In questo articolo si parla di:
Continua ad essere partecipato ed animato lo spazio Zone d’action pour le climat promosso dalla Coalition Climat21.
Incontri, iniziative e discussioni per la giustizia sociale ed ambientale si sono intrecciate con la volontà di mantenere la mobilitazione del 12 dicembre, nonostante i divieti che si vorrebbero imporre dopo i tragici fatti del 13 novembre.
Uno stato d’emergenza che ha il sapore dell’attacco alla libertà di manifestare nella Francia che si è risvegliata con il partito di Martine Le Pen in testa nelle votazioni, che vedranno i ballotaggi la prossima domenica.
I movimenti saranno in piazza il giorno dopo la chiusura ufficiale della Cop21 per dire che "se non facciamo qualcosa noi, non lo farà nessuno".
PER SEGUIRE IN DIRETTA LE INIZIATIVE CLIMAT 21 clicca QUI
Continuano anche i Climate Games. Nella mappa interattiva si possono seguire le iniziative in tutto il mondo. Gli attivisti che danno vita alle azioni dislocate, hanno voluto con un comunicato dopo gli attacchi prendere parola per confermare le iniziative: "Noi rifiutiamo di sottometterci alla politica dell’autoritarismo che spegne le libertà in nome della sicurezza. La più grande minaccia per la sicurezza, per la vita in tutte le sue forme è la catastrofe climatica. La gente che ha fatto la Storia, l’ha sempre fatta senza chieder il permesso. Noi pensiamo che la COP21 non deve svolgersi senza la partecipazione della società civile, dal mmento che i governi e le multinazionali perseguono i loro obiettivi come se niente fosse. Solo i movimenti della giustizia climatica e la loro disobbedienza civile saranno capaci di far sì che l’80% dei combustibili Fossili resti nel sottosuolo".
Per seguire i CLIMATE GAMES clicca QUI
Ma cosa sta succedendo dentro la Cop?
Siamo alla stretta finale. Ed i nodi vengono al pettine.
Intanto c’è il problema della forma: si va verso accordi NON VINCOLANTI. La bozza per ora è composta di innumerevoli opzioni, che vanno da un impegno preciso a una versione di vaghe promesse.
Poi c’è il problema di CHI PAGA. I paesi del Sud dicono che a pagare devono essere i paesi del Nord per le loro "emissioni storiche".
I Paesi del Nord affermano che pensare alla Cina, alle prese con l’allarme rosso per l’inquinamento a Pechino, come un Paese del Sud è ormai una forzatura. Stessa cosa vale per altri Brics ..
Il tutto è racchiuso in 8 parole "And parties in a position to do so" (.. e le parti, cioè paesi, che sono in posizione di farlo). Questa frase, nel brogliaccio del patto che stanno negoziando 195 paesi, quando si parla degli oblighi per i finanziamenti, della riduzione delle emissioni, della trasparenza... è la frase della discordia che i Paesi del Nord "storico" vogliono includere nel testo e che la Cina e altri cosidetti Paesi del Sud non vogliono accettare. Se fosse inclusa significherebbe che paesi finora classicamente non considerati industrializzati, come la Cina appunto (sic!!), l’India, il Brasile, il Sudafrica, sarebbero vincolati a sforzi precisi per controllare il riscaldamento climatico.
Ed intanto anche in America Obama, dopo il discorso fatto a Parigi si ritrova con la Camera dei Rappresentanti di Washington che ha votato due risoluzioni, già passate al Senato, in contrasto con le norme volute dalla Environmental Protection Agency, l’agenzia per la tutela dell’ambiente, norme finalizzate a limitare del 30 per cento, nell’arco di 15 anni, le emissioni di gas a effetto serra e ad implementare leggi più rigorose per le future centrali termiche. Il voto della camera dimostra che Obama non possiede il pieno sostegno del suo governo in materia di politica climatica.
E se guardiamo un pò più a sud, le elezioni in Venezuela, con la vittoria dell’opposizione, dopo 15 anni di chavismo, forse c’entrano con le difficoltà economiche, dovute al calo del prezzo del petrolio per un paese che aveva fatto dell’estrattivismo la leva per attuare politiche ridistributive, senza costruire un’alternativa complessiva? E’ la stessa situazione che vive anche l’Ecuador.
Nuovi incastri in un copione dove rendite di posizione, giochi incrociati, il risiko delle alleanze geopolitiche, impediscono ogni reale avanzamento in un impegno che o è globale o non è. Un copione reso ancora più drammatico da venti di guerra, esodo di migliaia di iomini e donne.
Vecchie e nuove ipocrisie, ancora più responsabili nel tempo presente del capitalismo finanziario del mercato unico globale.il perverso meccanismo, nuovo e potente, che sussume vite e risorse, in cui non c’è più la dinamica lineare di sviluppo, ma il primato del saccheggio e della depredazione.
PER SEGUIRE PARIGI AGGIORNAMENTI IN: