO

Quando torniamo a casa raccogliamo tutte le interviste fatte in un piccolo opuscolo.


Pubblicato

in

da