Rojava – Incontro con Hadla Omar, Copresidente del consiglio popolare del Cantone di Cezire

La serata, promossa da Giuristi Democratici di Padova in collaborazione con Associazione IncontrArci, La Mela di Newton, Associazione Ya Basta – Caminantes, Edizioni BeccoGiallo, Associazione Nairi è stata occasione di un approfondimento sulla proposta che si sta costruendo nella Rojava,
L’appassionato discorso di Hadla Omar ha sottolineato come la resistenza contro Isis ed i molteplici poteri che agiscono per i propri interessi In Siria corre insieme alla strutturazione sociale del confederalismo come alternativa per l’intera area.

Playlist con interventi

La serata è stata aperta dall’avvocato Aurora D’Agostino, che insieme ad altre giuriste ha partecipato alla delegazione internazionale dedicata alla raccolta delle testimonianze delle violenze sulle donne da parte di Isis.

  • Yilmaz Orkan ha inquadrato la situazione e parlato dell’importanza dell’appoggio e riconoscimento istituzionale per la Rojava.

Per prima cosa vorrei ringraziare i Giuristi Democratici per la delegazione internazionale che hanno fatto e che ha visitato in tre parti del Kudistan, in Turchia, Iraq e Siria.

Nella parte turca a Suruc ci sono adesso circa trecentomila profughi, tra curdi che provengono dalla Siria e anche dall’Iraq, in particolare questi ultimi arrivati quando in agosto scorso l’Isis ha attaccato Sinjar e molti yazidi sono scappati. I campi profughi sono in gran parte autogestiti perché sia la Turchia che la comunità internazionale non hanno fatto niente per i profughi. La Turchia ha allestito solo un campo profughi Afad dove vivono circa settemila persone, Per il resto i campi e l’accoglienza sono cogestiti da municipi e organizzazione curde e cittadini curdi che vengono da Siria e Iraq.

Nel Sud Kurdistan, il Kurdistan iracheno, ci sono circa un milione di profughi, non solo curdi ma anche arabi, assiri cristiani, turkmeni sciiti, sfuggiti dopo l’avanzata dell’Isis nel Sinjar e nel territori verso Erbil. Tra di loro ci sono anche curdi siriani, circa duecentomila. La delegazione internazionale è entrata anche nei campi degli Yazidi, per raccogliere le testimonianze delle violenze contro le donne e vedere come vi si vive.

Nella Rojava, nel campo Newroz, ci sono Yazidi, arrivati dalla zona dello Sinjar e gente che sfugge dalle zone controllate dall’Isis, come donne arabe in fuga da Raka, ed ancora arabi siriani scappati da Aleppo, Damasco e altre città.

La delegazione internazionale ha potuto visitare tutte queste zone e poi festeggiare con i curdi il nostro capodanno, il Newroz, che quest’anno abbiamo voluto iniziare da Suruk, città gemella di Kobane.

Vogliamo ringraziare il lavoro svolto dalla delegazione perché è importante che la comunità internazionale e la società civile conoscano direttamente come agiscano i curdi, come vivono. Fino ad ora noi non abbiamo avuto un vero aiuto umanitario internazionale, dalla comunità internazionale, dai paesi occidentali, ma ci hanno appoggiato i movimenti, i popoli, tanti occidentali, entrati in Rojava per portare aiuti concreti come medicine ed altro.
Si tratta di aiuti indipendenti che appoggiano la Rojava e il popolo curdo con il cuore.

Stasera abbiamo qui con noi Hada Omar, co-presidente cantone Cezire. Arrivata in Italia, con lei abbiamo fatto tante iniziative, tra cui diversi incontri con enti locali italiani che hanno iniziato ad appoggiare politicamente la Rojava, come i comuni di Roma, Empoli, Piacenza Genova, Imperia, città che hanno stretto patti d’amicizia con Kobane, Suruc e con altri comuni del cantone Cezire

Per noi è importante avere un riconoscimento istituzionale, purtroppo infatti tanti paesi occidentali non vogliono inviare aiuti perché questo significa riconoscere l’autonomia della Rojava.

