In questo articolo si parla di:
Il risultato dei referendum dimostra con chiarezza la necessità di costruire un nuovo modello energetico basato sulle alternative al controllo e al monopolio dell’energia.
L’energia è un bene comune, la sua gestione deve tornare nelle mani dei cittadini.
La prima battaglia costruita dopo la vittoria referendaria riguarda l’iniziativa "Fermiamo il carbone":
Il 29 ottobre 2011 in tutta Italia si sono svolte iniziative ed in particolare ad Adria si è svolta una manifestazione nazionale contro la centrale di Porto Tolle.
APPROFONDIMENTI
Cronaca multimediale del 29 ottobre GIORNATA CONTRO IL CARBONE
Convegno a Rovigo contro il carbone
Convegno promosso dalla Rete Italiana per la Giustizia Sociale ed ambientale "Dal fossile al sole"
L’Associazione Ya Basta aderisce al Comitato Nazionale Sì per fermare il nucleare, nato per sostenere la campagna referendaria e vincere la battaglia contro il nucleare.
AGGIORNAMNTI CONTINUI IN
Fermiamo il nucleare
Globa Project - Spazio No Nuke
L’incidente di Fukushima in Giappone dimostra quanto gli “apprendisti stregoni” del nucleare siano una lobby da fermare.
Il nucleare significa controllo, monopolio, soldi sprecati, danni ambientali.
La crisi sistemica, che sta investendo il capitalismo contemporaneo comporta, include la crisi ambientale come uno dei suoi elementi centrali. E di quest’ultima la questione energetica costituisce strutturalmente uno dei principali, ed irrisolti, nodi produttivi, sociali e politici.
Molti fattori concorrono a renderla, anche dal punto di vista del capitale, una matassa difficile da dipanare: la crescente domanda di combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale) da parte delle potenze economiche emergenti (Cina, India, Brasile) e la contemporanea rigidità del modello energetico, di produzione e di consumo, che non ridimensiona affatto il fabbisogno di Europa e Stati Uniti; il potenziale esaurimento di queste stesse fonti fossili nell’arco di pochi decenni; il condizionamento del mercato delle materie prime da parte di fattori geopolitici ed ambientali ad alto tasso di imprevedibilità; gli effetti sconvolgenti, sulla vita di intere popolazioni, ma anche sui cicli produttivi, del surriscaldamento globale e dei conseguenti cambiamenti climatici; l’improponibilità della scelta nucleare come alternativa di parte capitalistica alla crisi energetica (dopo Fukushima, ma non solo).
Tutti questi fattori suggeriscono che una decisa e strutturale svolta verso l’impiego delle fonti rinnovabili può determinare, in campo energetico, una “rivoluzione” paragonabile a quella avvenuta, in ambito comunicativo e produttivo, con l’informatizzazione dei processi di lavoro prima e la diffusione della rete internet poi.
Questa prospettiva si carica dunque di segni ambivalenti: da una parte, come nella propaganda della “green economy”, ambisce a presentarsi come il motore di un nuovo ciclo dello sviluppo capitalistico, risposta in avanti alla presente crisi senza sviluppo, pur senza mettere in discussione le presenti disparità e diseguaglianze; dall’altra, può invece costituire un formidabile fattore di destrutturazione dei rapporti di dominio e sfruttamento, che caratterizzano l’attuale modello di produzione e consumo dell’energia, e diventare il vettore di una autentica alternativa societaria, fondata sulla democratizzazione delle relazioni sociali.
Sotto questo profilo, risultano decisive le scelte concrete che si andranno a compiere, proprio in questa fase, intorno all’orientamento della ricerca scientifica, alle diverse opzioni tecnologiche, alla loro disponibilità e condivisione sociale, al governo delle strutture di distribuzione energetica e ai modelli di comando che le caratterizzeranno, ai meccanismi di fissazione dei prezzi e di remunerazione della produzione energetica da fonti rinnovabili. E’ intorno a questi punti che si definiranno nuovi rapporti di forza sociali e internazionali.
Ecco perché, proprio nella crisi, nelle difficoltà materiali ma anche nella situazione di apertura al cambiamento che in essa si determina, è di fondamentale importanza mettere al centro dell’iniziativa sociale e politica “dal basso” l’obiettivo della riconversione ecologica del modello di produzione e consumo, insieme a quello della conquista, nella pratica dell’indipendenza, di un “comune energetico” capace di sostenerla.
A partire dalla sfida della scelta di fonti energetiche rinnovabili e pulite e nel conflitto per orientarla, possono finalmente trovare una risposta domande fondamentali.
Come, cosa e per chi produrre?
Chi decide sulla produzione, la distribuzione e l’impiego dell’energia ?
A quale idea di rapporti sociali e di relazioni politiche rinvia un determinato modello energetico ?
Nel rispondere a queste domande possiamo provare a realizzare – anche attraverso la costruzione di un “comune energetico” – una alternativa di società, liberata dai veleni che ammorbano terra, aria, acqua e coscienze e dall’incubo permanente della catastrofe, fondata su cooperazione e condivisione, libertà ed eguaglianza.