Tunisia – Da Cap Bon a Tabarka con MaTerre

I primi mesi dell’anno si è svolto il voto del Comitato INTA (Commercio) del Parlamento Europeo sull’apertura dei negoziati per l’ Accordo di Libero Scambio Completo e Approfondito (ALECA) tra la Tunisia e l’UE.
Le organizzazioni della società civile tunisina, tra cui l’Union Générale Tunisienne du Travail (UGTT) e La Ligue Tunisienne pour la Défense des Droits de l’Homme (LTDH) che fanno parte del Quartetto del dialogo nazionale tunisino, Premio Nobel per la Pace 2015 denunciano come l’accordo di libero scambio tra Tunisia e Unione Europea “può mettere in pericolo la sovranità del paese, asservire l’interesse del paese alla logica mercantile e minacciare i diritti fondamentali del popolo tunisino, cosa che può contribuire ad aggravare la precarietà di settori della popolazione e esporli al rischio di cadere nella violenza e nel fanatismo”.
L’appello sottolinea gli atteggiamenti a dir poco contraddittori nei confronti della Tunisia. Mentre a parole si dice di voler sostenere la “costruzione di una democrazia pluralistica”, contemporaneamente si continua a imporre relazioni economiche che non si basano sulle potenzialità del paese. Si continua a proporre modelli ben diversi da uno sviluppo equo, duraturo e stabile, basato anche sulle richieste di giustizia sociale che sono state alla base della Rivoluzione del 20111.

Il percorso che vi raccontiamo è una traccia di quello che bisognerebbe appoggiare e sostenere in Tunisia per contribuire ad una idea di Europa che ritrova radici nel Mediterraneo, che immagina un futuro alternativo ai disequilibri che oggi disegnano i confini, con il loro drammatico bilancio di morti e devastazione.

Le nostre tappe sono una pista che nasce dal costante lavoro di diverse ONG italiane che con progetti, tra loro differenti, nell’insieme sostengono la società civile tunisina.

Con l’attivazione dei tre Centri Media Comunitari nel Governatorato di Sidi Bouzid, grazie ai progetti Periferie Attive e Shaping The Mena Coalition abbiamo imparato a conoscere la realtà del sud e i suoi dintorni, come l’esperienza autogestita dell’Oasi di Jemna.

Questa volta viaggiamo nel nord del paese seguendo le piste del lavoro del CEFA e del COSPE, che sostengono progetti collegati all’economia locale.

Stiamo parlando di zone che potrebbero essere valorizzate realmente sostenendo le attività locali come l’agricoltura, le produzioni tipiche. E perchè no … un’idea di turismo sostenibile, ben distante dal business delle grandi catene alberghiere a capitale straniero.

CAP BON
Il nostro percorso nella penisola che si affaccia nel Mediterraneo inizia alla zona delle Lagune di Korba. In tutta la zona opera, valorizzando territorio e patrimonio rappresentato dagli uccelli locali, l’AssociazioneLes Amis des oiseaux. Con loro è possibile oltre ad effettuare escursioni di birdwatch anche conoscere sentieri ed angoli nascosti di tutta la regione.
Una volta raggiunta la località di Kelibia, con le sue splendide spiagge, basta inforcare in bicicletta il percorso segnato dalle frecce.

Il due itinerari si snodana tra stradine in mezzo ai campi, vicino al mare, tra piccole spiaggette ed insenature rocciose.

Prima tappa è il sito archeologico di Kerkouan, dove costruzioni ed architetture intatte permettono di conoscere il mondo fenicio con una prospettiva unica in tutto il Mediterraneo. Il sito, il museo e il giardino sono inserite nella lista UNESCO dei Patrimoni Mondiali dell’Umanità.

Dopo quasi 40 chilometri si arriva fino alla punta della penisola ad El Haouaria, il capo estremo della penisola a soli 140 chilometri da Pantelleria. Nel paese, sempre sul mare, si può trovare alloggio o presso piccole strutture d’accoglienza locali o in case vacanza e da cui si può partire per nuovi itinerari tra mare e monte.

ATTORNO A TABARKA
Il secondo percorso viaggia attorno alla città costiera di Tabarka, cittadina da un passato turistico importante, che ora vive del turismo transfrontaliero algerino.

Nella cittadina ha sede il Cospe che tra gli altri progetti porta avanti FAD. Il progetto coinvolge giovani, pescatori e donne delle località di Tabarka, El Kef, Béja e Siliana per contribuire al miglioramento del settore della pesca, una delle principali attività economica del paese.