La situazione in Siria è che continua la guerra e il conflitto.
All’inizio quando è iniziato tutto, non era una vera e propria guerra. Tutto è iniziato nel periodo delle primavere arabe, la gente voleva cambiare il regime, ma subito dopo purtroppo è diventata una guerra internazionale. Ci sono tantissimi paesi, forze, ideologie che stanno combattendo adesso in Siria. Non è un conflitto o una guerra regionale. È una guera internazionale, in cui ognuno vuole far valere i suoi interessi. Non c’è un progetto per il popolo siriano, su come il paese debba essere nel futuro, su come i siriani potrebbero tornare a viverci.

Vi faccio un piccolo esempio di come agisce Isis.
Quando l’Isis ha attaccato a Kobane, che è una piccola città, gran parte dei civili sono scappati, entrando in Turchia.
Dopo 134 giorni, dopo la vittoria, tutta la zona però è distrutta: paesi, villaggi, la città. Una settimana fa il Comitato di Ricostruzione di Kobane ha fatto un rapporto sui danni, dicendo che circa l’85% della città è distrutta, in molti villaggi non c’è acqua, elettricità, le case sono distrutte. In più l’Isis ha minato il territorio, per cui l’Amministrazione di Kobane ha deciso che la gente non può tornare finché le mine non saranno estratte. Dovete pensare che la stessa situazione c’è in gran parte della Siria, come la zona di Aleppo ed altre. Serviranno 10, 20 anni per ricostruire tutto e perché la gente possa tornare indietro.
Una cosa difficilissima

Il conflitto continua senza soluzione. Tutti i paesi coinvolti portano avanti i propri interessi, come la Turchia, l’Arabia Saudita, il Quatar, gli Americani, i Russi. E’ molto difficile risolvere tutto questo, far finire il conflitto, creare un nuovo sistema, un nuovo stato, un nuovo paese. Specialmente con gli jaddhisti non è possibile creare una nuova vita comune.
Come possono vivere insieme in Siria curdi e jaddhisti? Questo non è possibile.
E’ impossibile creare un nuovo paese finché non si eliminano gli aiuti che arrivano agli jadhisti. Dico questo perché, mentre dura da mesi questo conflitto, le forze della coalizione e le altre sanno benissimo dove vivono i miliziani dell’Isis, in Siria e in Iraq, da dove arrivano i soldi per loro. Sanno tutto, ma purtroppo non hanno preso la decisione di eliminare gli jaddhisti, questo vale sia per i paesi occidentali che per i paesi arabi ed anche per l’Iran.
E’ una guerra in cui, mentre si distrugge la vita dei cittadini siriani, altri ci giocano per i propri interessi.
Adesso la zona curda é un po’ più tranquilla, anche se quelle forze vogliono distruggere il Kurdistan e gli attacchi dell’Isis continuano.
Ma chi gestisce tutti questi gruppi? Perché sono così forti? Perché chi é appoggiato dai paesi arabi attacca il Kurdistan e la Rojava?
Secondo noi, dietro questi gruppi, ci sono grandi poteri, paesi, che li appoggiano, li lasciano entrare e uscire, danno loro armi e soldi. Logisticamente molti jadhist internazionali passano dalla Turchia.
Per risolvere questa situazione, per prima cosa questi paesi devono fermare gli appoggi di ogni tipo all’Isis ed invece appoggiare un nuovo sistema, un nuovo progetto democratico.
Lascio la parola ad Hadla per raccontare come funzionano le cose in Rojava.

  • La parola è passata a Hadla Omar che ha raccontato come si stia costruendo un modello sociale profondamente innovativo nei cantoni della Rojava, mentre si sta resistendo all’Isis, a chi lo appoggia e sostiene e a tutte le forze reazionarie ed autoritarie che agiscono in Siria.

Voglio ringraziare e dire che sono contenta di essere qui per condividere con voi la nostra esperienza ma anche i nostri dolori.
Se studiate la storia curda, vedrete la diversità delle cose. I curdi non hanno mai attaccato un altro popolo o fatto dei massacri, hanno sempre vissuto coi popoli della regione in fratellanza, invece contro di loro ci sono stati tantissimi massacri e migliaia di persone hanno dovuto fuggire.
Da parte iraniana sono stati uccisi 130 mila curdi, in interi territori non cresce più niente perchè sono state usate armi chimiche. Da parte turca sono stati distrutti 4000 villaggi, molti sono dovuti scappare. Siamo sempre sotto attacco col pericolo di nuovi massacri.

Purtroppo l’egoismo che c’e adesso nel mondo fa sì che ci siamo allontanati molto dalla nostra natura. Non è importante come un popolo vive o cosa chiede o che dolore soffre. In questo momento purtroppo ciò che il sistema ha creato è che tutto è centrato sull’egoismo e ognuno pensa ai suoi interessi.
Perchè succede tutto ciò? Secondo me, il sistema capitalistà ha paura della forza dei popoli e della società.
Una situazione che nasce con l’instaurarsi dello stato nazione, che ha al centro una società omogenea, singola. Pensiamo all’esempio della Siria, dove la gente doveva parlare arabo, anche chi non lo era, lo stato stesso si chiama Repubblicca Araba Siriana.

Come curdi abbiamo discusso molto del conflitto e della guerra in Siria e alla fine abbiamo pensato che dovevamo modificare la situazione per cogliere l’occasione di creare un nuovo sistema per il popolo curdo..
Di fronte al regime e all’opposizione non era stato possibile che fossimo dalla parte di tutti e due, quindi abbiamo creato il nostro sistema. Abbiamo visto che molti paesi e potenze hanno messo la loro mano sulla Siria per perseguire i loro interessi.
Noi siamo riusciti a creare un nostro sistema e una nostra zona che ora è piu tranquilla rispetto all’altra parte del paese.
Abbiamo considerato che nella nostra storia c’erano stati troppi massacri, e perchè ciò non succedesse di nuovo abbiamo creato un sistema di autodifesa, per difendere il paese e il popolo,
In tutto il mondo, gli esseri umani, le piante e gli animali hanno un loro proprio sistema di difesa, e allo stesso modo i popoli devono creare il loro sistema di autodifesa.
Per questo abbiamo subito sviluppato la nostra autodifesa ed abbiamo iniziato a lavorare. Per gestire la regione abbiamo iniziato a creare l’amministrazione fatta di cantoni, comuni. Abbiamo creato tantissimi comitati come il comitato della pace, quello della sanità, dell’educazione per gestire la popolazione come una regione, un paese. Quando abbiamo iniziato a scacciare il regime anche tutto l’amministrazione si è sciolta e dunque abbiamo cominciato la creazione di un nuovo sistema, con una nuova idea.
Abbiamo iniziato dalla base a creare comitati nei villaggi, nei quartieri, che si riuniscono ogni settimana. A nostro avviso per gestire un paese, una città, una regione ci deve essere una partecipazione diretta. La nuova forma d’organizzazione è iniziata dai quartieri.
Per capire come lavorano i comitati vi faccio un esempio: qualche mese fa è bruciata una casa, dei cittadini sono rimasti senza casa, subito i comitati di quartiere si sono ritrovati in assemblea per capire cosa potesse servire alle persone colpite per iniziare di nuovo una loro vita, ed allora hanno raccolto aiuti e risolto subito il problema.
La seconda tappa è stato creare municipi, comuni, e poi il sistema cantonale e generale. Abbiamo creato così l’autonomia democratica, la Rojava.

Abbiamo anche dato avvio al sistema co-presidenziale perchè secondo noi, se è importante che diverse etnie vivano nei cantoni e importante che ci sia anche la parità uomo donna.
Nei cantoni, nei municipio, nei comuni, nelle cooperative, in tutta l’amministrazione se c’è un co-presidente uomo ce n’è uno donna e cosi viceversa.

L’altra cosa è che volevamo è che tutte le etnie partecipassero all’amministrazione.
Non è importante minoranza o maggioranza, noi non usiamo queste definizioni, noi chiamiamo ognuno con il proprio nome, assiri, arabi, curdi e non “minoranza assira”, “minoranza araba” etc .. La democrazia non funziona come maggioranza e per noi è importante che tutte le etnie partecipino all’amministrazione.