L’itinerario che raccontiamo si snoda sulle tracce dei progetti che un’altra ONG italiana il Cefa sta seguendo nel Governatorato di Jendouba.

Gli incontri che facciamo nascono in particolare da Ma TerrE: Marketing Territoriale per l’ImpiegoIl Progetto è stato ideato per creare effetti moltiplicatori di creazione di impiego a partire dall’interazione del settore turistico con il suo patrimonio culturale, naturale ed economico in un contesto ad alta disoccupazione. L’azione mira a promuovere il prodotto “territorio” in tutti i suoi aspetti specifici (geografici, storici, artistici, produttivi, culturali).

La prima tappa è una fattoria/formaggeria Borj Lella tra le colline intorno a Beja, dove ci si è organizzati non solo per allevare le capre ma per produrre squisiti formaggi e offrire tour in bicicletta o a piedi della zona.

Il coordinatore nel raccontarci la storia di questa esperienza di qualità, che si sta cercando di riprodurre con la formazione di giovani del luogo, ci spiega come l’allevamento in Tunisia sia sottoposto alle logiche imposte dalle grandi multinazionali agroalimentari. Quello che si ottiene e che finisce negli scaffali dei supermercati sono preparazioni alimentari che poco hanno a che fare con youghurt e formaggi.
Mangiando una favolosa ricotta, nella sala ristoro da cui si vede la zona di lavorazione del latte, ci ritroviamo a discutere dell’alimentazione a livello globale, di come dare centralità alla filiera corta e di qualità sia fondamentale per la Tunisia come per tutto il mondo. In questa regione caratterizzata dalla disoccupazione giovanile un appoggio fuori dalle logiche clientelari e corrotte dei poteri locali potrebbe rappresentare una realtà alternativa.

Ci spostiamo poi a conoscere Alì che ci mostra gli appezzamenti coltivati in maniera sinergica, facendo convivere diverse piante in modo da non impoverire il terreno. un modo per rifiutare la monocoltivazione e non cadere nel ricatto delle sementi dell’agrobusiness. Un esperimento con buoni risultati che sta attirando l’attenzione dei contadini locali

Un modo diverso di praticare l’agricoltura, ben distante dallo sfuttamento dei terreni che si accompagna allo sfruttamento delle donne, les femmes rurales, che lavorano per pochissimi soldi (il salario giornaliero varia dai 3 ai 4 euro), a contatto con agenti chimici in una sorta di caporalato.

Scopriamo, parlando davanti a delle fragole raccolte pochi minuti prima, che si può percorrere a piedi o in bici l’intera zona con circuiti alternativi attorno alle dighe per raggiungere dall’entroterra le piccole e bellisime insenature di Cap Negro o Cap Serrat

L’ultima tappa è la zona di Ain Draham , paesino di montagna da cui si può partire per diverse escursioni. Con una strada tra i boschi delle Montagne Kroumirie, si raggiunge Beni Metir, villaggio nato nel 1948, in epoca coloniale per ospitare i lavoratori della diga.

… mancano ancora a questo percorso tante tappe e tanti incontri che si possono fare in questo Governatorato che resta uno dei più poverio dell’intero paese.

In questa primo articolo dedicato alle possibilità concrete di uno sviluppo diverso in Tunisia non possono mancare alcune riflessioni sull’artigianato.
A Tunisi al Centro Fieristico ogni anno si svolge la Fiera dell’Artigianato. Non è l’unica manifestazione di questo genere. Se ne svolgono anche in altre località della Tunisia .
Si tratta di un altro settore che, superando logiche di sfruttamento intensivo, più attente ai profitti dell’export che alla ricostruzione del tessuto produttivo locale, può sicuramente contribuire ad uno sviluppo del paese, in particolare nelle aree marginalizzate.

C’è la possibilità di sostenere un’altra idea di sviluppo in Tunisia come in ogni parte del mondo.
E’ una questione di scelte.
Quelle che l’Unione Europee sta intraprendendo con l’Accordo di Libero Scambio Completo e Approfondito (ALECA) non vanno in questo senso.

Conoscere le esperienze che in Tunisia provano, scommettono a costruire una speranza è quello che vogliamo fare per costruire insieme a tante tunisine e tunisini un’altra idea di Mediterraneo.

Per questo vogliamo proporre carovane, visite, percorsi nell’altra Tunisia, se sei interessato contattaci a padova@yabasta.it oppure passa dalla nostra sede in via Barbarigo17 a Padova.


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