Il sistema co-presidenziale non è facile, specialmente in Medioriente dove il patriarcato è molto forte. Quando abbiamo iniziato gli uomini non volevano dare cariche alle donne, ma poi hanno visto che le donne partecipavano a tutti i livelli alla rivoluzione in Rojava, dall’autodifesa alla politica, ai consigli popolari e n tutti i settori. Così siamo cosi riusciti a creare il sistema copresidenziale.
Il problema non riguardava solo gli uomini, la stessa mentalità l’avevano anche le donne, che accettavano il sistema patriarcale.
Per superare questa situazione abbiamo incentivato la formazione, l’educazione per le donne a pensare che deve esserci un’alleanza tra uomini e donne. Inoltre abbiamo dato vita in ogni quartiere a Consigli delle donne, per discutere e risolvere i loro problemi.
Tutto questo ha portato al fatto che adesso le donne siano più forti.
Sono state le donne con la loro partecipazione a rendere possibile tutto questo.

Il sistema che abbiamo creato non offre molto in termini di ricchezza per la popolazione, perché siamo isolati da tutte le parti e non si può fare commercio, non si può fare niente ma tutti sono contenti felici, perchè vivono insieme in pace ed uguaglianza. Ora la zona è relativamente tranquilla. Siamo poveri, qualche volta non si trova niente, però come dicevo tutti i popoli che ci vivono hanno creato questo sistema con il loro sangue.

E’ un nuovo paradigma, un nuovo modello che avanza veloce .
Per questo è attaccato sia da chi propugna la mentalità dello stato nazionale sia da chi sostiene il patriarcato.
Ci attaccano tutti i paese, i vari gruppi jadhisti in nome della loro mentalità vecchia perchè vedono un nuovo sistema molto progressista e lo vogliono sciogliere.

Come sapete la loro bandiera è una bandiera nera, come il loro cuore, Non vogliono creare la vita al contrario vogliono uccidere la vita.

Finora hanno attaccato tantissime città e villaggi
Di fronte agli attacchi dell’Isis molta gente non ha potuto resistere.
Quando hanno attaccato Mosul, non sappiamo quanti fossero i militari dell’esercito centrale, si dice 100.000, ma l’Isis ha occupato tutta la città in due giorni perché i militari non hanno voluto combattere e resistere.
Quelli dell’ Isis hanno preso tutte le armi e la stessa cosa è successa a Rakka, Anche in questo caso quando hanno occupata la città, hanno preso tutte le armi e dopo hanno deciso di attaccare Kobane, più debole degli altri due cantoni curdi perché circondata da tre parti dall’Isis e da una parte dalla Turchia.
Quando hanno attaccato pensavano che sarebbe andata come a Mosul, Rakka o nel Sinjar però per mesi i guerriglieri e i cittadini di Kobane, hanno combattuto contro l’Isis, I guerriglieri avevano giurato che solo uccidendo tutti, l’Isis avrebbe potuto occupare Kobane

Non avevamo tante armi o una popolazione numerosa, ma la gente credeva alla nuova democrazia, al progetto di convivenza
Il popolo ha lottato unito, per questo Kobane è diventato simbolo di resistenza. Comunque, avete visto anche le foto, quello che è successo alla città.
Per mesi abbiamo resistito all’Isis senza un aiuto

Per esempio a Sinjar loro hanno ucciso tantissimi curdi Yaziti, rapito 5000 donne, ma a Kobane tutto questo non è successo, non hanno potuto rapire neanche una donna.
C’è stata una compagna Arin Mirkan che quando ha capito che non aveva altra alternativa per non essere presa, si è fatta esplodere uccidendo diversi miliziani dell’Isis.
Di fronte a quello che ha fatto, uno può chiedersi perchè una persona si uccida da sola, ma quello che lei ha fatto è stato un atto contro la barbarie, per difendere l’umanità. Altre donne sono pronte a fare la stessa cosa, per lo stesso motivo.

Questi attacchi barbari contro la Rojava non sono solo contro noi come curdi, ma sono contro l’umanità. Non conoscono nessun valore di umanità. Per questo la lotta non è solo la nostra lotta.
L’Isis non ha principi, quando attaccano colpiscono tutti, non solo i guerriglieri.
Se sono morti 500 guerriglieri, sono morti almeno 1000 civii. Loro distruggono tutto: i monumenti, la cultura, le chiese.

L’attacco dell’Isis non è ancora finito, ci sono moltissimi villaggi della zona di Kobane, controllati da loro e stanno attaccando anche alcuni villaggi del cantone di Cezire
Noi pensiamo che alla fine vinceremo noi, perchè noi lottiamo per l’umanità, la fratellanza dei popoli, per tutti i valori dell’umanità,
Per questo, alla fine la vittoria dovrebbe essere nostra.
Sicuramente il nostro lavoro è molto difficile: da una parte la lotta contro i barbari dell’Isis e dall’altra creare un nuovo sistema.

Come abbiamo detto prima, noi curdi vogliamo vivere con tutti i popoli in pace, insieme, perchè secondo noi l’anima non può vivere senza il fisico, e viceversa.
Tutti i popoli del mondo devono creare una cosa comune per vivere insieme in pace.
Noi abbiamo bisogno di tempo, di essere appoggiati perchè non è possibile che questo continui per sempre.
Tantissimi nostri feriti, compagni, sono morti perchè quando sono stati portati in ospedale, non c’erano le medicine.
Come dicevo , continuiamo ad essere isolati, c’è un embargo verso di noi, Per romperlo bisogna creare un corridoio umanitario stabile, non aperto a singhiozzi.
Ogni aiuto grande o piccolo, è importante.
Ci attaccano perchè vogliono distruggere il nostro sistema
Noi diciamo all’Isis e a tutti quei paesi che noi non lasceremo mai il nostro sistema e il nostro paese.

  • La serata si è chiusa con Yilmaz Orkan che ha ribadito l’importanza dell’appoggio internazionale alla Rojava

Quando abbiamo iniziato la lotta contro l’Isis, abbiamo fatto appello a tutti i popoli a livello internazionale, a tutti compagni, per una solidarietà internazionale. Non pensavamo che gli jadhisti volessero occupare la nostra terra, poi abbiamo compreso che il loro obiettivo non era solo occupare il territorio ma attaccare il nostro sistema democratico. E dunque per proteggere questo sistema, un appoggio internazionale è fondamentale.
Noi non usiamo più la parola solidarietà, ma facciamo appello a tuttti i popolli perchè ci serve un appoggio internazionale per difendere e proteggere questo sistema,

Da anni continua il conflitto in Medio oriente, Nord africa, e specialmente lungo la linea Magreb-Mashrek, se possiamo portare avanti questo progetto si possono risolvere tutti problemi che abbiamo, sia il problema della Palestina,sia quello saharawi,quello curdo e altri popoli.
Con il sistema dello stato-nazione non è possibile risolvere questi problemi.
Gli stati nazione usano la parola nazionalismo. Quando guardiamo l’intera area vediamo distruggere paesi e e la stessa umanità, Prima era solo il nazionalismo arabo, il nazionalismo turco, il nazionalismo persiano, c’era il sionismo adesso c’è una cosa ancora più pericolosa che è lo jadhismo, oppure l’integralismo sunnita o sciita.
Questo insieme fa sì che i popoli del Medioriente non possano vivere insieme in pace: Per questo abbiamo dato vita ad un nuovo progetto, che è quello di non volere uno stato-nazione, ma un sistema di confederalismo democratico, sia per i curdi che per tutti i popoli.

La nostra idea non è creare nuove frontiere, ma al contrario toglierle in Medioriente.
Questo progetto largo e grande è anche un obiettivo realista, non solo pura utopia, che si può realizzare, perchè quando si guarda al Medioriente, la sua cultura è del Medioriente. Non si può dire curda, araba, israeliana, turca o persiana,
è diventata cultura “Medioriente”.
Ci sono tante religioni, ebrei, cristiani, yazidi, sunniti, sciiti, alewiti ecc., però questo non vuol dire che si debbano uccidere l’un altro o confliggere. La stessa cosa vale anche per la lingua. Siamo curdi, vogliamo parlare la lingua curda e anche altri popoli vogliono parlare la propria lingua.

Ci deve essere un progetto che offra a tutti questa possibilità. Un progetto che non chiede conflitto, chiede il contrario, fratellanza, convivenza
Per questo motivo se otteniamo un appoggio internazionale, questo progetto vive, va avanti e può essere una speranza per i popoli del Medioriente.


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